30 Settembre 2023
08:00
Morire di marzo. Recensione di “Fausto e Iaio. Due come noi”
CASTELLAZZO – Ci sono storie che rimangono sospese nel loro cercare giustizia e, anche a distanza di tanti anni, riemergono nelle testimonianze, nel teatro, nelle canzoni. E’ il caso di “Fausto e Iaio. Due come noi”, spettacolo presentato ieri, 29 settembre, in prima nazionale a Cargo21, sede della Fondazione Luigi Longo, per la rassegna “E a un certo punto il rosso cambiò colore”. La Fondazione Longo è una sorta di scatola delle meraviglie: all’esterno un edificio anonimo in una zona industriale, all’interno una pinacoteca ricchissima con al centro un palco su cui si svolgono quasi tutte le settimane eventi musicali, teatrali, conferenze, presentazioni di libri, con la direzione sapiente di Paolo E. Archetti Maestri ed Eugenio Merico degli Yo Yo Mundi. In questo luogo, dove tutto parla di arte, Daniela Tusa, Maurizio Pellegrino e Simone Guarino hanno dato vita, nel testo scritto e diretto da Angelo Prati, ad una storia che va oltre la morte di due giovani per proseguire negli anni successivi, elencare i fatti processuali e trarre le fila di un periodo storico e dei suoi lati oscuri. Fausto Tinelli e Lorenzo (Iaio) Iannucci , due ragazzi di 18 anni frequentanti il centro sociale Leoncavallo, furono uccisi a colpi di pistola il 18 marzo 1978 e la loro morte fu rivendicata da gruppi neofascisti , in particolare dalla colonna romana dei NAR. Nel 2000 il caso fu archiviato definitivamente senza nessuna condanna, poiché, nonostante “significativi elementi indiziari” contro la destra eversiva, nulla fu considerato sufficientemente provante. La loro memoria è tenuta viva dall’Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio e lo spettacolo nasce anni fa dall’incontro di questa realtà con Angelo Prati. Oggi “Fausto e Iaio. Due come noi” è stato ripreso e riscritto, attraversato da un tema musicale originale degli Yo Yo Mundi, una vera tessitura emozionale cui si intrecciano più trame. Ci sono Fausto e Iaio, ma anche coloro che hanno vissuto il dramma della loro morte, il clamore mediatico che ha sepolto il loro omicidio sotto false piste, c’è l’opinione pubblica manipolata contro i centri sociali. La contestualizzazione, la narrazione, l’indignazione e il dolore sono l’immagine di un’intera società che si muove intorno ad un fatto di sangue e Daniela Tusa incarna tutto ciò, passando da momenti di forte drammaticità ad una descrizione lucida delle vicende processuali. Guarino e Pellegrino nei panni rispettivamente di Iaio e Fausto, ma anche di due ragazzi di oggi, rincorrono le loro speranze e il sogno di un mondo migliore. Il primo si definisce “partigiano urbano vagabondo e libero”, il secondo un po’ lo asseconda e un po’ scherza. Sono protagonisti di una fase della vita dove l’ideale e l’entusiasmo incontrano la poesia, sino agli spari. Eppure la loro morte non è una fine, poiché segna la recrudescenza della demonizzazione di ambienti alternativi e di sinistra, stigmatizzati come covi di spaccio e poi legati anche alla maledizione dell’AIDS. Il teatro si fonda su immagini, gesti, parole e sempre ci sono precisi passaggi che colpiscono il segno. Qui molto rimane impresso, come i pensieri e i frammenti di ricordi sui due giovani tratti dal libro “Che idea morire di marzo”, l’esatto contrario della narrazione solitamente imperante sui frequentatori dei centri sociali. Mentre Guarino dà loro voce, Pellegrino lo colpisce con un senso di impunità che accresce la violenza del gesto. Sono i valori e la speranza che si contrappongono all’ottusità della forza bruta, un dualismo storicamente ben radicato. E infine spicca e provoca un brivido di consapevolezza un gioco di contrasti che rispecchia la storia della società degli ultimi decenni. Mentre i due protagonisti fanno aeroplanini con le pagine inutili di un giornale, sulla base di “Inverno” di De André, scorrono le immagini patinate delle trasmissioni degli anni ‘80, talmente vuote e mercificate da immiserire il pensiero collettivo. Su questo cimitero della ragione rimane solo la speranza di “un’altra estate”, forse nel ricordo, da parte di chi oggi è giovane, di chi è rimasto per sempre un ragazzo e, poiché ucciso, non si può dimenticare, come nelle parole della bella canzone degli Yo Yo Mundi, colonna (non solo sonora, ma direi portante) dello spettacolo. Un lavoro importante e ben documentato, un dramma che diventa spaccato storico sino ai giorni nostri e coinvolge grazie a tre protagonisti perfettamente in parte e affiatati tra loro. “Fausto e Iaio. Due come noi” sarà presentato domenica 1^ottobre al Centro Leoncavallo di Milano, un luogo simbolico e un po’ una casa dove Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci ritorneranno ancora una volta.