19 Luglio 2016
12:17
Tre arresti in provincia contro infiltrazioni della ‘ndrangheta nei subappalti dell’alta velocità
AGGIORNAMENTO: Sono tre gli arresti scattati in provincia di Alessandria, nell’ambito della maxi-operazione della direzione antimafia di Reggio Calabria su infiltrazioni della ‘ndrangheta in alcuni subappalti per la realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità, tra cui il Terzo Valico. In manette, nella giornata di martedì, sono finite complessivamente una quarantina di persone che risiedono tra Liguria, Calabria, Lazio e Piemonte. Come riportato da La Stampa a Trisobbio gli inquirenti ieri hanno arrestato Giampaolo Sutto, imprenditore genovese di 55 anni, per poi spostarsi a Serravalle Scrivia per eseguire l’arresto di Marianna Grutteria, 46 anni e poi a Novi, dove è stato arrestato Orlando Sofio, 62enne originario di Cittanova. Sono diverse le accuse mosse dagli inquirenti alla quarantina di persone arrestate in tutta Italia. Sono infatti contestati reati che variano da associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Gli investigatori hanno inoltre eseguito un sequestro preventivo di beni per un valore di circa 40 milioni di euro. Intanto, con una nota stampa, nella serata di martedì il Cociv ha precisato che “le informazioni sull’operazione non coinvolgono né hanno coinvolto il Consorzio stesso”. “Ciò che si registra – ha aggiunto – è solo la presenza di alcuni marginali fornitori di servizi, le cui società sono partecipate, in quota di minoranza, da alcuni dei soggetti sottoposti a custodia cautelare nel procedimento penale.
PIEMONTE – Sono una quarantina le persone arrestate tra Liguria, Calabria, Lazio e Piemonte nell’ambito dell’inchiesta della Polizia e della Dia su infiltrazioni mafiose in alcuni sub appalti per la realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità. Come riportato da Ansa, cosche della ‘Ndrangheta avevano messo le mani anche sul Terzo Valico. Le indagini, dirette dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, sono state divise in due filoni: uno, con il coordinamento del Servizio centrale operativo (Sco), è stato condotto dalle squadre mobili di Reggio Calabria, Genova e Savona; l’altro dal centro Dia di Genova, con la collaborazione degli uffici di Reggio Calabria e Roma. Gli inquirenti avrebbero accertato la presenza di “stabili collegamenti” con le famiglie di origine di esponenti dell’organizzazione da tempo in Liguria, attivi nell’edilizia e nel movimento terra. Le accuse nei confronti degli indagati variano da associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Gli investigatori hanno inoltre eseguito un sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari e di numerose società riconducibili agli indagati per un valore di circa 40 milioni di euro.
Intanto, con una nota stampa, il Cociv ha precisato che “le informazioni sull’operazione Alchemia non coinvolgono né hanno coinvolto il Consorzio stesso”. “Ciò che si registra – ha aggiunto – è solo la presenza di alcuni marginali fornitori di servizi, le cui società sono partecipate, in quota di minoranza, da alcuni dei soggetti sottoposti a custodia cautelare nel procedimento penale riportato dagli organi di stampa. L’enfasi con cui sono state diffuse le comunicazioni relative alle indagini della Procura di Reggio Calabria non può essere in alcun modo posta in relazione alle attività condotte dal consorzio, sempre esperite trasparentemente nel rispetto delle norme, avvalendosi delle attestazioni rilasciate dalle autorità competenti. Tutte le imprese coinvolte nei lavori sono munite di certificazione antimafia e molte fanno parte delle “white list” tenute presso le Prefetture.
Il Consorzio non ha la possibilità di impedire che a valle di un rigoroso controllo antimafia preventivo gestito dallo Stato, che esclude ogni contatto con organizzazioni criminali, ci siano fornitori di servizi minori per contratti di poche decine di migliaia di euro che possano essere indagati o arrestati su ordine della Procura della Repubblica.
E’ evidente, in ogni caso, la sproporzione tra l’entità concreta delle partecipazioni degli indagati nei lavori di realizzazione del c.d. Terzo Valico che, come visto, è ininfluente, rispetto alla correlazione, ingiustificatamente allarmistica, riportata dagli organi di stampa.
La diffusione indiscriminata di queste notizie getta un’ombra ed un inutile allarme sulla realizzazione del c.d. Terzo Valico e sugli appaltatori dei lavori”. In chiusura, dopo aver annunciato un esposto alla Consob, il Cociv ha precisato che “le attività del Consorzio procedono regolarmente e non ci sono stati impatti sui lavori”.