13 Gennaio 2023
13:30
Cia: “A un anno dal primo caso di peste suina solo danni e soluzioni inconcludenti”
PROVINCIA DI ALESSANDRIA – A un anno dal primo caso di peste suina, accertato il 7 gennaio del 2022 a Ovada, siamo “nel pantano”. Cia Piemonte, con la Confederazione italiana agricoltori di Alessandria in prima linea, e Cia Liguria puntano il dito contro “soluzioni abbozzate e inconcludenti” che a un anno dallo scoppio dell’emergenza non hanno ancora portato né agli annunciati abbattimenti, né risorse per agricoltori e allevatori danneggiati dalla massiccia presenza di animali selvatici e dalla diffusione della peste suina, che oggi fa registrare 284 casi accertati in tutta Italia, di cui 150 in Piemonte e 86 in Liguria.
I piani regionali per la stagione 2022/2023 prevedono che vengano abbattuti 50.000 cinghiali in Piemonte e 38.000 in Liguria. “Ma rimaniamo sempre nel campo delle ipotesi irrealizzabili – chiarisce Stefano Roggerone, presidente Cia Liguria – È un obiettivo impossibile da raggiungere visto che ad oggi nella zona rossa è stato abbattuto un numero di capi irrisorio rispetto agli obiettivi e non sono state messe a punto neppure le battute di caccia. Le aziende vivono una situazione surreale: gli agricoltori continuano a subire danni dai cinghiali, gli allevatori hanno dovuto abbattere i suini (6499 maiali macellati in Piemonte, 286 in Liguria macellati: tutti sani) e ad oggi non hanno visto un quattrino per il danno subito anche rispetto all’impossibilità di reintroduzione degli animali in allevamento, ancora bloccato visto il protrarsi dello stato di emergenza”.
“I dati sono impietosi. E confusi” aggiungono Cia Piemonte e Liguria. Il numero totale (sottostimato) dei cinghiali è di 104.816 in Piemonte, in Liguria tra i 35.000 e i 56.000: “Due dati a dir poco sorprendenti per l’inusuale precisione da una parte e per la “forchetta” amplissima dall’altra. Si confida sull’attività venatoria, ma in Liguria i cacciatori attivi nella stagione 2011- 12 erano 20.524; dieci anni dopo sono 13.885. In Piemonte in vent’anni si sono dimezzati: oggi sono meno di 17.000. Non è un caso che in questi anni l’obiettivo prefissato di capi da abbattere – a fronte oltretutto di una popolazione abbondantemente sottostimata – non sia mai stato raggiunto. Nella Zona Rossa le regole che hanno imposto hanno portato ad uno “sciopero” dei cacciatori che non hanno nessuna convenienza a fare le battute di caccia. Risultato: nella parte della Zona Rossa soggetta a maggiori restrizioni per le possibilità di infezioni, in Liguria sono stati abbattuti solo 98 capi, in Piemonte 346. Se si prende il totale dei capi abbattuti tra Zona Rossa e zone libere il dato è altrettanto allarmante rispetto agli obiettivi prefissati: in Liguria 10648 capi abbattuti rispetto ai 38.000 previsti; in Piemonte 9004 capi abbattuti rispetto ai 50.000 ipotizzati. Non esiste una “logistica” della gestione delle carcasse. Di fronte ad un obiettivo di depopolamento di quasi 90.000 capi, si sarebbe dovuto mettere in piedi un coordinamento stretto tra tutti i soggetti coinvolti, per realizzare un’organizzazione strutturata – con celle, luoghi di lavorazione e laboratori – per gestire il sistema di smaltimento e le diverse situazioni di carni infette o sane”.
La realizzazione della recinzione che dovrebbe impedire la diffusione della peste suina, e sulla cui effettiva utilità la Cia ha più di un dubbio, “va a rilento”: “Ad oggi sono stati installati 105 Km sui 170 previsti. Non si hanno certezze di quando l’opera verrà completata in una fase di forte ripresa dei casi”.
“È un’emergenza nazionale e come tale va trattata – sottolinea Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte – Gli sforzi attuati finora non sono stati sufficienti. Cia intende riportare la condizione naturale della fauna selvatica nel rispetto dell’attività degli imprenditori agricoli, che producono cibo e preservano il territorio. Insistiamo nel chiedere al nuovo Governo la revisione della legge in materia, 157/92, spostando l’attenzione dal concetto di “tutela” a quello di “gestione dei selvatici, anche per l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale“.
In Liguria, hanno ricordato le associazioni agricole delle due regioni, negli ultimi 5 anni i daini hanno causato almeno “un incidente alla settimana, i cinghiali anche qualcosa di più”. E anche in questi casi i dati sono “sottostimati” perchè tanti non denunciano il sinistro. “In Piemonte solo nel 2021 la media è di due incidenti al giorno. Un pantano dove non si capisce chi ha veri poteri di coordinamento e decisionali. Ministero Agricoltura, Ministero Sanità, Regioni, ATC, Comprensori alpini: tanti i soggetti in campo con competenze che rimangono spezzettate. E’ stato nominato un commissario ma di fatto senza il potere effettivo di operare. Se rimane così la figura del Commissario non serve a nulla”.
“Si tratta di definire le priorità che per Cia sono la tutela del territorio e dell’impresa agricola – sottolinea Daniela Ferrando, presidente provinciale di Cia Alessandria – Le strategie finora adottate hanno cercato di conciliare le diverse esigenze (ambientali, agricole, faunistiche), senza dare reale supporto a nessuna. La gestione della PSA riguarda l’economia di un vasto indotto, che sta pagando le conseguenze di un anno di burocrazia e rimpalli di competenze. Troppi organi su tanti livelli stanno intervenendo, tutti si rimbalzano responsabilità, creando ritardo: non possiamo più aspettare”.
Dal 2018 al 2021 le domande di rimborso sono aumentate del 40%. Ma le risorse disponibili sono rimaste le stesse, evidenziano Cia Piemonte e Liguria: “Risultato: la maggior parte degli agricoltori rinuncia a chiedere il rimborso dei danni che Cia Liguria stima intorno ai 5 milioni annui ( si pensi solo alla distruzione dei muretti a secco), Cia Piemonte stima intorno ai 10 milioni”.
“ In Liguria lo scorso autunno abbiamo raccolto oltre 6000 firme in strada per cambiare la legge regionale, garantendo rimborsi giusti e più tutele per il lavoro degli agricoltori – ricorda Federica Crotti, presidente provinciale Cia Liguria di Levante – Ma non sono stati fatti passi in avanti per dare soluzioni concrete e con la peste suina la situazione è ulteriormente precipitata. Nella Zona Rossa le aziende agricole e agrituristiche continuano da una parte a sopportare le conseguenze dei limiti imposti agli spostamenti anche turistici sul territorio, dall’altra vedono le proprie produzioni locali costantemente massacrate dai cinghiali che rimangono all’interno della recinzione ad oggi realizzata”.
Per “uscire dal pantano”, Cia Liguria e Cia Piemonte, quindi, chiedono: Rimborsi immediati per gli allevatori e certezza su quando si potranno riprendere le attività di allevamento sospese ; nuove risorse per coprire i danni subiti dagli agricoltori e gli oneri per i piani di abbattimento; certezza su numero e tempistica degli abbattimenti dentro e fuori la Zona Rossa ( compreso eventuali sistemi incentivanti); un chiarimento definitivo sui poteri del Commissario e la revisione delle legge nazionale 157/92 con l’adozione del “modello Umbria” che ha liberalizzato l’utilizzo delle gabbie: “Un sistema che obbliga chi le adotta a segnalarne la presenza nonché la cattura del cinghiale. E che ha dimostrato un’ottima percentuale di successo” hanno concluso Cia Piemonte e Cia Liguria.