Autore Redazione
sabato
27 Dicembre 2014
15:26
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Eventi

L’amore e il dolore nell’arte di Frida Kahlo e Diego Rivera

L’amore e il dolore nell’arte di Frida Kahlo e Diego Rivera

GENOVA – E’ un omaggio ai colori e all’anima di due icone della cultura messicana e dell’avanguardia artistica del’ 900 la retrospettiva “Frida Kahlo e Diego Rivera” a Palazzo Ducale di Genova, un denso excursus aperto fino all’8 febbraio del 2015 con l’esposizione di 130 opere e 80 fotografie che hanno immortalato attimi di vita della famosa coppia. Una mostra che racconta l’evoluzione artistica dei due pittori, l’inscindibile legame che li unì fino alla scomparsa di Frida e l’entourage di intellettuali, mecenati, artisti, politici del loro microcosmo.

Vent’anni di differenza, due personalità, percorsi e cifre differenti ma straordinariamente complementari. Diego Rivera (1886 -1957), dal tratto essenziale, incisivo e dalle cromie brillanti é più idealista, cantore della rivoluzione messicana, sensibile alle tematiche sociali e politiche del suo tempo e del suo paese, convinto assertore dell’arte al servizio del popolo. Un artista già affermato quando conobbe Frida, ben inserito all’interno delle avanguardie del suo tempo, riconobbe da subito il talento della allora giovanissima pittrice tanto da diventarne il pigmalione. Un rapporto di stima artistica reciproca e un rapporto d’amore che li portò a sposarsi per ben due volte. Nel connubio Kahlo e Rivera l’antologica ripercorre l’amore intenso, la passione, i tradimenti da ambo le parti, le separazioni, i tormenti, le riconciliazioni di una coppia indissolubilmente legata “Se soltanto avessi vicino a me la sua carezza come l’aria accarezza la terra la realtà della sua persona, mi farebbe più felice, mi allontanerebbe dalla sensazione che mi riempie di grigio. Nulla dentro di me sarebbe più così profondo, così definitivo. Ma come gli spiego il mio enorme bisogno di tenerezza! La mia solitudine di anni. La mia struttura non conforme per disarmonia, per inadeguatezza….”(Frida Kahlo).

La Kahlo rispetto a Rivera (1907-1954) é autobiografica, più complessa e tormentata, centrata sul suo doloroso vissuto e più autorappresentativa, basti pensare ai numerosissimi autoritratti che produsse. Uno sguardo enigmatico e penetrante, che incantava per la profondità, indipendente, dallo stile apertamente anticonformista, ironica, disinibita e sessualmente libera, tutti elementi che contribuirono a rendere l’artista una figura particolarmente affascinante, magnetica, amata per il talento e la straordinaria forza d’animo e personalità. Un’icona che ha alimentato molte leggende.

Nonostante la vita segnata dalla sofferenza fisica, a 6 anni dalla poliomelite che le lasciò tracce indelebili alla gamba destra, un pauroso incidente che le fratturò in più punti la colonna vertebrale e il bacino, 32 operazioni, tre aborti e negli ultimi anni della sua vita un busto d’acciaio e l’amputazione di una gamba.”Io non sono malata, ma sono rotta, distrutta”, non si rassegnò mai. La sofferenza fisica, la malattia, la desolazione, la solitudine, l’amore per Rivera sono le tematiche che ricorrono nelle sue opere nelle quali esprime, sublima e allevia il suo dolore. La pittura sarà per l’artista una sorta di strumento terapeutico “Sono felice solo quando dipingo.”. Una pittura figurativa che in chiave simbolica, surreale, ma in particolar modo attraverso il realismo magico racconta l’universo, le radici, le sensazioni che Frida vive, il travaglio della sua sofferenza. Il realismo della pittrice messicana talvolta é straordinariamente crudo tanto da superare quello sociale di Diego Rivera ma a differenza di quest’ultimo lei trasferisce la realtà in una dimensione onirica, fantastica, mitica. Raramente le sue opere hanno un taglio politico o sociale come lo furono per Rivera, testimone fedele della storia del suo paese, pur sposando, come il compagno, il comunismo e le motivazioni delle rivendicazioni del suo popolo.

Nella pittura di Frida c’é il retaggio dell’arte popolare messicana e una spiccata dualità tra vita e morte, femminile e maschile, dolore e allegria, forza e fragilità di una donna che é stata simbolo anche di un femminismo ante litteram, come lo fu nel ‘600 Artemisia Gentileschi. Come già detto precedentemente Frida produsse una numerosissima serie di autoritratti, dove non si dipingeva mai bella, “Dipingo autoritratti perché sono spesso sola”, tra questi Autoritratto con collana (1933), dallo sguardo triste, nostalgico. Opera assolutamente simbolica è Autoritratto dentro a un girasole (1954), che allude all’amore che consuma, come il girasole (Frida) che appassisce per il calore del sole che tanto ama. Surreale invece Autoritratto con scimmie (1943) mentre in Frida e l’aborto (1932) con crudo realismo racconta l’esperienza dell’aborto. Assolutamente di forte impatto emotivo e autobiografico la Colonna spezzata (1944), nell’opera l’artista ha dipinto se stessa imprigionata in un busto d’acciaio che nello stesso tempo la tiene insieme, lo squarcio rende visibile le fratture della colonna e dai suoi occhi sgorgano lacrime.

Pur se la matita alleggerisce la potenza del racconto L’incidente (1926) che le lasciò dolorosi lesioni, é di forte impatto. Di connotazione surreale Autoritratto al confine fra Messico con Stati Uniti D’America (1932), nell’opera Frida è al centro di un paesaggio che rappresenta da una parte i simboli delle sue radici, del Messico e dall’altra fabbriche, grattacieli, metalli, simboli degli Stati Uniti, sono il passato e la tradizione che si contrappongono a innovazione, futuro.

In Le due Frida (1939) rappresenta se stessa in due versioni, quella con il vestito bianco insanguinato e quella vestita con abiti messicani con una medaglia tra le mani che raffigura Rivera, simbolo, la prima dell’amore che ferisce (la separazione dal marito) mentre la seconda della donna amata dal compagno. Tutte e due, le figure hanno il cuore esposto, una vena unisce il cuore sano con quello ferito. Nel “L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra, Diego io e il signor Xolotl” (1949) l’artista rappresenta lo stretto legame tra uomo e natura, un’armonia cosmica rappresentata da una terra che simbolicamente abbraccia Frida che ha a sua volta tra le braccia un bimbo con il volto adulto di Rivera. Tra i disegni anche karma, compositum che raccoglie i pensieri più intimi e le fantasie erotiche di Frida.

Le opere di Rivera come già detto vibrano di intensa passione civica basti pensare ai suoi noti murales, nei quali coniuga l’antico, la tradizione con il moderno, ma il suo talento pittorico è riscontrabile in tutte le sue opere. Splendidi i suoi ritratti: come quello della sorella di Frida, Cristina Kahlo (1934), il sensuale Ritratto di Frida nuda (1930), ritratta su un letto mentre si sta ‘stirando’, o il ritratto della splendida Natasha Gelman (1943), dipinta in posa sensuale con un lungo abito elegante, attorniata da bianche calle. La moglie del produttore cinematografico fu dipinta anche da Frida nello stesso anno, ma con un realismo più accentuato. Più simbolica, per lo sguardo inquietante della donna, Mandragora (1939), mentre nel Ritratto di Edsel B. Ford (1932) si intuisce tutta l’ammirazione che Rivera aveva per l’industriale automobilistico, simbolo di innovazione. Surrealista il Paesaggio di cactus (1937) con gli antropomorfi cactus. Oltre alle bozze dei suoi famosi murales di taglio politico o di testimonianza della rivoluzione tecnologica, industriale, in esposizione anche Album di schizzi italiani (1920-1921) realizzati durante il viaggio in Italia intrapreso per conoscere i pittori rinascimentali, una ‘contaminazione’ che determinò una modifica al suo stile.

Una mostra assolutamente ricca ed emozionante, da non perdere.

Maria Cristina Pesce Bettolo

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