Autore Redazione
domenica
26 Agosto 2018
11:26
Condividi
Eventi

La narrazione perfetta. Recensione di “Giobbe” a Paesaggi e oltre

La narrazione perfetta. Recensione di “Giobbe” a Paesaggi e oltre

COAZZOLO – Con una magistrale prova di teatro di narrazione, che un grande Roberto Anglisani ha presentato, sabato 25 agosto,  nelle enormi cantine millenarie del Castello di Coazzolo, è terminato “Paesaggi e oltre, teatro e musica d’estate nelle terre dell’UNESCO”, con la direzione artistica del Teatro degli Acerbi.

La serata è stata lunga ed è iniziata prima di cena con la presentazione, nel parco del Castello, una gioia per gli occhi, del primo abbozzo di quello che diventerà un reading su Cesare Pavese. Fabio Fassio del Teatro degli Acerbi, Massimo Carcione, studioso e nipote di Pavese, e la musicista Elisa Zeppa, hanno parlato dello spettacolo in preparazione per la rassegna “Cuntè Munfrà”, incentrato sul Pavese “paesano”, ovvero nel suo rapporto viscerale con i luoghi nativi, le vigne e la terra. Fulcro del progetto, due lettere inedite e due poesie dello scrittore, preziosi documenti letti da Fassio direttamente dalla calligrafia originale di Pavese.

Dopo l’apericena nel bel giardino all’italiana, Roberto Anglisani, tra le antiche pareti delle cantine, ha dato vita, di fronte ad un pubblico numerosissimo,  a “Giobbe”, riscrittura di Francesco Niccolini  (anche regista) del romanzo di Joseph Roth.

La storia dell’ebreo Mendel Singer, povero maestro di bibbia di poveri bambini, che sembra uscito con il suo cappello e il suo abito nero da un quadro di Chagall, attraversa un periodo storico e due continenti. La sua vita si dipana tra la prima guerra mondiale, combattuta sul fronte zarista da uno dei suoi figli, l’emigrazione in America e le divisioni familiari in balìa degli eventi. Di fronte a tanti sconvolgimenti, Mendel  subisce rassegnato, rimane radicato nella fede e nelle tradizioni ebraiche, quelle native dello scrittore di tanti capolavori come “La marcia di Radetzky”. Raggiunta la serenità familiare, il protagonista si vede privato di tutto e la sua fede è messa a dura prova da lutti terribili che lo colmano di un dolore maestoso. Il suo viso, sembra di vederlo attraverso le parole, diventa “splendido e tremendo”, in una parabola di esistenza inspiegabile come quella del Giobbe biblico, uomo giusto gettato nella sventura più nera dalla volontà divina e solo alla fine ricompensato.

Anglisani dà una prova superba di teatro di narrazione. Ricostruisce un mondo lontano e un modo di sentire radicato in una cultura forte e intransigente, racconta e modula la voce per caratterizzare i tanti personaggi. Il registro dello stupore e del dolore assoluto del protagonista si alterna alle recriminazioni della moglie, ad accenni ironici e alla gustosa caratterizzazione con accento mitteleuropeo del furbo ebreo Kapturak, faccendiere che risolve, a pagamento, ogni problema burocratico. Il climax è segnato dall’annuncio della morte di Sam, il figlio naturalizzato americano, simbolo della rinascita nell’integrazione e del nuovo benessere. Letteralmente si vede la sventura che si abbatte sulla famiglia e su Deborah, la madre che si strappa i capelli e muore di crepacuore.  E’ un narrare per immagini che si rincorrono, catturano l’attenzione e non la lasciano mai cadere tra tragedia, atmosfera fiabesca (e ancora viene in mente Chagall) e sottile umorismo yiddish.

“Giobbe, romanzo di un uomo semplice” di Roth è stato definito un romanzo perfetto. Certamente “Giobbe”, nella riscrittura sintetica e di effetto di Niccolini e nell’interpretazione precisa e affabulante di Anglisani, raggiunge, a sua volta, la perfezione e il riconoscimento del pubblico ha reso merito a tanta bellezza.

Un finale di altissimo livello per Paesaggi e oltre, promosso dalla Comunità Collinare con il contributo di Regione Piemonte, Fondazione CRAsti e Fondazione CRT.

Condividi