Autore Redazione
martedì
14 Novembre 2023
06:25
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Cronaca - Casale Monferrato

Immunoterapia possibile arma contro il mesotelioma: 1 paziente su 4 vivo dopo tre anni

Immunoterapia possibile arma contro il mesotelioma: 1 paziente su 4 vivo dopo tre anni

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Pubblicato sulla rinomata rivista scientifica “Lancet“, nel fine settimana è stato presentato a Roma, al XXV Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica. Si tratta dello studio clinico indipendente, IND.227, contro il mesotelioma pleurico, il cosiddetto mal d’amianto, condotto da tre gruppi cooperativi e coordinato dall’Istituto Nazionale Tumori di Napoli IRCCS Fondazione Pascale, dal Canadian Cancer Trials Group e dall’Intergruppo cooperativo toracico francese.

Su 440 pazienti coinvolti ben 212 sono italiani e, di questi, 54 (il gruppo più nutrito) proviene dalla Struttura Dipartimentale Mesotelioma e Tumori Rari dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria. Lo studio è iniziato nel 2017 ed è finito nel 2020, dal punto di vista dell’arruolamento dei pazienti, per poi proseguire nel controllo e nel monitoraggio. Nel dettaglio è stata sperimentata l’immunoterapia col farmaco “pembrolizumab” in combinazione con la chemioterapia con platino e il farmaco “pemetrexed“. E’ stato appurato un miglioramento significativo nella sopravvivenza globale, col rischio di morte ridotto del 21%. A 3 anni il 25% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo rispetto al 17% con la sola chemioterapia. Anche la sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente migliore.

“Una grande soddisfazione aver potuto fare qualcosa di concreto per i pazienti del territorio che meritano questo e altro” ha sottolineato la dottoressa Federica Grosso, Responsabile della Struttura Dipartimentale Mesotelioma e Tumori Rari dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria “stiamo parlando di una patologia rara nel mondo che, quindi, raccoglie ha meno interesse nelle case farmaceutiche che, invece, investono in tumori con una diffusione più ampia. Voglio sottolineare la natura accademia di questo studio, nato dalla ricerca e voluto dai tre gruppi, italiano, canadese e francese. La casa farmaceutica ha dato un supporto incondizionato regalando il farmaco per questo studio ma non è entrata nel merito nella raccolta e nella elaborazione dei dati”. 

Abbiamo avuto” ha aggiunto Grosso “risultati positivi in termini di sopravvivenza, controllo di malattia e riduzione del volume del tumore. L’effetto principale si è ottenuto nei pazienti con prognosi più sfavorevole. Sono pochi i pazienti la cui malattia cresce dopo l’inizio del trattamento. Un passo avanti ma, è bene precisarlo, questa terapia non è subito disponibile: dovrà essere approvato dall’Ema e poi dall’Aifa. Le tempistiche sono lunghe, si parla di anni ma abbiamo fatto un piccolo passo avanti, certificando benefici notevoli, ancora oggi chi ha finito il trattamento due anni fa ha ancora la malattia sotto controllo. Inoltre abbiamo raccolto i campioni biologici e ora si farà un grosso sforzo per studiare le caratteristiche del tumore di quei pazienti che hanno avuto una buona risposta alla terapia per individuare i fattori predittivi. L’obiettivo è capire quale sia il trattamento ideale per il singolo paziente”. 

“L’obiettivo era migliorare la sopravvivenza, abbiamo constatato una riduzione dei sintomi come il minor dolore in quasi il doppio dei pazienti che si sono sottoposto all’immunoterapia rispetto a quelli che hanno svolto la chemioterapia non combinata al pembrolizumab” le parole di Marilina Piccirillo, Dirigente Medico della Unità Sperimentazioni Cliniche del ‘Pascale’ di Napoli e coordinatore scientifico dello studio IND.227 in Italia “nel 2018 abbiamo ricevuto un premio come miglior collaborazione internazionale dai canadesi. Abbiamo impiegato un solo anno e non due nella cosiddetta fase iniziale, l’Italia ha lavorato bene anche grazie alla sinergia che si è creata coi colleghi della provincia di Alessandria, professionisti estremamente motivati. Ho notato qualcosa in più che li spinge a impegnarsi per migliorare la vita dei pazienti, un trasporto particolare. Purtroppo anche nella nostra regione sono stati tanti i casi di mesotelioma, vista la presenza dello stabilimento di Bagnoli e dei cantieri navali a Castellammare, dove si fabbricavano vagoni ferroviari. Per non parlare di Taranto, con lo stabilimento Ilva. Il miglioramento della sopravvivenza a 3 anni dell’8% è un risultato significativo in una patologia come il mesotelioma, che ha una prognosi ancora infausta. Lo stesso vale per la sopravvivenza libera da progressione e per la risposta. Quest’ultima, che equivale alla riduzione delle dimensioni del tumore, si è ottenuta nel 62% nei pazienti trattati con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia rispetto al 38% di quelli trattati con la sola chemioterapia, quindi quasi un raddoppio del tasso di risposta. Questo aspetto è importante, perché i pazienti con il mesotelioma spesso sono molto sintomatici e la riduzione delle dimensioni del tumore in genere corrisponde a un miglior controllo dei sintomi respiratori e del dolore. Ci auguriamo che questa nuova opzione terapeutica sia resa disponibile in pratica clinica quanto prima”.

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