19 Gennaio 2015
15:00
L’incanto e l’enigma. Felice Casorati ad Alba
ALBA – E’ imperdibile la retrospettiva “Felice Casorati. Collezioni e mostre tra Europa e America”, promossa dalla Fondazione Ferrero ad Alba, nell’accogliente sede langarola dal profumo di cioccolata. L’antologica, curata dalla storica Giorgina Bertolino e aperta al pubblico fino al 1° febbraio, raccoglie sessantacinque opere del pittore piemontese, provenienti da musei nazionali ed internazionali. Una raffinata antologica, non cronologica e non tematica il cui filo conduttore é la storia delle grandi esposizioni europee, americane, le Biennali di Venezia e quelle universali a cui il maestro partecipò tra il 1907 e il 1950, percorso che parallelamente racconta la ricerca e l’evoluzione del linguaggio casoratiano.
Felice Casorati (1883- 1963), uno dei più grandi maestri dell’arte del Novecento, tanto criticato in Italia quanto omaggiato all’estero, nella sabauda Torino dove si era stabilito definitivamente nel 1921 e aveva fondato una scuola per giovani artisti, trovò riflesso il suo stile, essenziale, schivo, solitario.
E’ nei ritratti e nelle figure che il colto maestro ha espresso al meglio la sua poetica, i suoi volti pur nella loro staticità sono intensi ed espressivi, le figure avvolte da un’atmosfera enigmatica, misteriosa, soffusa di luce e di ombre. Le sue scene difficilmente raccontano una storia ma mettono a fuoco gli stati psicologici dei personaggi che sembrano calati in un silenzio irreale come avessero sùbito una malìa, sospesi, all’interno di un silenzio d’altra dimensione, in un tempo senza tempo, rivestiti da un velo di malinconia. Casorati con il realismo magico ci accompagna per mano in un mondo poetico, silenzioso, intimo, pieno di eleganza e grazia. Opere colme e dense di risonanza emotiva, come le sue mani, così eloquenti nella loro gestualità o immobilismo, composizioni essenziali che hanno una straordinaria musicalità e dolcezza nello spazio calibrato, nell’equilibrio cromatico dal tratto così composto e dall’armonia delle forme. Un pittore che amava dipingere non l’apparenza delle cose ma la verità, ‘l’anima’ di quello che vedeva.
Il pittore possedeva una straordinaria tecnica che gli permetteva di elaborare velocemente attraverso il suo personale registro stili diversi, dagli esordi secessionisti del primo novecento a quello espressionista, da quello neoclassico a quello metafisico, dal surrealismo al realismo magico. Ma in ogni sua rielaborazione c’é una padronanza e un’eleganza nel tratto assoluti, riscontrabile anche nelle opere esposte ad Alba.
La mostra dall’allestimento classico e pulito si apre con l’aristocratico e intenso Ritratto della sorella Elvira (1907), il quadro presentato alla Biennale di Venezia nello stesso anno, raffigura il portamento regale dell’elegante sorella dal profilo aquilino, l’abito nero di seta, i guanti, la trasparenza della veletta, lo sfondo nero, compongono una rivisitazione dei ritratti del ‘600 delle nobili dame. Ma le sovrapposizioni cromatiche scure,la gracilità ossea e il candore della pelle trasmettono un senso di spettralità. Mentre ne Le vecchie comari (1908-1909) dalle tonalità brunastre, Casorati influenzato dallo stile della pittura fiamminga che aveva a lungo studiato, raffigura in un interno un gruppo di anziane donne avvolte nei loro scialli. Nella composizione il maestro piemontese dai tratti del volto e dagli sguardi femminili fa emergere con gran maestria i caratteri di ognuna, mentre quella seduta, un po’ china, pare assorta dal carico dei ricordi.
Ne Le ereditiere (1910), esposto alla Biennale di Venezia del 1910 due giovani donne, una delle due volge lo sguardo verso lo spettatore mentre l’altra su uno sgabello più in basso con il busto leggermente inclinato in avanti e verso la sorella sembra osservare i due cagnolini, la morbida e calda pennellata dello sfondo e del pavimento dalla tonalità della terra di Siena con la luminosità dei volti delle braccia e della mani contrasta con le cromie scure degli abiti delle calze e delle calzature. La composizione trasmette un’atmosfera di attesa ma anche di noia. In bambina che gioca su un tappeto rosso : effetto di sole (1912), la giovane fanciulla é adagiata di traverso sopra un tappeto dalle cromie vivide e delicate, che appare più immenso per la luce che lo colpisce da una fonte proveniente dall’alto. Sparsi vicino alla bimba molti giocattoli e un cagnolino, eppure nonostante la luminosità e il colore del tappeto lei é assorta, triste, si respira un senso di solitudine.
Nel metafisico Ritratto di Anna Maria De Lisi (1918), la donna, al centro della scena é all’interno di una sala con pareti asimmetriche e tramezze di legno, uno sguardo di sgomento dall’occhio visibile, spalancato e segnato, reso ancora più drammatico dall’ombra che copre parte del volto, dalle mani incrociate sull’abito grigio cangiante e dal biancore del petto e del volto. De La donna e l’armatura (1921) sono fascinosi e simbolici i contrasti, la bianca fredda luce che proviene dalla finestra e il calore caldo dell’interno riflesso dalle sfumature del telo su cui é seduta la figura femminile, la rigidità della scura armatura e la morbidezza del corpo rosato femminile .
Nella nota icona casoratiana, Beethoven (1928) che raccoglie appieno la poetica del pittore, la figura della fanciulla é enigmatica, sospesa nel tempo nella sua posa statica, lo sguardo in parte in ombra, lo specchio dietro di lei ne riflette la schiena, lo strumento musicale e lo spartito sulla sedia, un cagnolino vicino, anche lui statico, il candore sgargiante dell’abito e della calzamaglia. Un immobilismo che segna un tempo indefinito.
Nello stile neoclassico Ritratto di signora (1922) che raffigura Cesarina Gualino, moglie di Riccardo Gualino, uno dei più noti committenti di Felice Casorati, ricorda le dame rinascimentali nella postura, un libro aperto davanti a lei, splendida la mano e lo sguardo diretto verso il visitatore, mentre è una sintesi di suggestioni rinascimentali e fiamminghe il ritratto di una ieratica Hena Rigotti (1924). Molto bello anche il ritratto della bellissima ballerina Raya (1924-1925) avvolta in una splendida, avvolgente e morbida cappa e Giannina (1932), un mezzo busto femminile il volto leggermente inclinato e malinconicamente assorto, le mani intrecciate, ma quello che colpisce sono le delicate cromie, il rosato dell’incarnato il tenue azzurro della veste e uno sfondo dai colori terrosi, la figura sembra stia per dissolversi.
Conversazione platonica (1925) attira per il netto contrasto tra l’uomo vestito e la donna nuda, lui quasi pensoso e lei invitante nella nudità e morbidezza delle pieghe del corpo. Un’opera che forse vuole rappresentare simbolicamente la razionalità maschile a fronte dell’istintività femminile, il pensiero maschile represso a scapito di una possibile felicità .
Diverse le nature morte esposte, come Le mele sulla Gazzetta del Popolo (1928) con i frutti di un verde luminoso che sembrano appena staccati dall’albero, appoggiati sopra una Gazzetta del Popolo sbiadita, metafisiche invece le bianche Uova (1920) consistenti.
Più inquietante ed enigmatica la natura morta Manichini (1924) con le due teste di donna e un mandolino sopra un tavolo, riflessi in uno specchio e la testa che spunta di un uomo che osserva in un angolo, nello sfondo.
Prende spunto dalla mitologia la simbolica visione onirica Icaro (1936), con il fanciullo disteso, dal bel viso, nudo e addormentato sopra un telo verde che come morbide ali si piegano sui lati, un bastone vicino e lo sfondo scuro dei monti lambito da una scia di luce. Nell’opera La Carità di San Martino, uno dei pochi dipinti di Casorati che racconta una storia legata ai santi come quelle del Quattrocento, di Raffaello e del Mantegna, nella posizione centrale del quadro un uomo sta per coprire con un telo verde le nudità del fanciullo di schiena, dietro di lui, una donna si mette le mani sulla testa, sbigottita, sulla destra un cavallo nero con un cavaliere con una lancia. Il quadro trasmette il senso della compassione umana mentre ne L’Astemio (1929-1930) le cromie brillanti evidenziano il taglio caricaturale del quadro.
Ne Le Sorelle Pontorvo (1937) la scena rappresentata é all’interno di una stanza dal basso soffitto, una madre sta allattando il proprio bambino mentre le sorelle la osservano, l’atmosfera é raccolta, intima e anche meditativa ma la luce che aleggia nella stanza assegna all’ambiente un senso di astrazione.
Maria Cristina Pesce Bettolo