Autore Redazione
giovedì
18 Febbraio 2016
07:06
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Cronaca - Valenza

Nei ritiri estivi dei campioni di calcio per vendere gioielli, ma in nero. Orafo valenzano nei guai [VIDEO]

Nei ritiri estivi dei campioni di calcio per vendere gioielli, ma in nero. Orafo valenzano nei guai [VIDEO]

VALENZA – I gioielli valenzani sono conosciuti in tutto il mondo e quindi anche dai talenti della serie A e dei principali campionati europei. Di questa fama internazionale ha approfittato un pensionato, un orafo valenzano, che proprio attraverso la vendita in nero di preziosi gioielli, dal 2008 al 2013, ha intascato oltre due milioni di euro.La Compagnia della Guardia di Finanza di Valenza ha però scoperto tutto.

L’orafo infatti nel tempo aveva versato numerosi e cospicui assegni, emessi soprattutto da noti calciatori professionisti italiani, europei e sudamericani, per poi prelevare, in contanti, gli stessi importi. L’indagine ha interessato una ditta orafa della città dell’oro, destinataria reale dei proventi delle vendite di oggetti preziosi, mai registrati sotto il profilo contabile e quindi non dichiarati al Fisco. Il proficuo mercato era affidato a un incaricato dell’azienda che, grazie alle amicizie intrattenute con alcuni giocatori, ha iniziato a frequentare gli alberghi delle località in cui le maggiori squadre del campionato di serie A effettuavano i ritiri pre-stagionali.

Guadagnata la fiducia di “famosi calciatori, tuttora in attività ai massimi livelli delle competizioni nazionali ed internazionali“, è riuscito così a vendere importanti gioielli realizzati dalla propria ditta, inizialmente pagati con assegni intestati al pensionato e, poi, con bonifici bancari accreditati sui conti correnti. Il tutto senza mai rilasciare alcun documento fiscale.

I finanzieri di Valenza, grazie alle indagini finanziarie svolte, hanno perciò scoperto un volume di affari di oltre due milioni di euro.

Gli elementi reddituali emersi nel corso della verifica delle Fiamme Gialle sono stati segnalati alla competente Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione. Alla ditta è stata, anche, contestata la sottrazione di imposta sul valore aggiunto pari ad oltre 200mila euro, riconducibile alle suddette vendite.

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