Autore Redazione
giovedì
13 Aprile 2023
05:28
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Cronaca - Alessandria

All’Asl Alessandria perso un medico ospedaliero su quattro in dieci anni

All’Asl Alessandria perso un medico ospedaliero su quattro in dieci anni

PIEMONTE – “Un quadro desolante”. Così Anaao Assomed Piemonte, il sindacato di medici e dirigenti sanitari della nostra regione, ha commentato i dati sul personale medico degli ospedali pubblicati sul Conto Annuale del Tesoro. In particolare viene evidenziato il raffronto tra il 2021 e il 2011: il Piemonte passa da 8.771 medici ospedalieri del 2011 a 8.148 del 2021, con una riduzione di 623 medici. Asl Alessandria rappresenta la maglia nera della nostra regione, col 25% in meno di medici dal 2021 al 2011: 153 unità, pari al 25%. A ruota, seguono l’ASL TO3 e l’ASL CN1, con il 16% di medici in meno, entrambe un centinaio di medici in 10 anni. Situazione migliore, invece, all’Ospedale di Alessandria che dal 2021 al 2011 ha perso “solo” 7 medici, il 2% in meno.

“I numeri sono del 2021, quindi dell’anno successivo alle peggiori ondate pandemiche, successivo alle definizioni di eroi, alle grandi dichiarazioni d’amore per il servizio sanitario nazionale, alle promesse (non mantenute) di potenziamento della sanità e del personale” ha ricordato la Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte Chiara Rivettival la pena ricordare che in questi 10 anni le richieste di salute sono aumentate, perché la popolazione è progressivamente più anziana e sono in aumento i malati cronici, polipatologici e spesso non autosufficienti. Abbiamo poi considerato i medici ospedalieri in rapporto alla popolazione residente, sommando i medici dipendenti delle Aziende Ospedaliere a quelli che lavorano nelle Asl territoriali di riferimento: anche in questo caso vi è un trend in riduzione e differenze significative tra Asl nonostante in questi 10 anni la popolazione del Piemonte si è ridotta, e quindi il numero di medici pro-capite sarebbe in teoria dovuto aumentare”. 

“La diminuzione dei medici è conseguenza della tempesta perfetta: un numero elevato di pensionamenti, scarsità di specialisti da assumere, dimissioni volontarie di chi è in servizio. Ma anche della chiara volontà politica di non investire sul personale: nulla si è fatto per ridurre il carico di lavoro burocratico, per favorire le progressioni di carriera, per migliorare le remunerazioni. Anzi, il clima nelle aziende è peggiorato, facendo sempre più ricorso a ordini di servizio per gestire il personale: autorità anziché condivisione e collaborazione. Il progressivo definanziamento del servizio sanitario nazionale, la scelta di investire i soldi in opere di natura prettamente edilizia e non nel capitale umano, sono evidenti ogni giorno: le lunghe liste d’attesa per gli esami, medici che stanchi e frustrati lasciano il servizio pubblico, la necessità di ricorrere alle cooperative sono tutte spie di un sistema che boccheggia. E che si regge solo sulla professionalità dei dipendenti ha concluso Rivetti.

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