Autore Redazione
giovedì
23 Settembre 2021
05:49
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Cronaca - Alessandria

Lo sfortunato pianoforte gran coda del Teatro e la sua storia che riguarda un po’ tutti

Lo sfortunato pianoforte gran coda del Teatro e la sua storia che riguarda un po’ tutti

ALESSANDRIA – “Il materiale più ingombrante viene stivato nella sala pianoforte dove trovano posto leggii, casse acustiche del cinema, sedie di plastica, tavoli in laminato e ogni oggetto che aveva subito il lavaggio completo. Purtroppo il padrone di casa il gran coda dello Steinway & Sons era lì e li è rimasto, qualcuno provò a bonificarlo, ma a noi non fu concesso: ormai erano finiti anche i soldi per compensare le nostra prestazioni, fu quindi abbandonato lì alla sua sorte con le corde e la meccanica smontata, al freddo e al gelo come Gesù Bambino nella grotta di Betlemme“.

Questo è l’incipit del diario di Roberto Scarpa, per anni tecnico del Teatro comunale di Alessandria, incaricato, dopo un corso ad hoc, della bonifica dello stabile, conclusa nel 2016. Le sue parole sono l’inizio della storia proprio di quel pianoforte, uno Steinway gran coda. Uno degli strumenti più belli su cui far scivolare dita con talento musicale. Su quel piano, durante gli spettacoli dagli anni ’80 al duemila, hanno suonato alcuni tra i migliori artisti internazionali. Prima di venire a esibirsi chiedevano quale strumento avrebbero utilizzato e quando dal Teatro comunicavano che era lui, lo Steinway gran coda, non occorreva aggiungere altro, si aspettava solo la sera dello spettacolo e poi la magia del palco, del silenzio e infine della musica.

Di quel pianoforte alessandrino parlò Nikita Dmitrievic Magalov, uno dei più grandi pianisti del 1900. Dopo una sua esibizione disse che era “il migliore strumentosu cui avesse mai suonato nei tour in tutto il mondo. Ma i complimenti lasciano spesso il tempo che trovano. E i tempi cambiano. Infatti, nel 2010 l’inquinamento da amianto, le luci spente. Il magnifico pianoforte su cui cascava una meravigliosa luce bianca è finito nel buio, nella sala pianoforte del palco grande, dove sono state accertate continue infiltrazioni d’acqua e in un luogo comunque umidissimo per l’assenza di ricircolo di aria e senza riscaldamento. Negli anni della bonifica Roberto Scarpa ha raccontato del suo intervento con tutti i giornali e la carta trovati in teatro per asciugarlo e impedire ulteriori danneggiamenti e poi il gesto delicato della coperta stesa per contrastare un ambiente che rischiava di divorarlo tra infiltrazioni d’acqua e pareti ammuffite. Intanto però quel lussuoso pianoforte aveva già cominciato a perdere la lucidissima vernice nera.

L’ultima volta che è stato visto, quel pianoforte, era il dicembre 2019, sempre nello stesso posto, un “relitto” smontato dei suoi pezzi come un puzzle, sempre in quell’ambiente impregnato di umidità che lascia immaginare un destino amarissimo per quello che era “uno dei migliori piani al mondo su cui suonare“. Oggi, cercando nei vari siti specializzati, uno Steinway gran coda del 1983 (quello del Teatro è degli anni ’80), “usato e tenuto in condizioni perfette” viene venduto a 85mila euro. Nel 2013 la valutazione del gran coda alessandrino era stata di 40 mila euro. Da allora sono passati 8 anni e fino a gennaio 2020 non si è mai mosso da un posto su cui prima pioveva luce trasformata poi divenuta umidità.

Nei mesi scorsi qualche lettore (ed è il motivo per cui ne parliamo oggi, dopo un sollecito per sapere se ci fossero novità, ndr) aveva proposto in passato di preservare quel bene e soprattutto di continuare a dare un senso alla sua natura, semplicemente facendo in modo che venisse usato. L’idea, pur encomiabile, era di affidarlo al Conservatorio di Alessandria, ma al di là dei problemi burocratici, le condizioni in cui sembra abbia vissuto in tutto questo tempo non lasciano ben sperare su un suo recupero all’altezza del nome che porta. E comunque la spesa di ripristino del pianoforte sarebbe ingentissima. Si doveva intervenire subito forse e ricordarsi dell’eccellenza cittadina valorizzandola con uno strumento di quel genere quando ancora l’operazione avrebbe avuto un costo ragionevole.

Oggi non è possibile sapere in che condizioni sia quello strumento. I nostri sforzi per conoscere il suo stato non hanno avuto riscontro. Tutto è in mano al curatore fallimentare di Aspal, Paolo Rinaldi, incaricato peraltro di stimare i beni all’interno del complesso.

Ma quel che qui interessa è il parallelismo tra la storia del pianoforte Steinway gran coda e quella di molte cose preziose di Alessandria. Una città che ha spesso posseduto simboli o oggetti straordinari per poi dimenticarsene. E in questo modo, ogni volta, Alessandria ha perso una parte di sé con il rischio perenne di non sapere dove andare. Davanti a quel pianoforte tanti alessandrini hanno prima teso le orecchie e battuto le mani, a lui e ai suoi interpreti, poi però hanno rivolto gli occhi altrove e infine girato le spalle. Per lui non più applausi ma fragorosi silenzi. E se quel pianoforte non suonerà più davvero sarà colpa un po’ di tutti.

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