13 Maggio 2025
16:40
Ex Ilva: a Novi Ligure aumentano i lavoratori in cassintegrazione, 48 in più
NOVI LIGURE – Da 115 a 163. Anche nello stabilimento Ex Ilva di Novi Ligure aumenterà il numero dei lavoratori in cassintegrazione dopo l’annuncio di questa mattina di Acciaierie d’Italia di un “raddoppio” a livello nazionale dei numeri attuali. Lo avrebbe riferito ai sindacati Claudio Picucci, responsabile delle risorse umane di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, durante l’incontro avvenuto a seguito dell’incendio che ha colpito l’altoforno 1 a Taranto lo scorso 7 maggio. Nello stabilimento siderurgico novese al momento lavorano circa 580 dipendenti, già 120 in meno rispetto ai 700 di sette anni fa. Mentre i 100 milioni di euro del prestito ponte previsti nell’ultimo decreto dell’esecutivo sarebbero “in arrivo” i sindacati non hanno nascosto la loro preoccupazione sul futuro del colosso siderurgico.
“La Fiom-Cgil non accetterà percorsi di cassa integrazione senza alcuna chiarezza sulle prospettive future dell’ex Ilva. Non può essere che i lavoratori ancora una volta paghino le conseguenze dell’incapacità di far partire la decarbonizzazione degli impianti” ha sottolineato Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil “così si mettono in discussione tutte le tutele salariali, occupazionali e di messa in sicurezza dei lavoratori e degli impianti, che abbiamo conquistato nei precedenti accordi. Da mesi diciamo che le risorse non sono state garantite in modo sufficiente ad assicurare il piano di ripartenza ed ora non può essere che la soluzione sia collocare i lavoratori in cassa integrazione chissà per quanto tempo. Per quel che ci riguarda va contrastato questo percorso unilaterale. Nelle prossime ore ne discuteremo con i lavoratori e le altre organizzazioni sindacali”.
“Oggi l’azienda ci ha presentato i numeri della cassa integrazione rispetto alla situazione che si è venuta a creare dopo l’incidente della scorsa settimana all’altoforno 1, parliamo di 3.926 lavoratori in cassa” hanno aggiunto i segretari generale e nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano e Valerio D’Alò, “la discussione va condotta su due piani paralleli: il primo che si basa sull’accordo di cassa integrazione esistente, che dovrà continuare a dare una copertura immediata rispetto all’emergenza che si è venuta a creare. Contemporaneamente c’è tutta una discussione da tenere a Palazzo Chigi con i ministeri competenti per capire come sta procedendo la trattativa con Baku Steel e il governo e soprattutto quali sono le soluzioni per l’Autorizzazione integrata ambientale senza la quale uno stabilimento come quello tarantino non ha prospettive e soprattutto, quali sono le prospettive del piano industriale ora dopo l’incidente ad Afo 1. Per questo chiediamo al Governo di convocarci nel più breve tempo possibile. Abbiamo la necessità di chiarire tutti questi aspetti, soprattutto l’Aia e lo stato della trattativa con Baku Steel, le garanzia di carattere industriale e al ruolo dello Stato nella prossima compagine societaria oltre alle difficoltà nell’approvvigionamento di gas e acqua che stiamo registrando e che possono mettere ulteriormente in crisi la situazione del sito”.
“Siamo indisponibili a discutere di incremento della cassa integrazione straordinaria. Il Governo assuma la gestione del gruppo e avvii da subito l’elettrificazione e la decarbonizzazione della produzione. Lo Stato dimostri di credere nella strategicità di Ilva e intervenga in prima persona” ha aggiunto Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm “Purtroppo l’incidente, di cui abbiamo chiesto di conoscerne le cause, ha segnato inevitabilmente una discontinuità alla fase di transizione per la cessione, ma anche del piano di ripartenza funzionale alla continuità produttiva. Bisogna quindi prendere atto di questo e riprendere la discussione a Palazzo Chigi. Occorre affrontare complessivamente il problema, a partire dall’immediata partenza della costruzione dei forni elettrici e dell’impianto dri che rappresenta l’unico elemento di garanzia e di prospettiva per salvaguardare industria e occupazione. E’ lo Stato che deve farsene carico in attesa di un nuovo investitore, a partire dallo sblocco dei 100 milioni del prestito ponte che darebbe ossigeno alle casse dell’azienda, ridotte al lumicino. Ma è altrettanto necessario affrontare la possibilità di prevedere l’utilizzo di strumenti straordinari, senza escludere prepensionamenti e compensazioni varie, se ci sono e se sono realizzabili nuove attività produttive. Non possiamo continuare ad accettare che le scelte sbagliate compiute in questi 13 anni siano pagate dai lavoratori. Ora serve una convocazione immediata e urgente del tavolo a Palazzo Chigi”.