Autore Redazione
domenica
19 Ottobre 2025
09:28
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Cronaca - Ovada

Domenica 26 le riprese del corto del regista ovadese Succio che racconta i “Partigiani del futuro”

Domenica 26 le riprese del corto del regista ovadese Succio che racconta i “Partigiani del futuro”

OVADA – Prima un romanzo, poi un cortometraggio e infine un vero film. Il progetto dell’ovadese Ludovico Succio è nato durante “l’ascesa di Trump, del governo Meloni, delle destre europee. Sotto i nostri occhi si svolgeva, inarrestabile, il genocidio del popolo palestinese“. Il percorso, dopo il libro, ora passa alle riprese de “Il Varco”, che intende raccontare una “Resistenza del futuro”. Partiranno il 26 ottobre e dureranno 3 giorni nel territorio ovadese. Una storia ambientata nell’Italia del 2035, “durante la resistenza contro un regime fascista di nuovo al potere. Ancora una volta i partigiani escono allo scoperto e resistono, sacrificando la loro giovinezza, i loro sogni e a volte la loro stessa vita”.

Volevamo liberare la Palestina e la Palestina ha liberato noi“, ha spiegato il regista, riconducendo all’attualità le radici del film. “Lo si vede scritto sui cartelli alle manifestazioni, e per me è il senso di questo film. Vogliamo mettere allo specchio la Resistenza storica, italiana e palestinese, con quella futura – che abbiamo provato a immaginare. In mezzo, le coordinate del nostro tempo presente, con le loro lotte e sfide”.

“Vogliamo mettere allo specchio la Resistenza storica, italiana e palestinese, con quella futura – che abbiamo provato a immaginare. In mezzo, le coordinate del nostro tempo presente, con le loro lotte e sfide”.

Il corto verrà girato nell’ovadese col patrocinio dei comuni di Carpeneto, Molare, Ovada, Rivalta Bormida e Rossiglione, e delle sezioni ANPI di Ovada e Molare.

LA STORIA

“Il varco” racconta la storia di una staffetta partigiana impegnata nella consegna di un libro – non uno qualunque: al suo interno si trova un messaggio segreto. I partigiani della storia sono persone come noi, alle prese con un orrore indescrivibile. Sulla storia aleggia, come un fantasma, il ricordo della liberazione di un Centro di Detenzione Speciale: un campo di concentramento, dove il regime rinchiude persone migranti, oppositori, donne che hanno cercato (illegalmente) di abortire. «Parliamo della resistenza, e quindi di partigiani armati» dichiara il regista «ma soprattutto di ciò che ci tiene attaccati alla vita: le persone che amiamo, i libri, i boschi carichi di brina dopo che è piovuto e altre piccole cose senza importanza».

Un libro passa di mano in mano. Non è un libro qualunque: è un messaggio in codice. Due squadre partigiane si ritroveranno a fare i conti con i propri demoni, tra questioni private e lotte collettive. Il film si dipana riavvolgendo la sequenza di eventi che porta la partigiana Mansfield a resistere. Magari solo per un giorno, forse per sempre

È solo un film, solo una storia di fantasia: ma in essa vibrano le paure e le sfide del nostro presente. «Volevamo liberare la Palestina e la Palestina ha liberato noi» dichiara il regista, riconducendo all’attualità le radici del film. «Lo si vede scritto sui cartelli alle manifestazioni, e per me è il senso di questo film.

Il film è realizzato col patrocinio dei comuni di Carpeneto, Molare, Ovada, Rivalta Bormida e Rossiglione, e delle sezioni ANPI di Ovada e Molare. Menego Immobiliare è il main sponsor del progetto, insieme al supporto di Ott. srl e di realtà locali. Il progetto è reso possibile grazie alla preziosa collaborazione della Cascina Battura di Rossiglione, dell’associazione culturale “Kanyon” di Molare e della libreria XX settembre di Ovada. «Un film dal basso e partecipato» precisa il regista «abbiamo raggiunto e superato il crowdfunding in tre giorni, grazie al passaparola. Oltre a persone a noi vicine, hanno donato anche importanti produttori come Matteo Rovere (Groenlandia) e Valentina Signorelli (Daitona), il regista Eugène Green e l’attore Max Malatesta. «Sarà un piccolo miracolo, puntiamo ai festival ma per me nulla è come la sala» aggiunge. «Non vediamo l’ora di confrontarci con il pubblico che abita e vive il territorio. Sarà un momento di confronto importante in vista del lungometraggio». Sui piani futuri è ancora tutto da delineare «ci stiamo interfacciando con alcune produzioni ma ci penseremo dopo il corto. Abbiamo una certa fretta. Vorremmo fare un film di finzione, non un documentario».

Il varco

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