22 Marzo 2015
23:50
L’adolescenza eterna ed universale. Recensione di “Risvegli” al Sociale di Valenza [FOTO]
VALENZA – L’adolescenza è il tempo dei turbamenti , del “tormentoso e snervante dubbio su tutto”, dei desideri invasivi e prepotenti.
Domenica 22 marzo al Teatro Sociale di Valenza la compagnia Aria Teatro ha presentato “Risvegli”, tratto dal dramma “Risvegli di primavera” di Frank Wedekind, per la regia di Roberto Tarasco.
Il testo originario, composto nel 1891, criticava aspramente la morale bigotta e ipocrita che imponeva un modello educativo repressivo e dagli esiti nefasti.
Nell’allestimento di Roberto Tarasco i protagonisti Melchior, Moritz e Wendla (Gianni Bissaca , Marco Alotto e Chiara Benedetti) vivono il dramma adolescenziale dipinto da Wedekind , ma non sono adolescenti. L’età dell’adolescenza si è dilatata, i dubbi e le aspettative oggi appartengono a tutta l’esistenza e la resa obbligata all’età adulta, piatta e falsa, è già insita nella dicotomia tra le parole pronunciate e l’aspetto dei personaggi.
Sulla scena priva di quinte, i banchi e gli arredi di una classe. Tre adulti, vestiti da giovinetti, pettinano delle teste di manichino, mentre un insegnante (Denis Fontanari, che interpreta tutti i ruoli adulti) introduce al testo di Wedekind, ritenuto scandaloso. In loro coesistono un adulto potenziale, arreso alle convenzioni e privato di aneliti vitali, e un adolescente dotato di pulsioni e speranze: due teste, due età e due approcci opposti.
Lo spazio muta con lo spostamento dei banchi e tutta l’azione si svolge in un’epoca indefinita, laddove i riferimenti suggeriscono l’oggi (il testo scandaloso letto da Melchior, il più informato del gruppo, è l’attuale “Sottomissione” di Houellebecq e non il Faust di Goethe, come in origine).
Le teste di manichino si moltiplicano, diventano oggetto di gioco o simbolo di violenza, gettate a terra a simboleggiare la morte per aborto di Wendla, che sconta l’incapacità educativa della madre, che non le ha rivelato come nascono i bambini.
Sempre le teste colmano la scena nel finale, calando dall’alto e troneggiando impalate sulle gambe dei tavoli ribaltati. Rappresentano la duplicità verità/menzogna, ma anche la morte, la rappresentazione del cimitero dove Melchior, contrariamente a Moritz che, dopo essersi suicidato, gli appare e lo invita a fare altrettanto, decide per la vita e “diventa grande”, abdicando al reale istinto vitale.
Un finale apparentemente speranzoso, in realtà un triste scivolare nella rigida etichetta che tutto spegne.
Singolare la lettura del testo in chiave universale. La psiche segue le stesse contorte vie in tutte le epoche, ciò che cambia è la permanenza di un atteggiamento mentale, oggi costante e non relegato solo alla prima giovinezza. In questa chiave è geniale la trasposizione di vicende adolescenziali in un non-luogo che potrebbe essere ovunque e con interpreti non adolescenti che possono avere qualunque età.
Una versione decisamente inedita e da vedere di un classico.
La stagione APRE al Teatro Sociale di Valenza continua domenica 29 marzo con Operetta burlesca della Compagnia Sud Costa Occidentale per la regia di Emma Dante.
Nicoletta Cavanna
FOTO DI WALTER ZOLLINO