23 Ottobre 2016
22:05
La storia triste di Siradji. Oggi l’ultimo saluto
ALESSANDRIA – La storia di Siradji è una storia triste. Che racconta quanto possa essere beffardo il destino. Partito dalla Guinea Bissau per fuggire dalle violenze, aveva superato un viaggio pericoloso e pensava di aver trovato la serenità e la sicurezza in provincia. Invece una banale portiera aperta all’improvviso ha sbarrato la sua strada. Era in bici e stava andando al lavoro e tutti i suoi sogni sono volati via dallo zaino che portava con sé. Oggi, alle 12, nella moschea di via Verona 72 ad Alessandria, si terrà il funerale in attesa del viaggio per tornare in Africa. Presto partirà una campagna di crowdfunding per aiutare la famiglia di Siradji a sostenere le ingenti spese per il trasporto della sua salma in Guinea Bissau, ma in occasione della cerimonia chi vorrà potrà già lasciare una donazione.
Ecco la lettera dell’associazione Cambalache in ricordo di Siradji:
“Siradji è partito tante volte. Ha lasciato alle spalle la terra, i colori e i profumi del suo villaggio della Guinea Bissau, al confine col Senegal. Fuggiva dai soprusi e dalle violenze che i ribelli riservavano a lui e alla moglie, nella totale assenza di protezione da parte di quello Stato che tanto amava. Aveva due mesi l’ultimo dei tre figli, nato dal suo matrimonio d’amore con Youma, quando Siradji ha iniziato il lungo e pericoloso viaggio che lo ha portato fino a qui. Si è fermato in tanti Paesi lungo la strada, ogni volta con la speranza che quello fosse il luogo dove poter ricominciare, prima solo, poi con la famiglia. Con forza e determinazione, non si è mai arreso di fronte alle mancate opportunità e alle violenze fisiche e psicologiche che lo hanno attraversato. Divideva i pochi spiccioli tra la famiglia e le spese di viaggio e andava oltre. Solo la Libia l’ha fermato, qualche anno, il tempo di racimolare la somma per attraversare il Mediterraneo. Il 30 luglio 2015, Siradji è partito sfidando il mare. Da una nave all’altra, poi il porto, l’autobus e l’arrivo ad Alessandria.
Ogni mattina ripartiva Siradji. Uno zainetto con il permesso di soggiorno, il quaderno per studiare, il telefono per chiamare casa. La testa sulle spalle, il cuore innamorato, il sorriso sempre stampato sul viso. Siradji coglieva ogni opportunità che gli fosse concessa, faceva tesoro di ogni consiglio, partecipava con entusiasmo a ogni attività. Era determinato Siradji, responsabile, preciso, affidabile. Con umiltà e generosità, prendeva ciò che gli veniva dato, restituiva senza che gli fosse chiesto. Si impegnava per integrarsi in una società non troppo accogliente, che a lui aveva però restituito la pace, la speranza di ricostruire un futuro d’unione con Youma e i figli. Le sue fatiche iniziavano a dar frutto, assaporava la possibilità di un contratto di lavoro duraturo, di una casa dove riprendere ciò che anni prima era stato interrotto, il calore di persone attorno a sé che gli offrivano affetto e rispetto.
Quel venerdì mattina Siradji è partito per recarsi al lavoro, in sella alla bicicletta, con il solito zainetto sulle spalle. Non si aspettava l’aprirsi improvviso di una portiera, né il brusco arresto del suo respiro una settimana dopo. Un’ultima volta deve partire Siradji, un viaggio al contrario, per tornare in Patria ed essere pianto da chi non ha mai smesso di amarlo.
Questa volta però parte per restare. Nei ricordi di chi con lui ha sorriso, scherzato, pianto. Come esempio e ispirazione per chi è sul punto di arrendersi, per chi fatica a vivere nella semplicità, per chi non riesce a vedere la felicità nelle piccole cose, per chi ha voglia di riscatto e giustizia.”