21 Aprile 2022
10:21
Il femminino e la pace. Recensione di Lisistrata al Teatro Alessandrino
ALESSANDRIA – “Le donne sono più adatte a far nascere che a far morire, con questo limite la pace ci viene naturale”. E’ sulla contrapposizione femminile-maschile che si incentra l’allestimento di Arca Azzurra, con l’adattamento e la regia di Ugo Chiti, di “Lisistrata”. La commedia di Aristofane è stata presentata ieri, 20 aprile, al Teatro Alessandrino, ultimo appuntamento della stagione di prosa organizzata da Piemonte dal Vivo e dal Comune. In scena, nei panni della protagonista protofemminista, Amanda Sandrelli con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Gabriele Giaffreda, Elisa Proietti, Lucianna De Falco.
Messa in scena nel 411 a.C, “Lisistrata” racconta dello sciopero del sesso delle donne del Peloponneso al fine di costringere gli uomini guerrafondai alla pace, in un’epoca in cui il solo immaginare un pensiero strategico femminile suscitava ilarità. Le eterne dicotomie femminino-mascolino, pace-guerra, oltre alla comicità fatta di satira e di un linguaggio privo di veli, hanno attraversato i secoli, mantenendo spunti da cogliere e reinterpretare. Sono proprio i significati che i diversi periodi storici hanno attribuito ai cosiddetti classici ad aumentarne lo spessore e “Lisistrata” è un manifesto di coesione, di pensiero lucido e aggregante, di ragione contro la cieca violenza. Amanda Sandrelli è il “generale” di un gruppo coeso di donne, non a caso abbigliate nello stesso colore prima rosso e poi, alla notizia della pace, bianco. E’ guida e mentore, mai tiranna, è una stratega ostinata ma anche illuminata. La sua autorevolezza si contrappone a quella forzosa e tirannica del commissario incaricato di trattare con le donne rifugiatesi nell’acropoli, sede del tesoro della città. L’unione femminile accorpa gesti e parole, mentre la disunione maschile è accentuata dalle movenze grottesche e disarticolate degli uomini, prigionieri di gerarchie e di uno schema mentale basato sulla sopraffazione. Le diversità femminili quindi convergono e persino l’anello più debole della catena, la Mirrina della brava Elisa Proietti, si nega al marito in un confronto ben ritmato, che tocca il vertice comico della serata. I dialoghi sono sboccati, a volte farseschi, ma trapela ovunque un sentore di violenza, che permea anche le trattative di pace, come se la belligeranza fosse il solo modo maschile di confrontarsi. Il coro, nella regia di Chiti, è sostituito da due coppie di anziani rancorosi, che incarnano l’incomprensione e alludono a rapporti intrisi di soprusi non più tollerabili. Sono loro a commentare, a far emergere la grettezza priva di intelligenza, a scontrarsi e a cucire tra di loro le scene. Solo nel finale, a pace fatta, una delle due coppie ritroverà uno spiraglio di luce, un ricordo di un’antica intesa che prelude ad una speranza. E’ con un afflato poetico che si chiude un allestimento di Lisistrata godibile, sebbene a tratti un po’ sfilacciato nelle tempistiche, ma riuscito nella sua coralità. Tanto pubblico, tanti giovani e molti applausi all’Alessandrino, per un finale di successo che ha coronato la stagione di prosa.