Autore Redazione
domenica
29 Aprile 2018
06:30
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Eventi - Alessandria

Un nuovo stile. Recensione de “La bisbetica domata” al Teatro Ambra

Un nuovo stile. Recensione de “La bisbetica domata” al Teatro Ambra

ALESSANDRIA – “Pare che l’una abbia domato l’altro”. Questa ultima frase suggerisce la chiave di lettura de “La bisbetica domata” della Compagnia Teatro della Juta/ Commedia Community, per la regia e l’adattamento di Luca Zilovich, che, dopo il debutto tutto esaurito al Teatro della Juta di Arquata, ha registrato il sold out al Teatro Ambra, sabato 28 aprile, nell’ambito della stagione Ambra Brama di Musica e Teatro.

Parecchi gli elementi innovativi della messa in scena, azzeccati grazie anche alla maturità, in un terreno diverso dai precedenti musical,  raggiunta dalla compagnia. Si incastrano metateatro, commedia dell’arte e un finale che stempera lo sciovinismo maschilista in un più accettabile dono reciproco di sé alla base dell’amore. La vicenda  di una compagnia italiana di guitti della commedia dell’arte che, in Inghilterra, decide di recitare Shakespeare, si interseca con “La bisbetica”. I ruoli tradizionali sono intrecciati a quelli delle maschere della commedia dell’arte e dei comici della compagnia, alleati nel fronteggiare un capocomico, che, poco democraticamente, spara (seppur a salve) ad ogni loro critica. Il contesto metateatrale si distacca totalmente da quello pensato da Shakespeare, che pure aveva incastonato la commedia  in un’altra storia, e l’effetto è esplosivo per comicità e raffinatezza. La trama vede Battista, gentiluomo padovano, deciso a non dare in sposa la corteggiata figlia Bianca, finché la maggiore Caterina, la bisbetica, non troverà marito. Sarà Petruccio, uomo d’avventura e bisognoso di denaro, a domarla, con un corteggiamento prepotente di parole cortesi e gesti feroci.

E’ una girandola veloce, che parte prima dello spettacolo, con i protagonisti in scena nei panni di commedianti, e continua con la scelta del testo shakespeariano e la sua rappresentazione. Anche nei momenti di maggiore immersione nella vicenda di Petruccio e Caterina, la presenza a latere del servo di scena/suggeritore (Marta Brunelli, poi anche nei panni di un servitore/Zanni), ricorda  le dinamiche della compagnia di guitti, segnate dal protagonismo di qualcuno, dalle imposizioni del capocomico e dalla penuria di denaro.

 Il taglio registico di Zilovich (anche in scena in più ruoli, tra cui quello di un impettito Gremio, spasimante di Bianca) spicca sia nelle linee guida, che dirigono con modernità la commedia oggi più antistorica del bardo, sia nei particolari gustosi, che strappano la risata. Impossibile non citare la parlata anacronisticamente siciliana di Battista/Christian Primavera, un Pantalone da cui ci si aspetterebbe (e infatti si ride per il contrasto) un eloquio veneto. La stessa parlata è ripresa nei momenti di furia dalla bisbetica/Erica Gigli, che regge bene la parte di irosa, infine disperata. Ottime le scene di scontro fisico, quasi danzato, con il bravissimo Petruccio/Giancarlo Adorno, credibile nel compito non facile di fondere arroganza, arguzia e, come questo adattamento prevede, comprensione e intesa finale. Simone Guarino si divide tra la parte dell’innamorato di Bianca e quella del jolly della compagnia; in queste vesti salta, si preoccupa delle scene tagliate e intrattiene il pubblico recitando il sonetto “Amore non è amore”. E’ chiamato “vis comica” dai compagni (e chi scrive se ne sente responsabile, oltre che divertita,  a causa di una sua precedente recensione) e conferma una personalità di spicco, che anima di vita particolare il suo Lucenzio, togliendogli ogni venatura stucchevole. Una nota particolare di merito alla versatilità di Francesca Pasino, nelle parti della dolce Bianca e del servitore di Petruccio, interpretato con la gestualità dinoccolata e il fare furbo e al contempo sciocco di un Arlecchino.

Il successo evidente di pubblico ha confermato la riuscita di un esperimento di stile, sfociato in una singolare sincretizzazione, in cui sono confluiti lo studio e la passione di Zilovich per la commedia dell’arte, la sfida nei confronti di un testo “antipatico” alla sensibilità contemporanea e il lavoro di un gruppo di interpreti coesi e sempre perfettamente in parte.

A presto la prossima replica, che mi sento decisamente di consigliare.

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