1 Febbraio 2016
06:10
Il vescovo spalanca le porte a don Marasini
VALENZA – Le parole, talvolta, possono essere pesanti come pietre. Se poi quelle stesse parole sono pronunciate in maniera solenne, da un Vescovo, durante una celebrazione, esse possono assumere un peso e un valore ulteriori, il cui scopo è quello di chiarire in maniera inequivocabile il senso di certe scelte. E’ questo quello che potrebbe aver pensato Monsignor Guido Gallese, Vescovo di Alessandria, quando ha scritto il discorso che ieri mattina ha pronunciato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Valenza, in occasione dell’ingresso del nuovo Parroco, don Massimo Marasini. Dopo una lunga discussione a mezzo stampa, nella quale i fedeli della comunità del Sacro Cuore di Valenza avevano ripetutamente chiesto al Vescovo di non sostituire il “loro” don Biagio con un nuovo sacerdote, infatti, il Vescovo, Monsignor Guido Gallese, aveva risposto con poche parole, circoscritte al tema della possibilità per un Parroco di seguire, come spetterà a don Massimo, due comunità di fedeli. “Anche a me è capitato, quando ero sacerdote in Liguria di avere più parrocchie” aveva detto il Vescovo “addirittura dovevo gestire due realtà che litigavano tra loro. Ma alla fine è andata bene, col supporto della preghiera. La contrazione del clero è il segno di una fatica di questi tempi che dobbiamo affrontare“. Parole di circostanza, diplomatiche, che però non avevano lasciato intendere le ragioni di una scelta che invece ieri Monsignor Gallese ha esplicitato, con voce stentorea e pesando ogni frase, di fronte ai tanti fedeli accorsi in Duomo per la presentazione del nuovo Prevosto. “In questa festa di San Massimo, patrono della città di Valenza, facciamo la solenne introduzione del ministero di don Massimo, che speriamo che diventi santo” .
Ha iniziato con una battuta e con un augurio al nuovo parroco valenzano, il Vescovo, che rivolgendosi ai fedeli si è però fatto solenne e ha proseguito dicendo “io vorrei che il vangelo lo vivessimo”, come nelle parole di San Paolo sulla carità, “se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri di Dio, avessi tutta la conoscenza e possedessi la fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla” ha detto Gallese, ricordando così ai fedeli che la carità che vuole Gesù non è soltanto quella di tutti i giorni, quella che si sostanzia nell’aiuto tra credenti e nei confronti di chi ne ha più bisogno, ma è anche, e soprattutto, la carità del Vangelo. Per questo, ha affermato il Vescovo, “io voglio vedere il vangelo. Qui. Vissuto nelle nostre comunità. Io voglio vedere Gesù all’opera e per vederlo ci vuole carità, una carità che non è la nostra; io non sono venuto qui a dirvi: «adesso don Massimo acquisisce il Ministero, mi raccomodo aiutate i poveri, cercate di far delle belle opere, curate i ragazzi». Lo facciamo già. E nonostante ciò, quando ci confrontiamo con il Vangelo abbiamo da vergognarci, perché non lo viviamo, perché tra noi non si vede questa carità forte, bruciante, non si vede questa fede nella presenza del Signore Gesù che è vivo. Non è un ricordo. Non è un riferimento intellettuale, questo lasciamolo agli atei. Il cristiano è uno che crede che Gesù è vivo oggi e adesso è qua in mezzo a noi, in questo luogo, perché la comunità è qui e per celebrare la sua presenza viva. Questo è il nostro senso. Questo è il senso per cui don Massimo è qui”. Con buona pace delle polemiche, del silenzio che aveva seguito la scelta iniziale del Vescovo e dei fedeli, che nonostante le perplessità iniziali si sono detti pronti ad accogliere don Massimo con affetto, cogliendo nel suo arrivo “un’occasione preziosa per noi, siamo chiamati a metterci in gioco, facendo fruttare i nostri talenti per porli al servizio della comunità e della nostra Chiesa”.
Ha collaborato Paride Fusaro