Autore Redazione
domenica
17 Aprile 2022
05:24
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Cronaca - Alessandria

Pasqua 2022: il messaggio dei Vescovi della nostra provincia

Pasqua 2022: il messaggio dei Vescovi della nostra provincia

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Le parole dei quattro Vescovi del nostro territorio, in occasione della Santa Pasqua.

MESSAGGIO DEL VESCOVO DI ALESSANDRIA GUIDO GALLESE

(Tratto da La Voce Alessandrina)

Il mio augurio è che, attraverso la grande fatica delle Unità pastorali che ci chiedono di ripensare da zero la nostra vita cristiana, possiamo esser capaci di fissare lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della nostra fede. Fissare lo sguardo su di Lui e riuscire a far ruotare la nostra vita attorno a Lui, piuttosto che attorno alle cose che facciamo. Nel mondo di oggi dov’è Gesù che risorge? Noi vediamo soltanto un pezzo della realtà, perché siamo dotati di occhi che ci fanno vedere soltanto il visibile. Ahimè, l’occhio per l’invisibile non ce l’abbiamo… se ce l’avessimo, non avremmo più bisogno della fede. Perché la fede è lo sguardo sulla realtà, e la speranza è il rimanere fermi in quello sguardo contro ogni avversità. Non abbiamo lo sguardo spirituale: per certi versi siamo ancora ciechi, e il nostro occhio è la fede. Gli occhi del nostro corpo ci aiutano a valutare le cose, sempre a immagine e somiglianza della nostra interiorità. D’altronde, da secoli sentiamo dire che le cose vanno sempre peggio. Ma non è vero, abbiamo fatto dei progressi.

MESSAGGIO DEL VESCOVO DI CASALE GIANNI SACCHI

Cari fratelli e sorelle, cari diocesani,

mentre sto scrivendo questa riflessione pasquale, tanti interrogativi salgono alla mia mente… Abbiamo attraversato due anni di pandemia, purtroppo non ancora finita, che hanno letteralmente cambiato la nostra vita, le relazioni, il tessuto della nostra società. Due anni veramente difficili sotto tutti i punti di vista. Credevamo di esserci lasciati alle spalle questa situazione, che ha fortemente penalizzato le nostre famiglie, il lavoro, la crescita economica e la vita pastorale delle nostre comunità… Le notizie di una ripresa c’erano tutte e invece da più di un mese ci è piombato addosso l’incubo di questo “Ripugnante, bestiale e barbaro conflitto” contro l’Ucraina, che ha scosso profondamente il nostro Occidente.

Distruzioni, sofferenze, tante vittime innocenti, profughi ovunque e una nazione, l’Ucraina, che si vuole annientare. Ci si prospetta un periodo difficile per tutti, con una economia di guerra che avrà ripercussioni in ogni ambito della società. E noi dopo aver percorso il cammino quaresimale, eccoci a celebrare la Pasqua di resurrezione. Cosa dire in questo contesto così difficile e pesante? Nel Vangelo del giorno di Pasqua, si racconta che Maria di Magdala va al sepolcro del Maestro Gesù, al mattino prestissimo, quando ancora è buio. Anche noi ci sentiamo nel buio, lo stiamo percorrendo, anche se facciamo di tutto per non pensarci. Buio anche dentro la nostra coscienza… non ne possiamo più di questo buio, che sembra non aver fine. Ma c’è la Pasqua… E la Pasqua arriva come un lampo di luce che squarcia le nostre tenebre e fa dissolvere il buio dentro e fuori di noi.

L’annuncio della Resurrezione con la celebrazione dei sacramenti che culminano con l’Eucarestia nella grande Veglia Pasquale, è l’occasione per fare nuovamente l’esperienza dell’incontro con il Risorto. Incontrare il Signore, significa lasciarsi toccare da lui, dalle sue mani che portano i segni della crocifissione, lasciarsi chiamare per nome, come lui fa con i suoi amici più cari. E lo facciamo, certo, attraverso dei segni, convinti che quei segni ci parlano davvero di lui, ci consentono di incontrarlo, di sentirlo presente, di riconoscere il suo venire e stare in mezzo a noi, il sentire come la sua Parola, che ascoltiamo attraverso le scritture rilette e comprese nella luce della sua Pasqua, ci scaldi il cuore e ci cambi lo sguardo, togliendo il velo che lo impedisce.

Quest’anno, ancora di più, desideriamo vivere con maggior intensità questa Pasqua, in cui le tenebre della notte del male, del dolore, dello smarrimento, dell’ansia per il futuro, sembrano farsi più fitte e più impenetrabili. Nella veglia pasquale, in tutte le comunità parrocchiali, dal fuoco nuovo, si accenderà il cero pasquale e una debole fiammella riuscirà a malapena a rischiarare la strada sulla quale cammineremo.

La resurrezione di Gesù è così. Nella fede crediamo che è una luce straordinaria che cambia le tenebre più oscure in splendore senza tramonto, ma ciò che i nostri occhi limitati percepiscono è solo una piccola luce, che sembra fare ben poco. Eppure, lo sappiamo, ne siamo certi, che è in quella fiammella tremolante che dobbiamo riconoscere Colui che ha detto di essere la luce del mondo, la luce che illumina ogni persona, e che le tenebre, per quanto forti, non riescono a vincere. E mai vinceranno!

Allora, cari fratelli e sorelle, entriamo nella Settimana Santa con il profondo desiderio di accompagnare il Signore Gesù nel suo cammino di passione, morte e resurrezione. Lo incontreremo vivo, ascolteremo la sua Parola, riceveremo il suo pane di vita, troveremo la sua pace. Troveremo tutto nella sua Pasqua che ci riempirà di una gioia inaudita. Gesù è vivo, e la morte è stata sconfitta! Gesù è vivo, e chi lo cerca lo incontra! Gesù è vivo, e può cambiare la nostra vita! A tutti il mio più sincero augurio di una santa Pasqua, accompagnato dalla preghiera che offrirò al Signore per le necessità che ognuno porta nel suo cuore e soprattutto per la Pace.

MESSAGGIO DEL VESCOVO DI TORTONA GUIDO MARINI

Giacomo Leopardi, nello Zibaldone, annota: “Il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena né per dir così dalla terra intera, considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, la mole e il numero meraviglioso dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio. Immaginarsi il numero dei mondi infiniti e l’universo infinito e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande di siffatto universo, e sempre accusare le cose di insufficienza e nullità, e patire mancamento e vuoto e perciò noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di umiltà che si veda nella natura umana” (pensiero LXVIII).

In quale relazione è possibile mettere la profonda riflessione di Leopardi con la Pasqua, nella quale celebriamo la risurrezione del Signore? Forse ci può aiutare a trovare la giusta risposta un altro scrittore, a noi tutti noto, Cesare Pavese. Ne Il mestiere di vivere egli scrive: “Se nessuno ci ha promesso qualcosa, perché aspettiamo?”

Il poeta rileva la presenza, nel cuore umano, di un’attesa struggente e di un desiderio mai pago. Il romanziere si interroga e allude a Qualcuno che possa finalmente pacificare l’attesa e appagare il desiderioIn effetti, potrà mai l’uomo, da solo, sperimentare la pace e trovare l’appagamento di quell’anelito all’oltre che lo accompagna per tutta la vita? È molto istruttivo, al riguardo, l’antico mito di Icaro. Icaro era stato imprigionato, insieme al padre Dedalo, in un palazzo dentro cui ci si perdeva, il Labirinto, emblema della vita sentita come prigione, come labirinto incomprensibile. I due poveretti avvertivano in alto la presenza del sole e capivano di essere fatti per vivere al sole. Ed ecco che si fecero due ali con le piume di uccello che trovarono in giro, le attaccarono insieme con la cera e riuscirono a spiccare il volo verso il sole. Più Icaro si avvicinava al sole, però, e più quelle stesse ali, che lo portavano in alto, cedevano. Alla fine la cera si sciolse e il volo di Icaro, tragicamente, conobbe la fine. Egli, infatti, morì, piombando nel mare.

Se l’uomo porta dentro di sé una promessa, e se questa promessa non trova adeguata risposta nell’opera delle sue mani e del suo cuore, allora non resta che alzare in alto lo sguardo e invocare salvezza. Una salvezza che può venire, come dono, solo da Dio. La Pasqua, in questo senso, è la grande e definitiva risposta data al cuore umano, alla sua attesa e al suo desiderio. La Pasqua è l’intervento, sperato ma inatteso e imprevedibile, da parte di Dio che, finalmente, illumina il significato di quella promessa che anima la nostra esistenza, dalla nascita alla morte.

“È risorto, non è qui” (Mc 16, 6). Non è qui, in una tomba, l’approdo di ogni nostro desiderio: la morte è stata sconfitta. Non è qui, in una tomba, il compimento di ogni promessa di bene: il peccato e il male non hanno più l’ultima parola nel cammino della storia. Non è qui, in una tomba, la speranza che la terra possa essere toccata dal Cielo: la comunione con Dio è possibile ed è possibile entrare in una relazione di amore con Lui, una relazione che si presenta come un “già” bellissimo, che riempie di senso la vita, e come un “non ancora”, tutto da scoprire e da gustare nell’eternità.

“È risorto, non è qui”. Non è qui il tutto della vita. Non è qui il senso ultimo dei nostri giorni terreni. Se tutto, in questo mondo, dice “più in là”, non lo dice per fare uno scherzo crudele, prima illusorio e poi tragicamente deludente. Lo dice perché “più in là” è la risposta ultima alla sete di verità e amore, bellezza e gioia, pace e giustizia, misericordia e perdono. Una risposta che dona significato nuovo a tutto ciò che è “di qua” e apre alla speranza di un “di là” che non avrà mai fine. “È risorto, non è qui”. La risposta tanto attesa, la speranza che non delude è un Nome, un Volto, un Vivente che ormai è per sempre con noi: Gesù Cristo risorto da morte il mattino di Pasqua, per noi uomini e per la nostra salvezza.

MESSAGGIO DEL VESCOVO DI ACQUI LUIGI TESTORE

La Pasqua è per eccellenza la festa della gioia e della speranza. Sembra difficile ridircelo quest’anno mentre siamo schiacciati dalle immagini terribili e crude che ci giungono dai luoghi di guerra. I cadaveri per le strade di Bucha e le macerie della città di Mariupol ci offrono una visione angosciosa della condizione umana. Ci ribelliamo al fatto di essere così incapaci di fronte a questa situazione, ci ribelliamo al pensiero di una comunità internazionale che non ha strumenti per impedire un simile scempio. Capiamo ancora di più quest’anno quanto sia essenziale per l’umanità fare passi avanti verso relazioni nuove e una giustizia vera.

Ma, a maggior ragione, proprio perché vediamo la condizione corrotta della natura umana, possiamo comprendere la grandezza del riscatto che nasce dalla Pasqua. Dal dono di Cristo nasce la speranza di una umanità redenta, e anche di questo vediamo intorno a noi tanti segni, nella grande generosità di cui molti sono capaci. Non possiamo cedere infatti al pessimismo di fronte alla disponibilità di dono e di servizio che comunque l’umanità sa esprimere.

La presenza di Cristo Risorto in mezzo a noi ci conforta profondamente e capiamo quanto la novità del Vangelo sia più forte di tutte le nostre debolezze. Ho visto in una foto questa scritta molto bella su una casa in Ucraina che provo a translitterare così in caratteri latini: “ Zhittya peremozhe smert’, a svit- temryavu” (“ la vita vincerà la morte e il mondo vincerà le tenebre”) Per questo possiamo con gioia augurarci Buona Pasqua perché la vita vince la morte e il mondo può vincere le sue tenebre.

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