Autore Redazione
lunedì
19 Dicembre 2022
05:00
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Cronaca - Alessandria

Prolungata siccità e caro prezzi mettono in difficoltà 1 azienda agricola su 10

Prolungata siccità e caro prezzi mettono in difficoltà 1 azienda agricola su 10

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – La prolungata siccità e il caro prezzi hanno avuto un forte impatto sull’annata agraria 2022. Come evidenziato da Coldiretti Alessandria, per effetto dell’aumento dei costi e del clima oggi 1 azienda agricola su 10 è in difficoltà.

Per quanto riguarda la produzione dei cereali quella che si è conclusa è stata un’annata “altalenante e complicata”. Il problema principale è stata la siccità estrema ma si è anche registrata una forte pressione degli insetti dannosi come la cimice asiatica, la piralide e la diabrotica che hanno contribuito a ridurre le produzioni e compromesso il prodotto finale. A farne le spese sono stati soprattutto i cereali autunno-vernini per i quali si è compromessa in parte la germinazione e soprattutto l’accestimento che ha determinato un basso numero di spighe a metro quadro. Questa situazione ha generato un calo produttivo della granella con produzioni ridotte di almeno il 20% attestandosi su medie produttive di circa 65 q/ha su tutto il territorio provinciale. Le qualità reologiche dei frumenti raccolti, tuttavia, sono risultati conformi alle richieste effettuate dai mulini e di ottima qualità.

Il clima di questo 2022 ha messo a dura prova anche il settore della viticoltura. La scarsità di piogge ha determinato un calo produttivo stimato fino al 15-20%, anche se variabile da zona a zona, ma il decorso stagionale asciutto ha favorito la maturazione di grappoli sani, con una bassa carica di patogeni, offrendo nel complesso una vendemmia di qualità, capace di regalare prodotti in cantina eccellenti.

Per quanto riguarda le colture industriali, la campagna di trasformazione 2022 del pomodoro da industria per il bacino del Nord Italia è iniziata a metà luglio, in anticipo di una quindicina di giorni rispetto alle scorse annate, e si è conclusa a fine settembre. Buon andamento produttivo per le varietà precoci, che meno hanno sofferto lo stress idrico, più difficoltà per le varietà a media maturazione e tardive. Nel complesso la qualità è stata discreta. Per il raccolto 2022 l’accordo sul prezzo di riferimento del pomodoro da industria del distretto del Nord Italia è stato raggiunto lo scorso 12 aprile, con un prezzo di riferimento di 108,5 euro a tonnellata (+18% rispetto al 2021), il più elevato di sempre. Per quanto riguarda le patate, sia per quelle da consumo che per quelle da industria, il 2022 è stato un anno molto problematico, con una forte riduzione della produzione. Le rese produttive sono state nettamente inferiori rispetto al 2021, soprattutto a causa di cali molto importanti di pezzatura dei tuberi; solo in rari casi si è riusciti a raggiungere dei livelli leggermente inferiori rispetto alla media storica.

Il comparto corilicolo, reduce dalla scorsa annata pesantemente influenzata da fattori climatici avversi, auspicava un’annata migliore. Mediamente gli standard qualitativi sono rimasti nella norma con criticità limitate legate al sotto calibro. Nelle aree tradizionalmente vocate del territorio alessandrino, con il protrarsi della siccità, si è riscontrata una produzione medio-bassa, ampiamente inferiore alle attese, ma di qualità ragguardevole.

Per quanto riguarda la frutta, se guardiamo alla campagna di commercializzazione, le prime fasi sono state caratterizzate da quotazioni inferiori trascinate al ribasso dal prezzo basso proposto dalle industrie di trasformazione e da un comportamento generalizzabile  del mercato, che tende ad abbassare il prezzo infischiandosene dell’aumento generalizzato dei costi di produzione e della rimuneratività delle aziende produttrici. Per non aggravare ulteriormente tale situazione molte imprese hanno deciso di abbandonare in campo la parte di prodotto non conforme al mercato del “fresco”. Di conseguenza la minore disponibilità di prodotto fa sperare in una buona evoluzione della stessa. “Nel complesso per il comparto frutticolo la corrente campagna di commercializzazione sarà ricordata per il forte condizionamento delle dinamiche internazionali, ma permane soprattutto sul mercato europeo una pesante problematica di tipo strutturale tra la filiera produttiva e quella distributiva. Oltre a ciò, i produttori cedono la maggior parte della partite con il cosiddetto sistema del “conferimento”: le quotazioni effettive saranno dunque note soltanto a fine campagna di commercializzazione. Proprio dal rispetto tra i diversi attori della filiera può partire il rilancio della stessa”.

Ancora un’annata difficile per il comparto del latte vaccino. Così come per tutta la zootecnia, pesa l’aumento vertiginoso e contestuale di più voci dei costi di produzione, dall’energia alle materie prime per l’alimentazione. Negli allevamenti i rincari dell’energia si sono fatti sentire per la fasi di mungitura, refrigerazione e per il funzionamento dei sistemi di raffrescamento e ventilazione; per l’alimentazione degli animali, i livelli elevati su cui continuano ad attestarsi le quotazioni di mais e soia hanno inciso in maniera negativa sui costi. A soffrirne particolarmente sono gli allevamenti con un minore grado di autoapprovvigionamento di materie prime.

In Piemonte, dove si alleva il 20% dei capi nazionali da carne, il comparto ha vissuto un’altra annata complicata, sia per i vitelli da ristallo, importati prevalentemente dalla Francia (Garonnese, Charolaise e Limousine), sia per i bovini di Razza Piemontese. Se nelle ultime due annate il fattore Covid aveva comportato notevoli difficoltà a fronte di una domanda in contrazione, il 2022 è stato caratterizzato dall’aumento esponenziale dei costi di produzione. Le materie prime per l’alimentazione hanno subìto rincari esponenziali, dal mais alla soia, ma anche il fieno ha raggiunto prezzi che superano abbondantemente i 300 euro/tonnellata (l’ultimo listino della Borsa merci di Torino ha rilevato 350 euro/tonnellata per il fieno maggengo). Prezzi che, soprattutto per mais e fieno, risentono anche di una stagione pesantemente condizionata dal fattore siccità, che ne ha ridotto significativamente la produzione. I costi elevati hanno portato ad un rallentamento dei capi destinati all’ingrasso e, conseguentemente, a una minore offerta complessiva di bovini sul mercato. Nonostante una minore disponibilità di animali, i prezzi di vendita si sono progressivamente innalzati, ma non ancora sufficienti per coprire i maggiori costi degli allevatori. A fronte di tutte queste difficoltà, Coldiretti ha contribuito alla messa in campo di misure straordinarie a favore della zootecnia, in particolare per il comparto bovino da carne, dall’integrazione all’aiuto accoppiato al sostegno sulle razze autoctone.

Per quanto riguarda il settore degli avicunicoli, in Piemonte sono presenti circa 350 allevamenti, per un numero complessivo di 6,6 milioni di capi, perlopiù organizzati in filiere (fonte BDN – Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica del Ministero della Salute al 30 settembre) 2022). Nel corso dell’annata i prezzi si sono progressivamente stabilizzati, posizionandosi su livelli di mercato ancora soddisfacenti. Anche per l’allevamento avicolo da carne ha pesato l’aumento dei costi di produzione. I rincari delle materie prime e dell’energia hanno portato ad un raddoppio dei listini dei mangimi, voce di spesa fondamentale per la sostenibilità del comparto. Anche per quanto riguarda la produzione di uova, l’annata agraria è stata particolarmente difficile. Al pari del comparto carne, si è verificata una offerta nazionale ridotta, dovuta all’influenza aviaria e ad una ripresa generale dei consumi, dopo due anni di restrizioni dovute alla pandemia. Nonostante i produttori abbiano evidenziato, a più riprese, un mercato dinamico e pressoché con un trend al rialzo e un’offerta limitata di uova, solamente a partire dal mese di agosto la CUN Uova in natura da consumo ha registrato progressivamente gli aumenti dei listini. Al pari del comparto carne, il settore uova ha sofferto gli aumenti dei costi di produzione, dal mangime all’energia; solamente negli ultimi due mesi dell’annata agraria, con i recenti adeguamenti dei prezzi riconosciuti dal mercato, inizia ad intravedere, seppur in minima parte, una lieve marginalità.

L’annata apistica 2022 è stata caratterizzata da un incremento delle produzioni di miele rispetto agli ultimi anni, in particolare alla pessima stagione 2021. L’aumento delle produzioni non compensa, però, il prolungato trend negativo che interessa il settore da ormai quasi dieci anni e purtroppo si mantiene su un livello ancora di molto inferiore a produzioni considerate soddisfacenti. Sostanzialmente la produzione complessiva di miele per il 2022 si attesta su circa un 30% in meno rispetto ad un’annata considerata normale.

Il 2022 è stato un anno difficile per il comparto florovivaistico, con un aumento del 95% dei costi totali per piante e sementi. Il settore, poi, è messo sotto pressione dalle importazioni dall’estero cresciute del +59% nei primi sei mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con oltre 2/3 (71%) rappresentati dagli arrivi dall’Olanda. Fra gennaio e giugno di quest’anno le importazioni di piante e fiori hanno sfiorato i 452 milioni di euro coprendo in sei mesi il 77% del valore registrato in tutto il 2021. In pratica, 1 prodotto su 5 arriva dall’estero, nonostante la frenata degli scambi internazionali causata dalle tensioni per la guerra in Ucraina con la riduzione nell’UE del 40% del commercio di fiore reciso.

Il 2022  ha segnato per la prima volta anche un leggero rallentamento della crescita per il biologico. Negli ultimi cinque anni in Italia le superfici e le aziende bio sono cresciute del 40% e i consumi interni di circa il 70%: dall’ultimo censimento, gli ettari certificati in Italia sono circa 2.190.000 portando la SAU Bio al 17,4%. Nell’ultimo anno sono aumentati gli ettari a cereali biologici, soprattutto per frumento duro e tenero e i fruttiferi grazie alla vite (+ 9%) e al nocciolo (+12,5%). Il Piemonte è cresciuto del 4,5% arrivando a circa 51.500 ettari. La zootecnica, seppur ancora a rilento, è cresciuta molto per il comparto avicolo (+20%) e per l’apicoltura (+13%). Anche gli operatori (produttori, preparatori e importatori) sono cresciuti arrivando a circa 86.000 di cui circa 3.300 in Piemonte. Per quanto riguarda i consumi, si è di fronte ad un rallentamento; l’inflazione spinge parte dei consumatori a modificare le proprie scelte nel carrello della spesa o a scegliere altri prodotti o “certificazioni”. Il dato sui consumi è anche riscontrabile dall’ampliamento dei negozi in cui il consumatore cerca i prodotti biologici, dai discount alla grande distribuzione in genere. Tuttavia, il comparto rimane stabile: il 39% dei consumatori europei “medio alti” vogliono continuare a consumare bio e il 70% dei giovani italiani, francesi e tedeschi crede ancora che il bio sia il futuro. Anche la politica continua ad incentivarlo per centrare nel 2030 l’obiettivo del 25% della SAU europea certificata bio.

 

 

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