Autore Redazione
mercoledì
16 Luglio 2025
05:33
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Cronaca - Novi Ligure

Ex Ilva di Novi: produzione sempre più agli sgoccioli. A Roma decisione sull’accordo rinviata al 31 luglio

Ex Ilva di Novi: produzione sempre più agli sgoccioli. A Roma decisione sull’accordo rinviata al 31 luglio

NOVI LIGURE – Dallo stabilimento Ex Ilva di Novi Ligure si continua a guardare con apprensione a Roma, teatro in questi giorni dei tavoli tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy con i sindacati e gli enti locali. Già da qualche giorno nella sede novese l’attività è in forte diminuzione, a fronte della scarsità di prodotti in arrivo da Taranto: una situazione destinata a peggiorare ancora nel prossimo futuro. Il numero di dipendenti in cassintegrazione a rotazione si aggira sempre tra le 150 e le 160 unità.

Nel frattempo ieri il tavolo interistituzionale riunito al Ministero è stato rinviato al 31 luglio dove sarà presa una decisione finale. Inoltre è stata istituita una commissione tecnica finalizzata a dare maggiori elementi a tutte le opzioni sul fronte della decarbonizzazione, come previsto nella proposta formulata dal Mimit. La Commissione tecnica, composta dagli enti che partecipano all’intesa – Mimit, Mase, Regione, Provincia, i Comuni di Taranto e Statte, Autorità portuale – e Snam, entro il 28 luglio dovrà trovare una soluzione per l’approvvigionamento del gas, sostenibile sia punto di vista ambientale che economico, e valutare la possibilità di realizzare a Taranto fino a quattro impianti Dri, necessari a coprire il fabbisogno nazionale di acciaio green.

Questo compromesso prende le basi dalla ‘terza via’ proposta dal ministro Urso agli enti locali nel corso dell’incontro, nel tentativo di mettere insieme le diverse ipotesi emerse dal confronto della settimana scorsa e trovare una quadra tra le esigenze dei sindacati e quelle degli enti locali. Le opzioni fino ad ora emerse erano due. La prima prevede una timeline di decarbonizzazione di otto anni e tre forni elettrici a Taranto con tre Dri (direct reduced iron) per alimentarli, con la nave rigassificatrice, necessaria a fornire il gas per i preridotto. La seconda ipotesi, che stima un processo di riconversione di sette anni, propone che i tre forni elettrici a Taranto siano alimentati tramite un contratto di servizio da parte di Dri Italia, che realizzerà i Dri in un’altra località. La nuova opzione, secondo quanto si apprende, fa salvi i tre forni elettrici a Taranto, fa slittare la decisione sulla nave rigassificatrice al 28 luglio, dando il tempo alle parti di ragionare, e contiene anche un impegno formale per garantire l’occupazione dei lavoratori ex Ilva eventualmente in esubero, attraverso misure di politica attiva o un intervento normativo ad hoc, come un decreto.

“L’incontro con i Ministri e le istituzioni locali è stato un’occasione importante per ribadire le nostre rivendicazioni” ha sottolineato Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil il piano di decarbonizzazione che ci è stato presentato prevede la produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno e la costruzione di tre forni elettrici presso il sito di Taranto, per una capacità produttiva complessiva di 6 milioni di tonnellate annue, e un forno elettrico presso lo stabilimento di Genova, con una capacità di circa 2 milioni di tonnellate annue. È prevista inoltre la realizzazione fino a quattro impianti di DRI per il preridotto. Dal nostro punto di vista non ci potrà essere nessun percorso di transizione, senza la continuità produttiva e occupazionale. Tutte le parti coinvolte devono assumersi le loro responsabilità. Servono le risorse necessarie per poter rilanciare gli impianti e avviare il processo di decarbonizzazione. Senza le manutenzioni ordinarie e straordinarie non è possibile garantire la salute e la sicurezza. La transizione si fa con le lavoratrici e i lavoratori. Occorre mettere il lavoro al centro della ripartenza dell’ex Ilva. La soluzione per noi è negoziare un piano di transizione di un’azienda a capitale pubblico che gestisca la transizione verso la decarbonizzazione, con le lavoratrici e i lavoratori. E’ arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti, non c’è tempo di aspettare un altro bando per fare la decarbonizzazione. Per arrivare alla svolta della vicenda dell’ex Ilva sono necessari interventi straordinari per garantire il lavoro, l’ambiente e la salute. Occorre fare in fretta ma anche pensare al futuro!”.

“Abbiamo ribadito con fermezza alle istituzioni presenti che, in assenza della produzione di preridotto a Taranto, viene messa seriamente in discussione la solidità futura dell’intero stabilimento e, con essa, la sostenibilità occupazionale non solo a Taranto ma anche negli altri siti produttivi italiani. È fondamentale essere consapevoli che senza i tre moduli DRI previsti per Taranto, lo stabilimento rischia di non avere alcun futuro. Il progetto comprende anche la riconversione dell’attuale centrale elettrica per renderla funzionale al funzionamento dei tre forni elettrici. L’investimento complessivo previsto ammonta a circa 2 miliardi di euro” ha dichiarato Luigi Tona, segretario generale della Fim Cisl Alessandria – Asti “il Governo ha confermato il proprio impegno a sostenere la gara internazionale, prevista per il mese di luglio, relativa alla cessione dello stabilimento. In tale contesto, abbiamo ribadito l’importanza di affrontare la crisi dell’ex Ilva tenendo insieme gli aspetti ambientali, sanitari e sociali. Abbiamo espresso forte preoccupazione per la totale assenza di garanzie occupazionali nel piano presentato Il rischio di una vera e propria bomba sociale è concreto, se non ci si assume collettivamente la responsabilità di compiere scelte coraggiose. La transizione verso il preridotto e i forni elettrici rappresenta una svolta cruciale, sia dal punto di vista ambientale che industriale. In merito all’occupazione, i diversi scenari presentati mostrano implicazioni molto preoccupanti: a Taranto sono coinvolti oltre 18.000 lavoratori, considerando anche l’indotto. Se aggiungiamo gli altri stabilimenti italiani, il potenziale impatto sociale è enorme. Durante l’incontro abbiamo sottolineato la necessità di prevedere risorse finanziarie adeguate per garantire la continuità delle attività almeno fino alla realizzazione completa del progetto. A Novi Ligure, in particolare, abbiamo bisogno di risposte chiare e immediate. Scommettere sull’incertezza equivale a mettere a rischio la vita dei lavoratori, e questo non possiamo permettercelo. Lo stabilimento di Novi è attualmente in cassa integrazione a zero ore fino alla fine di agosto, e circa 600 persone sono coinvolte. Non c’è più tempo da perdere servono risposte concrete e immediate sul futuro dell’ex Ilva, dello stabilimento di Novi Ligure e dei suoi dipendenti. Le istituzioni devono assumersi le proprie responsabilità e compiere scelte chiare e tempestive. Serve un vero atto di coraggio”.

Marco Ciani, segretario generale della Cisl Alessandria-Asti, ha aggiunto: “Il nostro territorio non può permettersi ulteriori ritardi né zone grigie sul futuro dello stabilimento di Novi Ligure. La transizione ecologica non deve diventare un alibi per ridurre capacità produttiva e posti di lavoro. Servono garanzie occupazionali esplicite, investimenti concreti e una strategia industriale che tenga insieme ambiente, salute e lavoro. I lavoratori, già stremati da anni di incertezza, meritano risposte precise e tempi certi. La Cisl sarà in campo, in tutte le sedi, per difendere la dignità del lavoro e il futuro industriale di questo sito strategico per l’intera filiera siderurgica italiana”.

Noi abbiamo ottenuto il risultato che volevamo: abbiamo chiarito che per noi il problema assoluto è la salvaguardia dei livelli occupazionali ha detto il leader della Uilm, Rocco Palombellaa noi interessa vedere che faranno, se lo faranno, un accordo di programma in cui vengono salvaguardati i livelli occupazionali. Il nostro assenso di massima è nel salvaguardare i livelli occupazionali e stabilire un vero piano di decarbonizzazione”. 

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