21 Giugno 2016
22:27
“Nel Kurdistan turco è in atto una sostituzione etnica”, la denuncia di tre volontari
CIZRE – Siamo a Cizre, sud della Turchia. Un ragazzo di 21 anni. La leva militare. Arrivano le bombe. Si nasconde in una cantina, le macerie lo seppelliscono. È vivo ma non può uscire. Col cellulare chiama i parenti. “Papà, sorelle, aiutatemi, venitemi a tirare fuori. Sto morendo”. Soldati turchi danno fuoco alla cantina. Il ragazzo muore carbonizzato.
Questa è solo una delle atroci storie raccontate dalla delegazione alessandrina dell’Associazione Verso il Kurdistan. Tre persone, infatti, si sono recate in varie città del Kurdistan turco, tra l’8 e il 16 giugno. Un viaggio lungo una settimana per capire come effettivamente vivano i Curdi in Turchia, vessati da un Erdogan che li disprezza e combatte. E la denuncia è una, surreale se si pensa ai silenzi dell’Unione Europea: “costringere il popolo curdo a lasciare quella terra, sostituendolo con arabi, ceceni e molti profughi siriani”. Erdogan, infatti, avrebbe in mente di far insediare, coi soldi europei, i circa 3 milioni di profughi siriani in territorio turco, dando loro la cittadinanza e avere la maggioranza assoluta alle prossime elezioni. Il tutto ai danni del PKK, il partito curdo, che nel Sud della Turchia vanta un seguito consistente.
La situazione di città come Cizre, Juskekova, Sirnak e Nusajbin è drammatica. A Cizre, in particolare, il governo turco ha inviato circa 10000 soldati tra esercito regolare e giovani mercenari. Per le vie della città ci sono nugoli di giovani con pistola e kalashnikov in mano, pronti a sparare e uccidere con estrema facilità. A dicembre 2015 è stato indetto il coprifuoco di 24 ore, durato per quasi tre mesi. I militari han cominciato una serie di provocazioni per aizzare proteste, e, quindi, intervenire col pugno di ferro. Hanno cominciato a bombardare dalle colline circostanti, e hanno imprigionato gli oppositori politici. Nel mentre, i morti sono stati 258, tutti civili. Perché a Cizre la resistenza non c’è stata. I membri della delegazione hanno detto che gli abitanti sono rimasti senza luce e acqua, che i palazzi sono stati distrutti ed è stato loro proibito di ricostruirli. Molti edifici sono stati incendiati, con persone all’interno. Stessa sorte per le altre città, ma a Juskekova, ad esempio, un embrione di resistenza, guidata dal PKK, si è formato e nei vari scontri sono rimasti uccisi circa 400 soldati dell’esercito turco.
L’Associazione Verso il Kurdistan ha voluto quindi recarsi sul posto e vedere con i propri occhi quel che sta accadendo, nel silenzio generale della comunità internazionale. I delegati, hanno consegnato alle famiglie delle vittime di Cizre un contributo di 10000 euro e nella città di Van hanno istituito, come ogni anno, borse di studio per bambine che hanno perso padri, madri e fratelli in questo conflitto. La guerra, però, continua, così come l’indifferenza. Il governo turco ha vietato che per 6 mesi si possano ricostruire gli edifici abbattuti. Così, arriverà l’inverno e il gran freddo obbligherà la gente a lasciare le città. Ma i più non lasceranno la propria terra, proprio non ne vogliono sapere. Perché “i figli curdi non finiscono mai, come i pesci nel mare”.