Autore Redazione
martedì
1 Agosto 2023
05:04
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Cronaca - Alessandria

Stop al reddito di cittadinanza: primi timori ad Alessandria e provincia

Stop al reddito di cittadinanza: primi timori ad Alessandria e provincia

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – “Da venerdì riceviamo decine di telefonate e persone allarmate dopo il messaggio di stop al reddito di cittadinanza“. I servizi fiscali del territorio raccontano le forti preoccupazioni dei cittadini che ricevevano la misura di sostegno che il Governo ha deciso di revocare o comunque rimodulare. La questione in provincia riguarda complessivamente quasi 2mila persone, la seconda realtà piemontese dopo Torino, e attualmente risulta ancora contenuta, spiega Stefania Guasasco, direttrice area tecnico sociale del Cissaca. Ma forse è solo questione di tempo, a causa del periodo estivo o della necessità di metabolizzare quanto sta avvenendo. “Da tempo però – racconta Guasasco – stiamo seguendo una situazione ancora in divenire perché ancora in attesa di vedere cosa succederà con le misure alternative“. Intanto è stato istituito un numero telefonico per fornire tutte le spiegazioni a riguardo: 0131 229769.

Come spiega Giampiero Piccarolo del Caf Cia la principale preoccupazione delle persone in questi giorni è stata quella relativa alla effettiva riscossione del reddito di cittadinanza di luglio “molti infatti temevano che si interrompesse subito” per questo è probabile quindi che la questione inizi a farsi sentire dalla fine di questo mese.

Sul fronte politico il Presidente della Regione, Alberto Cirio, ha commentato con favore la posizione del Governo. “Il reddito di cittadinanza doveva essere rivisto perché nelle pieghe del reddito di cittadinanza si nascondevano tante situazioni non corrette e storture”. “Il governo giustamente non lo ha cancellato, lo ha rimodulato – continua Cirio – ha ridefinito un meccanismo di aiuto per chi è in condizione di non poter lavorare ad essere aiutato a ricollocarsi. Questo però – ha osservato ancora – deve essere fatto per chi non può non per chi non vuole e le situazioni che avevamo nel Paese a volte ci hanno dimostrato che era uno strumento abusato. Bene ha fatto il governo a rimodularlo e chi avrà bisogno di sostegno continuerà ad averlo perché il governo non ha cancellato l’aiuto agli indigenti ma solo creato un meccanismo perché questo aiuto sua controllato dall’inizio alla fine e vada a chi serve che quindi non subirà alcun fanno”, ha concluso.

Diametralmente opposta la visione di Giovanni Barosini, nella veste di consigliere nazionale Anci, soprattutto per un panorama economico delle famiglie peggiorato visibilmente negli ultimi anni. “È un momento difficile, l’inflazione ha acuito i problemi delle fasce deboli della popolazione e il Governo non può lasciare i Comuni da soli, senza risorse”. Netta anche l’accusa alla modalità di comunicazione dello stop alla misura, ha proseguito Barosini. “Non è giusto – ha aggiunto – trattare così le persone, cui da un giorno all’altro viene detto che non avranno più niente su cui contare.

Leggo che solo le prime comunicazioni di cessazione con presa in carico dei Comuni, a livello nazione (come sottolinea il Presidente di ANCI) sono oltre 170 mila. Troppi, per essere solo i primi, perché il Ministero ne calcola in tutto 190 mila.
Nelle zone del Paese dove il lavoro si trova, i Centri per l’impiego potranno assolvere al loro compito, ma dove c’è la disoccupazione dilagante si può fare poco per inserire le persone nel lavoro. Ci saranno problemi.
Lo stesso Presidente ANCI Decaro ricorda che “i nuclei familiari senza minori, over 60 o disabili, ma che non sono attivabili per il lavoro” prenderanno il reddito fino a dicembre, “ma devono prima fare un progetto multidisciplinare con il Comune per beneficiarne”.
E su questo si riscontrano difficoltà: La piattaforma Inps che contiene i dati dei beneficiari del reddito non è completa. I dati arrivano dopo due mesi, e i Comuni devono lavorare sugli elenchi dei nuclei fragili, definire per loro un progetto. Dopodiché’ potranno essere riammessi al beneficio, con la corresponsione degli eventuali arretrati. Ma intanto gli è stato creato un disagio. Sono categorie deboli, come mangiano queste persone per due mesi?
”.

Ad aggiungere timori poi i sostegni come quelli destinati agli affitti e in generale tutte quelle misure che possono sostenere le fasce deboli, per cui però è necessario mettere in campo risorse. “Insomma – chiude Barosini – la situazione è preoccupante, si inverta immediatamente rotta: il Reddito di cittadinanza va (lo sostengo da sempre!) certamente migliorato, modificato nei principi, controllato e monitorato con oculatezza, riempito di contenuti….. ma così non va bene”.

Intanto l’Inps ha fornito i primi elementi sulle modalità di accesso al percorso di inclusione sociale e di attivazione al lavoro in attesa dell’adozione dei decreti attuativi delle nuove misure per il contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale e lavorativa (ADI e SFL). In questo caso le disposizioni transitorie prevedono che, per alcuni nuclei familiari non attivabili al lavoro (e comunque non oltre il 31 ottobre) possa pervenire una comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali.
Per questi nuclei presi in carico dai servizi sociali la fruizione del reddito di cittadinanza potrà proseguire, senza il limite delle sette mensilità e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2023. L’Inps ha già ricevuto da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nei primi giorni di luglio, 88.000 comunicazioni a riguardo su tutto il territorio nazionale. Pertanto l’ipotesi della presa in carico non riguarda i nuclei familiari i cui componenti sono stati avviati ai Centri per l’Impiego e per i quali non è risultato necessario il rinvio ai servizi sociali.
Per questi, e per coloro che non risulteranno presi in carico dai servizi sociali, dal primo settembre 2023 sarà possibile accedere alla nuova misura del Supporto per la Formazione e per il Lavoro (SFL). L’obiettivo di questa misura è l’inserimento al lavoro, garantendo al contempo un supporto economico pari a 350 euro mensili, per un massimo di dodici mensilità. Per accedere alla misura, oltre a presentare una domanda, è necessario seguire uno specifico iter, che sarà illustrato in una video guida messa a disposizione dall’Istituto.

Coloro che sono stati già avviati ai centri per l’impiego e risultano già inseriti nei programmi nazionali per la Garanzia occupabilità lavoratori (GOL) o in progetti utili alla collettività oppure in altre iniziative di attivazione, potranno proseguire nel loro percorso. Ai fini del riconoscimento del beneficio Supporto per formazione e il lavoro, infatti, potranno essere convalidate iniziative di avviamento al lavoro già attivate.

Dal 1° gennaio 2024, i nuclei al cui interno sono presenti persone disabili, minorenni, o con almeno sessant’anni d’età, ovvero componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione, saranno potenzialmente destinatari dell’Assegno di inclusione (ADI), nuova misura di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale.
Per l’efficace attuazione delle due misure (ADI e SFL) Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Regioni, Servizi sociali dei Comuni, Centri per l’impiego e Inps stanno collaborando per garantire a ciascuno, in relazione ai propri bisogni, il beneficio economico e il supporto necessario nei percorsi di inclusione sociale e lavorativa.

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