23 Settembre 2018
10:19
La favola della nostra giovinezza. Recensione di “Favole napoletane”
ALESSANDRIA – “Ci simme scordàt tutt’e cose”
E’ un torrente di ricordi, personali e collettivi, “Favole napoletane”, di e con Luigi di Carluccio, presentato dalla compagnia Gli Illegali, sabato 22 settembre, per l’ultimo appuntamento della rassegna “Chiostro in una notte di mezza estate”, organizzata da Redazione Blogal con il contributo di Fondazione SociAL, presso il chiostro di Santa Maria di Castello.
Tanto il pubblico che ha affollato, tra le arcate, gli alberi e sotto il campanile della chiesa, quello che è sicuramente uno dei luoghi più degni di essere vissuti di Alessandria, nell’ambito di una rassegna parte di Borgo del Teatro, progetto ampio e volto a realizzare un polo teatrale permanente all’interno del Chiostro di Santa Maria di Castello. Lo spettacolo è stato preceduto da “Il fosso della vergona”, presentato dalla compagnia amatoriale I Tr’Attorini, formata da ragazzini di Rivarone, a cura dell’Associazione ARCA Rivarone e liberamente tratto da un testo di Franco Zaffanella. Emma, Jacques, Laura, Leonardo, Paolo e Sara hanno impersonato dei rifiuti abbandonati in un fosso, toccando, scherzosamente ma anche seriamente, come i giovanissimi sanno fare, argomenti di valore sociale ed ecologico.
“Favole Napoletane”, diretto da Renza Borello e Lorenza Torlaschi, è un flusso di pensieri che scaturisce da fotografie, in questo caso appese ai rami di un bellissimo e antico albero che contribuisce alla scenografia. Sono i ricordi ordinari, più che straordinari, di un emigrato di seconda generazione, in cui confluiscono tratti autobiografici del protagonista, ma anche una memoria collettiva in cui è facile ritrovarsi. Il carattere della narrazione è esilarante ed è proprio la sua normalità, ritenuta stravaganza negli anni ’70 ed ’80, a far scaturire il riconoscimento e la risata. Di Carluccio racconta delle domeniche al mare con il pranzo in spiaggia preparato dalla mamma napoletana, della colossale frittata ai maccheroni, di cosa vuol dire tifare Napoli negli anni ’80 per un bambino ad Alessandria e molto altro. Trovano posto, nel continuum ormai innescato, anche due favole notissime, modificate dalla parlata e dal carattere partenopeo, che sembrano dare il senso di un modo altro di interpretare anche l’immaginario infantile. La narrazione di tutto ciò scorre con la leggerezza della nostalgia per ciò che eravamo e con il metro di giudizio di un ragazzino (non a caso il consulente artistico è Teseo di Carluccio, figlio del protagonista, che ha filtrato le vicende con l’occhio della sua giovanissima età) diviso tra sud delle vacanze estive con i parenti e nord della quotidianità. L’atmosfera è quella della napoletanità repressa in nome dell’integrazione, della musica (della fisarmonica di Pietro Ariotti), che accompagna le inflessioni già musicali della lingua napoletana, di un passato che rimane dentro. Perché ci siamo scordati ogni cosa: tutto ciò che appariva inaccettabile e diverso oggi è normale, lo è sempre stato, e la storia si ripete ogni volta che si entra in contatto con diversi modi di vita.
Si ride molto, come si può ridere di una società che abbiamo vissuto, di una giovinezza collettiva di cui si riconoscono la poca saggezza e gli errori grossolani. E’ un paradosso, “Favole napoletane”, ma un paradosso reale e ben congegnato, guidato da una regia che enfatizza la mimica e il dialetto per creare un crescendo di ilarità che non tralascia la riflessione. Una bella prova per Luigi Di Carluccio e per la Compagnia Gli Illegali, che sempre partecipa in maniera corale ad ogni nuova produzione.