28 Ottobre 2024
12:42
Ad Alessandria una lapide per ricordare cinque partigiani uccisi alla Cittadella e in piazza della Libertà
ALESSANDRIA – Ricordare il sacrificio di cinque partigiani, fucilati ad Alessandria, in particolare alla Cittadella e in piazza della Libertà, durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo l’obiettivo della ricerca condotta da Anpi e Libera. Come ha riferito Renzo Penna, della segreteria provinciale Anpi, è stata invocata l’installazione di una nuova lapide nella fortezza e di un riferimento nella piazza.
Dai risultati di una ricerca sui luoghi della memoria in provincia di Alessandria e su indicazione del presidente provinciale dell’Anpi Roberto Rossi si è svolto, in particolare all’Isral, uno studio che ha riguardato le tragiche vicende di quattro Partigiani fucilati nella Cittadella di Alessandria e di uno ucciso in Piazza della Libertà. “Partigiani tutt’ora privi di un riferimento pubblico, di una lapide, di una insegna che li ricordi. Per le finalità dello studio sono risultati di particolare interesse i documenti elaborati da Donato D’Urso” ha sottolineato Renzo Penna.
In particolare si tratta di Francesco Grosso, manovale di 26 anni residente in Genova, Teresio Grassano, ferroviere di 21 anni residente a San Giuliano Piemonte e Mario Rossini (cognato di Grassano), operaio di 39 anni residente a Cascinagrossa. Grassano e Rossini (nome di battaglia Pavia) appartenevano alla 9^ Divisione Garibaldi, 78^ Brigata. Grosso nello schedario “I Partigiani D’Italia” è indicato come Caduto Civile e fucilato per rappresaglia. L’esecuzione avvenne alle 6.30 del 1° novembre 1944 alla Cittadella. Grassano e Rossini sono presenti nel “Libro d’Onore della Resistenza” e i loro corpi si trovano nel ‘campo della gloria’ del cimitero di Alessandria. I nomi dei tre partigiani non sono però citati nella lapide murata nella Cittadella che riporta quelli dei quattro partigiani fucilati il 20 febbraio 1945: Luciano Scassi, Amedeo Buscaglia, Ettore Gino (appartenenti alla Formazione GL) e Pietro Scaramuzza (appartenente alla Matteotti ‘Val Tanaro’).
Il 6 novembre 1944, a Castellazzo Bormida, vennero fermati e arrestati dalla Brigata nera di Alessandria tre giovani: Aldo Farinazzo, Giancarlo Pace e Roberto Dotti (alias Jacques Loupredou). I primi due in divisa di ufficiale regio, il terzo con uniforme tedesca. Disarmati e perquisiti, ai tre fermati furono rinvenuti tesserini di appartenenza al CLN. Dopo alcuni mesi, nei giorni 8-9 marzo 1945, i tre giovani furono giudicati dal Tribunale di guerra straordinario con questa sentenza: pena di morte per Roberto Dotti, 30 anni di reclusione per Farinazzo e Pace. La decisione provocò una forte protesta dei fascisti contro i giudici, in quanto avrebbero voluto la condanna a morte per tutti gli imputati. Secondo Giancarlo Pace i tre avevano fatto parte del gruppo partigiano comandato da Stefano Cigliano (Mimmo) della 15° Divisione Alessandria. L’esecuzione capitale di Roberto Dotti avvenne il 10 marzo 1945 nella Cittadella di Alessandria. Nell’elenco dei caduti redatto dal Comune di Alessandria Roberto Dotti è registrato al n. 201, ma anche il suo nome non è compreso in una lapide presso la Cittadella.
Infine l’11 settembre 1944 quattro giovani partigiani di Nizza Monferrato assaltarono la caserma di via Pontida, caddero nell’azione e i loro corpi furono esposti nell’attuale piazza della Libertà. I loro nomi sono riportati in una targa dove svolsero l’iniziativa, in via Pontida (attuale sede della Cisl), e nella lapide murata sulla facciata di Palazzo Rosso, sede del municipio di Alessandria. Qualche settimana prima, il 21 agosto 1944, all’incrocio tra Via Mazzini e piazza Italia, fu fermato per un controllo un giovane. Questi esibì documenti che destarono qualche sospetto e, all’improvviso, fuggì sparando, rifugiandosi in un caseggiato vicino, probabilmente all’inizio di via Migliara. Qui in un conflitto a fuoco con agenti della Questura venne ferito e, infine, giustiziato da esponenti della Brigata nera di Alessandria. Il corpo privo di vita fu preso in consegna da agenti della Questura e trasportato nell’atrio della Prefettura Repubblicana. Un militare che partecipò all’azione riporta nell’occasione dei commenti critici della popolazione espressi nei confronti del regime: “Sarebbe bene che gli uccidessero tutti questi fascisti, invece di uccidere gli altri”. L’uomo ucciso si chiamava Egeo Zavan, nato a Fiume nel 1920. Già Sergente maggiore dell’esercito, risulta che appartenesse, col nome di battaglia Blek, alla brigata Buranello della divisione Mingo e come tale è compreso nella banca dati del partigianato piemontese ma il suo nome non è citato in alcuna lapide.