12 Novembre 2022
11:41
Un disegno fatto di scarti. Recensione di Trucioli de Gli Omini a Cunté Munfrà
CASTAGNOLE MONFERRATO – E’ dal 2002 che la rassegna Cunté Munfrà valorizza il patrimonio culturale e linguistico del Piemonte e, negli anni, ha coltivato tradizioni aprendosi ad altre esperienze, diventando “dal Monferrato al mondo”, come annuncia il suo sottotitolo. La sua ideazione è dovuta a Luciano Nattino e, oggi, il testimone è passato a Massimo Barbero di casa degli alfieri / ARTEPO (ARchivio TEatralità Popolare), che ne cura la direzione, sul solco della tradizione rispettata, studiata e sempre innovata. Tra le tante iniziative che Cunté Munfrà porta nelle stagioni che si susseguono, rientrano teatro, musica, incontri e laboratori della memoria ambientati nei paesi dell’Unione Colli Divini (Casorzo, Castagnole Monferrato, Montemagno, Scurzolengo) e altri comuni dell’astigiano. Sono incontri che rinnovano i momenti dell’anno, si inseriscono in contesti mirati e ripropongono una ritualità. In Cunté Munfrà riemerge il patrimonio di narrazioni e cultura popolare contenuto in ARTEPO, l’archivio raccolto e voluto dall’autore e regista Luciano Nattino, ma spiccano anche altre tradizioni, altri racconti che aprono ad una dimensione più ampia. Sino al periodo natalizio la rassegna proseguirà nei comuni di Casorzo, Cerro Tanaro e Scurzolengo e, il 10 dicembre, è in cartellone il nuovo spettacolo “Artabàn. La leggenda del quarto Re Mago” di Antonio Catalano.
Ieri, venerdì 11 novembre, al Teatro Comunale Fiorenzo Rizzone di Castagnole la compagnia toscana Gli Omini ha presentato “Trucioli”, con la drammaturgia di Giulia Zacchini. Gli Omini sono una realtà ben conosciuta a livello nazionale, hanno vinto un Premio Ubu (massima onorificenza teatrale italiana) e diversi altri riconoscimenti. La loro caratteristica principale è la ricerca sul campo, ovvero in mezzo alla gente, di storie vere, di materiale umano e inedito su cui tessere le loro drammaturgie. Nelle loro mani le piccole storie diventano tessere di affreschi irresistibili, divertenti e tuttavia radicati nella realtà, in una rilettura inedita e personalissima. “Tutto quello che sentirete sono scarti” è la premessa, che fa luce sulla natura dei trucioli, frammenti della lavorazione del legno e, qui, frammenti di vite, marginali e paradossali come la realtà può essere. Francesco Rotelli e Luca Zacchini fanno la dichiarazione programmatica di voler “dare al truciolo ciò che è del truciolo” e iniziano, come un falegname sull’Amiata da loro intervistato, un lavoro che parte dal tronco, cioè dall’enormità indifferenziata dello stereotipo, per arrivare allo scarto. E’ un viaggio virtuale attraverso l’Italia dei cliché, guidato da un navigatore dalla voce femminile che indica il paesaggio e tutto quello che ci si può aspettare di vedere. Le tappe sono con personaggi che prendono vita e rappresentano ciò che di più stereotipato la memoria collettiva può partorire sulle usanze nelle diverse zone d’Italia. Si ride e si entra in un clima di continua mutazione, dove l’attimo prima non presuppone quello dopo e l’agire sulla scena sorprende e diverte senza sosta. E poi iniziano i trucioli, una cascata di racconti sapidi, in stile vernacolare, paradossali, ingenui ed esilaranti, che compongono un quadro di individualità fisse nella minima casella isolata della loro esistenza. Ma improvvisamente la tempesta di trucioli cambia direzione e prende la forma di jukebox della miseria, un po’ sulle orme del precedente “Coppa del Santo”, versione esilarante del mercante in fiera con le vite dei santi. In Trucioli gli spettatori sono invitati a scegliere tra le caselle di un tabellone, corrispondenti a racconti di vita. I titoli sono singolari e l’effetto è quello della scatola a sorpresa, dai contenuti imprevedibili. Si ride e tanto, non si perde il filo della narrazione e, pur se con qualche momento di dispersione, si rimane agganciati ad una poetica di piccole e miserabili cose, che tessono una drammaturgia nuova e scoppiettante (e il termine calza perfettamente con il finale). Francesco Rotelli e Luca Zacchini si moltiplicano in innumerevoli personaggi, cambiano voce, espressione e postura in un continuum rapidissimo, che diventa la struttura su cui i trucioli si aggregano e creano un disegno. E’ un insieme di individualismi, di egoismi ingenui, talvolta sciocchi e persino perfidi, un quadro che appare grottesco e inverosimile sino a che non se ne riconosce la realtà, che sempre supera l’immaginario e che, dopo tanta ilarità, induce alla riflessione. Uno spettacolo da vedere, che ben rappresenta la capacità di cogliere il reale e di rielaborarlo in una narrazione che trasforma piccolezze e singole grettezze in coralità. Un’ulteriore conferma della qualità di Cunté Munfrà e della sua capacità di arricchirsi di narrazioni che aprono i suoi confini.