16 Febbraio 2017
17:00
Prima quattro spari contro l’azienda e poi la porta data alle fiamme. L’intimidazione a un imprenditore acquese per estorcergli denaro
Nella foto il Comandante provinciale dei Carabinieri, Enrico Scandone, il Comandante della Compagnia di Acqui Ferdinando Angeletti e il Luogotenente del Nucleo Operativo e Radiomobile di Acqui Enzo Barilari.
ACQUI TERME – A febbraio dello scorso anno aveva trovato quattro proiettili di una pistola calibro 6,35 conficcati nella porta della sua impresa edile ad Acqui. Poi la chiamata intimidatoria. Una voce dall’altro capo del telefono gli aveva ordinato di “prepararsi a pagare”. A maggio il secondo avvertimento. Sempre nella notte, qualcuno era tornato davanti agli uffici dell’azienda e aveva dato fuoco alla stessa porta. Per fortuna l’imprenditore non si era lasciato intimidire e aveva subito raccontato l’accaduto ai Carabinieri. Ai militari della Compagnia di Acqui l’uomo aveva anche parlato “dell’aiuto” offerto da un uomo della zona, titolare di un negozio nella città termale. Dopo entrambi gli atti intimidatori il 60enne Natale Caruso si era sempre presentato dall’imprenditore con una scusa e aveva provato a convincerlo di essere finito nel mirino di un potente clan della ‘ndrangheta. Millantando conoscenze nell’ambiente, Caruso si era fatto avanti “per sistemare le cose” a fronte del pagamento di 5 mila euro.
Monitorati da quel giorno tutti gli spostamenti dell’uomo, i militari della Compagnia di Acqui al Comando di Ferdinando Angeletti a fine ottobre erano intanto riusciti a incastrarlo insieme a tre complici mentre tentava l’assalto a un bancomat di Rho. Arrestato e poi sottoposto ai domiciliari, Natale Caruso ora è stato portato in carcere su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino per l’estorsione, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti dell’imprenditore edile acquese.
Grazie all’operazione “Helvetia” del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Acqui, le porte del carcere si sono aperte anche per Maurizio Scerbo 57 anni, per il 34ene Daniele Carnevale, tutti e due già arrestati a fine ottobre sempre per il colpo a Rho, e anche il 43enne Petronel Dobos. I tre, tutti residenti nel torinese, sono accusati di furto aggravato insieme a Caruso.
Proprio seguendo i frequenti viaggi dell’acquese tra la Lombardia e il Piemonte e intercettate le varie comunicazioni, i militari sono riusciti a collegare i quattro ad alcuni colpi messi a segno tra settembre e ottobre a Torino e Acqui. I “giri” fuori zona, apparentemente senza meta, servivano infatti a individuare e studiare gli obiettivi dei colpi, come una tabaccheria in Corso Traiano a Torino, svuotata di numerose stecche di sigarette e del denaro contante trovato nella cassa il 19 settembre. Quattro giorni dopo la banda aveva anche tentato l’assalto al bancomat dell’ospedale di Pinerolo, ma era stata costretta a fuggire a mani vuote perché disturbata dall’arrivo di alcune persone. Era andato a segno, invece, il furto di due slot machine e denaro contante in un bar in via Breglio a Torino il 6 ottobre. Forse già pronti a mettere a segno il colpo al bancomat di Rho, la banda tra fine settembre e i primi giorni di ottobre aveva deciso di fare “visita” a una ferramenta di Acqui per fare incetta di schiuma poliuretanica e di tutti gli altri arnesi da scasso normalmente utilizzati per agire. Entrati in azione nella palazzina disabitata di fianco alla filiale della Bnl di Rho, a fine ottobre Caruso, Scerbo e Carnevale si erano però trovati davanti i Carabinieri di Acqui e le manette. In quel colpo Dobos non c’era ma gli altri elementi raccolti durante le indagini hanno fatto scattare anche nei suoi confronti l’ordinanza di custodia cautelare del Gip di Torino. Controllate da cima a fondo anche le abitazioni dei quattro, i Carabinieri di Acqui hanno sequestrato a casa di Scerbo e Caruso valigie piene di arnesi da scasso. Veri e propri kit da professionisti, con tanto di bombole e cannelli per far saltare gli sportelli bancomat. In casa di Caruso anche tre pistole giocattolo molti simili a quelle usate dalle forze dell’ordine, tutte prive del tappo rosso.