Autore Redazione
domenica
10 Maggio 2015
22:52
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Eventi

Feydeau, ovvero la genialità dell’ironia. Recensione de “Il gatto in tasca” degli Stregatti al Teatro San Francesco

Feydeau, ovvero la genialità dell’ironia. Recensione de “Il gatto in tasca” degli Stregatti al Teatro San Francesco

ALESSANDRIA – “Voglio fare il gentiluomo e non voglio più servir”

Il Don Giovanni di Mozart è la colonna sonora e il perno dell’equivoco su cui ruota “Il gatto in tasca” di Feydeau nell’allestimento della Compagnia Teatrale Stregatti, per la regia di Gianluca Ghnò, messo in scena domenica 10 maggio al Teatro San Francesco di Alessandria.

La pièce gioca su una serie di malintesi generati da uno scambio di persona. Il signor Pacarel (Claudio Vescovo), borghese ricco e incolto, ingaggia un tenore per mettere in scena il Don Giovanni di Mozart, nell’improbabile versione riscritta dalla figlia, mentre al suo posto si presenta un giovane debosciato dalla fama di don giovanni (nell’accezione di conquistatore senza scrupoli), che crea lo scompiglio tra le donne della famiglia.

La regia di Ghnò (anche in scena nelle vesti comicissime dell’amico medico di Pacarel) mantiene il testo originale, di per sé esilarante, sottolineandone alcuni aspetti. E’ enfatizzato in particolare il personaggio del maggiordomo, nella versione Stregatti tenore talentoso (un bravissimo Luca Bertolotti, mefistofelico nella frustrazione e ottimo cantante), che  incarna le parole del Don Giovanni nel desiderio di riscattarsi dal ruolo di servitore bistrattato. Il taglio registico contrappone costantemente il vero tenore, non riconosciuto e umiliato, all’impostore, giocando sull’esasperazione che la situazione genera. Sempre Luca Bertolotti interpreta in modo smaccatamente marcato ed esilarante il ruolo effemminato del fidanzato della figlia di Pacarel, altro aspetto presente nel testo e, per scelta, accentuato.

Notevoli le sfaccettature che Michele Puleio riesce a donare al non facile (in quanto permeato di sciocca presupponenza e quindi a rischio di banalità) personaggio del falso tenore. Meritevole il passaggio continuo dall’indolenza debosciata ad una vena di calcolo e furbizia che, alla fine, prevale.

Su tutto risalta la tempistica perfetta da cui sortisce un effetto comico che strappa ripetutamente la risata. Irresistibili le scene au ralenti, mentre i protagonisti si accorgono dell’errore commesso e la catastrofe diventa evidente nelle loro contorsioni grottesche.

Lo spirito del testo originario è mantenuto anche in alcuni particolari degli abiti, come i pennacchi floreali sulle capigliature femminili, chiaro richiamo alla belle époque, come gli abiti eleganti e le perle da ricca borghesia.

In scena anche una splendida Assunta Floris nel ruolo della moglie del dottore, divertente e puntuale in ogni sua espressione, Valentina Sivieri e Sara Viele.

Lo scopo di Feydeau è il divertimento basato sulla derisione delle debolezze umane e la sua attualità è stata colta pienamente. Molte le risate in sala e evidente il successo di pubblico.

Nicoletta Cavanna

 

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