Autore Redazione
lunedì
20 Febbraio 2023
05:53
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Cronaca - Alessandria

Case di riposo, il “grido d’allarme”: “In provincia una struttura su due è a rischio chiusura”

Case di riposo, il “grido d’allarme”: “In provincia una struttura su due è a rischio chiusura”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Un vero e proprio “grido d’allarme” quello lanciato nei giorni scorsi dai responsabili dell’Anaste, associazione Strutture Territoriali e per la Terza Età, e da Ascom Salute rispetto alla situazione delle rsa e delle case di riposo in provincia di Alessandria. Come ha riferito il presidente provinciale Anaste, Fabio Tirelli, nell’ultima Commissione Politiche Sociali e Sanitarie, infatti, negli ultimi anni il nostro territorio ha registrato un calo di circa 900 posti letto, con la perdita di 450 posti di lavoro. “Il nostro territorio resta nella media piemontese, quello di Asti è ancora peggio, con la chiusura della casa di riposo Maina” ha aggiunto Tirelli.

“Purtroppo le cause della crisi non sono state ancora rimosse” le parole del presidente Tirelli “certo, si è attenuata l’emergenza covid. Ora la pandemia sta dando meno preoccupazioni. Il 90% degli utenti è vaccinato con 4 o 5 dosi. Ora le strutture riescono a stare aperti anche con un paziente contagiato. Viene messo in isolamento. Altri fattori, invece, si sono aggravati. Spesso gli ospiti di una rsa arrivano da noi perché gli ospedali non possono accoglierli. In questi casi sono persone soggetti a patologie gravi: per questo il tasso di morte si è accentuato. Ci sono casi anche di permanenze che durano appena un giorno. Poi abbiamo registrato un aumento delle patologie neurodegenerative: l’Alzheimer ma non solo. Le famiglie non ce la fanno e si rivolgono a noi. Infine la crisi energetica, presente già prima della guerra in Ucraina. Da dicembre 2021 abbiamo registrato l’aumento del 170% della spesa energetica, su 80 posti letto c’è una bolletta con più 70 mila euro rispetto all’anno prima. Dal 1^ gennaio, poi, è stato infatti stimato un aumento dei costi a persona di circa 500 euro al mese, a causa dell’incremento del prezzo dell’energia. Siccome questa cifra non può gravare sulla retta le strutture continuano ad accumulare un disavanzo. Inoltre ci sono poche strutture. Manca il personale qualificato, ormai assorbito dagli ospedali. Insomma, una situazione di precarietà che pone a rischio chiusura circa metà delle strutture, soprattutto quelle di enti pubblici, che fanno più fatica ad adeguarsi: questo sarebbe un danno doppio. Per questo chiediamo che si stili un vero e proprio piano industriale, coi Comuni più importanti, Alessandria in primis, come capofila”.

Sempre Anaste ha riferito che la nostra provincia è tra quelle con meno quote sanitarie del Piemonte, i contributi regionali girati alle Asl che consentono alle famiglie il dimezzamento della retta. “Non sappiamo il perché ma, con tutta probabilità, nel nostro territorio prevalgono i costi ospedalieri” ha precisato il presidente Tirelli.

“Alcune nostre strutture ricevono le telefonate dai pronti soccorso degli ospedali, chiedono quasi in ginocchio di ospitare dei pazienti” ha sottolineato il presidente di Ascom Salute Alfredo Fracchiaregistriamo anche una mancanza di formazione al personale, sempre a rischio di burn-out. Mancano gli infermieri, abbiamo chiesto che gli oss possano sopperire almeno in qualche funzione”.

“In queste settimane di miei sopralluoghi ho verificato una criticità provinciale forte” le parole del Garante degli Anziani Vincenzo Costantino “un dato che deve farci riflettere, la politica arriva in ritardo. In queste settimane ho visitato diverse strutture. Occorre rivedere gli accreditamenti. Mancano medici e personale, c’è un alto tasso di problematiche e tutto questo fa intasare i Pronto Soccorso. Occorre rivedere le politiche sanitarie, ci è stata richiesta la costituzione di un Pronto Soccorso geriatrico ma mancano le risorse, i medici e tutta l’organizzazione”.

“La politica deve mettere in agenda un intervento organico e sistematico ha concluso la presidente di Commissione Roberta Cazzulodiciamo sì a un piano industriale e territoriale, coinvolgendo associazioni datoriale, i sindacati, gli enti pubblici, gli enti di regolamentazione e controllo e le banche. Altrimenti sarà impossibile restituire alla collettività un patrimonio di servizi indispensabile”.

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