13 Agosto 2023
11:34
Tramandare e non solo. Recensione di “La fame dello Zanni” a Paesaggi e Oltre
MONTEGROSSO D’ASTI – Mistero Buffo è un capolavoro assoluto e il suo legame con l’interpretazione di Dario Fo è inscindibile, come ben sanno tutti coloro che si sono cimentati nell’impresa di metterlo in scena. Matthias Martelli, con la regia del grande e purtroppo scomparso Eugenio Allegri, segue la via di un’interpretazione filologicamente perfetta, confezionata in una veste zeppa di riferimenti contemporanei. Ieri a Montegrosso d’Asti l’attore-giullare ha presentato “La fame dello Zanni”, dal “Mistero Buffo” di Dario Fo e Franca Rame, nell’ambito del festival “Paesaggi e oltre. Teatro e musica d’estate nelle terre dell’UNESCO”. La serata, nella splendida cornice di una piazza affacciata sul panorama collinare, ha segnato un’altra tappa partecipatissima da oltre 200 spettatori di un percorso che ha già superato quest’anno le 1000 presenze. Il Festival è stato promosso dalla Comunità Collinare Tra Langa e Monferrato, con la consolidata direzione artistica e organizzativa del Teatro degli Acerbi e continua nella settimana di Ferragosto con due appuntamenti. Martedì 15 agosto a Costigliole d’Asti, nell’anfiteatro della frazione San Michele, ci sarà lo spettacolo “Crape de legn”, un monologo con incursione di burattini di e con Federica Molteni, realizzato da Luna e Gnac Teatro e casa degli alfieri, mentre Venerdì 18 agosto a Coazzolo sarà in scena “ La luna e i falò. Time neverdies” di e con Luigi D’Elia, liberamente ispirato al libro di Cesare Pavese. Tutto il programma su teatrodegliacerbi.it.
Da Mistero buffo il lavoro di Martelli, diretto da Allegri, trae due giullarate: La fame dello Zanni e Il primo miracolo di Gesù Bambino, attingendo a piene mani al repertorio di gestualità affabulatoria e di grammelot del suo autore. Non è una reinvenzione, ma un lavoro pienamente rispettoso, che infonde nuova energia alla satira e alla tradizione del teatro popolare. Come Fo, anche Martelli si rivolge al pubblico, coinvolgendolo da subito e introducendolo alla radice popolare e all’antica arte comica ed evocativa del grammelot, trasformato dal premio Nobel in un impasto di dialetti del nord inscindibile da una mimica straordinaria. Così inizia a prendere corpo la straordinaria lezione di un maestro che da episodi dei Vangeli apocrifi e dalle giullarate medievali ha elaborato dei misteri non sacri ma umanissimi, dileggiando chi della sacralità e del potere ha sempre fatto un mezzo di sopraffazione. Il primo episodio racconta in modo grottesco di una fame ancestrale, paradossale nelle sue conseguenze, ma vera, radicata in un preciso periodo storico e poi perpetuata in ogni epoca. Martelli si contorce, strabuzza gli occhi, si dispera e sogna di cucinare un pranzo pantagruelico, riempiendo la scena con il suo corpo che si moltiplica e crea immagini come fuochi artificiali. Il pubblico lo segue, ride, si commuove, perché, se l’effetto comico è immediato, la vena è amara e riconduce alla povertà estrema e abbrutente. Mistero buffo, nella sua totalità, è un’opera organica, i cui episodi sono collegati da parentesi colloquiali con il pubblico, immerse nel presente. Così, nel lavoro di Martelli, è mantenuta una cornice che introduce, cuce e si fa veicolo di valori. Qui è ben esplicita la parodia dei ricchi odierni che tentano di far passare un cammello dalla cruna di un ago (per poi entrare nel regno dei cieli), in una veste attualizzata di quel teatro politico e immerso nella società che Dario Fo e Franca Rame hanno incarnato. Qui, nelle cuciture tra un episodio e l’altro, la fedeltà e la precisione nella riproposizione di un lavoro difficilissimo sono accompagnate da un soffio di novità, necessario per contestualizzare un contenuto eterno. E poi “Il primo miracolo di Gesù Bambino”, preceduto dal viaggio dei Re Magi verso Betlemme, una narrazione a più voci esilarante e una grandissima prova d’attore. Martelli declina la voce in tantissimi registri, diventa un Gesù Bambino che singhiozza e fa i capricci, una Madonna che, arrabbiata, parla in un palestinese gutturale e stretto, un Re Magio che canta ininterrottamente, un Arcangelo che vira in picchiata come un aviatore. E’ il Teatro che da povero, perché privo di sovrastrutture, diventa il tutto e tutto crea con la sola estrema bravura di un vero e grande teatrante. Tra le tante riproposizioni dei misteri umanissimi e buffi di Dario Fo, “La fame dello Zanni” è sicuramente un piccolo capolavoro, capace di tramandare un’eredità preziosa e difficile con vitalità, grande bravura e una giusta cornice di satira attuale.