2 Marzo 2022
05:00
Don Alvise “il moderno sacerdote d’altri tempi” di Gavi che ha colpito il Governatore Cirio
GAVI – “L’abito non fa il monaco”, anzi in questo caso il sacerdote, ma proprio l’abito indossato dal nuovo parroco di Gavi, don Alvise Leidi, ha fatto colpo sul Governatore del Piemonte, Alberto Cirio. Durante la visita di qualche settimana fa nell’Alessandrino il Presidente della Regione ha incontrato don Alvise e ha postato su Facebook una foto insieme al “giovane e moderno sacerdote d’altri tempi”.
Quell’abito che ha riportato alla memoria di Cirio “i bei ricordi di quando era bambino” è legato anche all’infanzia e all’adolescenza del parroco di Gavi.
Don Alvise, ha raccontato, ha frequentato le scuole dai salesiani a Torino, la sua città, e quando è stato ordinato sacerdote, quasi 13 anni fa, ha deciso di indossare la talare anche in ricordo degli “importanti maestri” incontrati quando era un ragazzo e a cui spera di riuscire “a somigliare”. L’abito talare per don Alvise ha, però, anche un più profondo significato. “Lascia scoperti solo le mani e il volto, quello che deve rimanere di un sacerdote. Le sue mani, quindi la sua opera, e il suo viso, dal quale deve trasparire il volto di Dio“.
L’abito talare è “insolito” e “fortemente evocativo” ma per Don Alvise è ovviamente “solo uno strumento” perché “un sacerdote non si misura dal tipo di stoffa che indossa ma dalla misura del suo cuore e della sua fede“.
Don Alvise oggi ha 37 anni ed è sempre stato un giovane di fede. Aveva 16 anni quando in lui iniziò a maturare la vocazione al sacerdozio. La sua, ha spiegato, è stata una “scelta ponderata” ma soprattutto “libera”: “Ho studiato dai salesiani ma non venni in alcun modo influenzato. Anzi, quando dissi al mio padre spirituale, don Marco Bonardello, che stavo pensando di entrare in seminario come prima cosa mi disse: “Lo sai che è bello sposarsi? Insomma, non fece davvero nulla per condizionare la mia scelta“.
I suoi compagni delle superiori, all’epoca, rimasero “stupiti”: “Certo, sapevano che ero credente ma ero un ragazzo normalissimo. Non è che già allora indossassi la talare. Tutti hanno poi compreso la mia scelta”. Anche il confronto con la sua famiglia fu sereno. Don Alvise era attratto dalla professione del padre, da poco andato in pensione dopo essere stato per anni Primario di Ginecologia a Chivasso e Ivrea. Dopo la Maturità, però, la volontà di entrare in seminario divenne “certezza”. “Quando si hanno dei bravi genitori è normale voler seguire il loro esempio. Il desidero di seguire le orme di mio padre c’era ma la vocazione religiosa non è una scelta che parte da una volontà umana“.
Entrato in seminario a Genova, don Alvise ha perfezionato i suoi studi anche a Roma e poi è tornato nel capoluogo ligure dove ha iniziato a svolgere il suo ministero. Don Alvise era viceparroco a Santa Maria della Cella in Sampierdarena quando crollò il ponte Morandi. “Ricordo che stavo confessando. Quel giorno c’era un forte temporale e quando io e la persona che era con me sentimmo il boato del crollo del ponte pensammo a fulmine caduto vicino a noi”. Non era così.
Praticamente subito Don Alvise si precipitò a piedi insieme al suo parroco, monsignor Carlo Canepa, fino al punto del crollo. “Rimanemmo lì fino a notte inoltrata per impartire la benedizione alle salme estratte dalle macerie e dare conforto ai familiari. Fu molto dura. La nostra è una presenza, e non può certamente essere la soluzione a tanto dolore. Il primo atto è il silenzio, il rispetto e poi l’apertura a un orizzonte di speranza che solo Dio può dare davanti a una sofferenza così inattesa e profonda“.
Molto amato dai fedeli della parrocchia sampierdarenese di Santa Maria della Cella, dove si è speso anche per dare un importante supporto durante l’emergenza coronavirus, don Alvise da quattro mesi è parroco della Chiesa di San Giacomo a Gavi e di altre nove parrocchie del Gaviese: “Una realtà meravigliosa ma complessa da gestire”. Don Alvise, ha spiegato, può però contare sull’aiuto “fondamentale“ del viceparroco, don Andrea Carcasole, e di don Gianni Pertica. “La zona di Gavi è una terra ricca di persone buone e generose. Io ho iniziato a farmi conoscere e so che la sfida che mi aspetta è grande. Il mio compito è far sì che tutti possano incontrare la bellezza della fede e spero di essere un sacerdote trasparente, in grado di far passare attraverso di me una parola che non è la mia ma quella di Dio“.