4 Settembre 2015
16:19
A Pavia arriva “il pittore” Dario Fo
PAVIA – È autore, attore, scenografo, regista teatrale, ma prima di ogni altra cosa è pittore: Dario Fo, premio Nobel per la letteratura nel 1997, utilizza da sempre la pittura per completare la sua attività drammaturgica e oggi, 89 primavere e una forza creativa che non lo abbandona mai, il Maestro Fo ha deciso di immergersi a pieno titolo nel linguaggio dell’arte visiva, spingendosi oltre i confini delimitati e sperimentando con abile virtuosismo nuove e interessanti tecniche espressive.
Il risultato è un corpus di oltre 130 opere, inedite al grande pubblico e protagoniste della mostra DARIO FO, MISTERO BUFFO A COLORI. Opere dal Nuovo manuale minimo dell’attore, allestita nella Sala Mostre del Castello Visconteo di Pavia da domenica 6 settembre 2015 (inaugurazione ore 17.30) e fino al 18 ottobre 2015.
L’artista sarà presente all’inaugurazione.
Organizzata dai Musei Civici del Castello Visconteo in collaborazione con la Compagnia teatrale Fo Rame e la Libera Università di Alcatraz, sostenuta dalla Fondazione Banca del Monte di Lombardia e da UBI banca e curata da Susanna Zatti, la mostra raccoglie i lavori realizzati nel 2015 da Dario Fo in occasione della pubblicazione del suo Manuale Minimo dell’attore 2, che uscirà a fine agosto per la casa editrice Chiarelettere.
Il catalogo della mostra DARIO FO, MISTERO BUFFO A COLORI. Opere dal Nuovo manuale minimo dell’attore, edizioni Skira, contiene un’introduzione di Dario Fo (che commenta anche in calce ciascuna opera), la presentazione di Susanna Zatti e un breve testo di Cesare Lisandria.
Pavia è orgogliosa di aprire le porte del Castello Visconteo a una figura che ha dato lustro all’Italia nel mondo. Con questa straordinaria esposizione il Maestro Dario Fo, premio Nobel per la letteratura, racconterà insieme al suo percorso umano e artistico un vero e proprio pezzo di storia italiana.
La mostra sulla pittura di Dario Fo rappresenta un momento prezioso dell’investimento sull’arte e sulla cultura su cui Pavia deve puntare con convinzione. Pensiamo davvero che una parte importante del percorso che dobbiamo intraprendere in questi anni consista proprio nell’impegno per rafforzare la capacità della nostra città di attrarre grandi progetti culturali, e questa esposizione ci aiuta e ci rafforza in questo proposito, dichiara Giacomo Galazzo, Assessore alla Cultura del Comune di Pavia.
Nella primavera/estate del 2015, Dario Fo ha concluso e dato alle stampe il Manuale minimo dell’attore 2, prosecuzione di un volume (edito per Einaudi nel 1987) nato dalle lezioni tenute da lui e da Franca Rame in alcune università statunitensi, in occasione della tournée americana di Mistero buffo (del 1986). Il nuovo testo – scrive Susanna Zatti nell catalogo della mostra – è il racconto di oltre sessant’anni di intensa vita teatrale di Dario e Franca, dell’esperienza umana, politica e artistica della coppia, degli incontri e degli eventi più memorabili, dai tantissimi spettacoli nelle Case del Popolo e alla palazzina Liberty ai dibattiti con il pubblico a fine rappresentazione, dall’incontro parigino con Jean Paul Sartre al viaggio in Cina, dai fastosi allestimenti scaligeri alla denuncia di fatti e misfatti della cronaca contemporanea. Come d’abitudine, in parallelo con la narrazione letteraria, Fo ha condotto un racconto puntuale attraverso la pittura, recuperando alla memoria visiva scene e personaggi della nostra storia collettiva, e dedicando un ulteriore, personale splendido omaggio a Franca, musa ispiratrice e passione della sua vita.
Nelle opere esposte per la prima volta nella mostra DARIO FO, MISTERO BUFFO A COLORI. Opere dal Nuovo manuale minimo dell’attore, Fo sceglie di adottare nuove tecniche espressive, privilegiando l’uso del collage di immagini accostate sulla tela e di fotocopie e fotografie digitali dei propri lavori, sui quali incide con il tratto e con il colore. Esegue una pittura a tempera ripresa con passaggi di cromie ad olio, quindi infila la tavola nella fotocopiatrice e la programma in modo che produca un’immagine di tonalità capovolta. Il dipinto acquista così una profondità inaspettata, e il movimento compositivo è esasperante a tal punto da farlo apparire un mosaico surrealista.
Matite, acrilici e pennarelli dalle tonalità fluorescenti intervengono a sottolineare e dare nuova energia a brani di storie, in un processo di aggiornamento, reinterpretazione e riscrittura del testo figurativo che libera così significati reconditi grazie a un gioco di paradossi e ribaltamenti semantici che scardinano i tradizionali metodi di lettura, scrive la curatrice.
Ciascun dipinto è accompagnato da un brevissimo testo che descrive e commenta il significato e la storia del quadro, come a voler sottolineare che la produzione figurativa si lega intimamente a quella teatrale e che disegni e bozzetti servono per fermare l’impianto della scrittura, per andare avanti nello svolgimento del lavoro, dice l’artista.
La pittura per Dario Fo si fa quindi complemento del teatro, anzi, viene prima: le invenzioni e le rappresentazioni sceniche nascono nella sua mente come immagini grafiche e pittoriche e solo dopo diventano parole scritte. Disegna prima di scrivere, e disegnando fa affiorare le idee e gli stimoli creativi, sviluppa nuovi sensi e significati. Ho disegnato, dipinto, inciso e inventato fondali e bozzetti di costumi per ogni commedia messa in scena da sessant’anni in qua – scrive nell’introduzione al catalogo –. Per ogni spettacolo ho prodotto pitture sia a tempera che a olio che illustrassero le storie e i giochi scenici dell’opera. Non mi sono mai accontentato di scrivere solo testi teatrali. In verità il mio vero mestiere è quello del pittore.
Fo comincia la sua carriera come pittore, frequenta i corsi all’Accademia di Brera negli anni quaranta, con docenti del calibro di Achille Funi, Marino Marini, Giacomo Manzù e Carlo Carrà, e si confronta con compagni di studi che, come lui, si dimostrano essere voraci consumatori della cultura europea e americana d’avanguardia, solo allora sdoganata: si tratta di artisti di varie tendenze, realisti, naturalisti e informali come Ennio Morlotti, Bobo Piccoli, il gruppo Corrente, lo scultore Alik Cavaliere, registi come Carlo Lizzani, letterati e intellettuali come Elio Vittorini ed Emilio Tadini.
Insieme a Tadini, Fo parte per Parigi, si immerge nella modernità, conosce Fernand Léger e Juan Gris, si lascia affascinare prima da Picasso e poi dal genio fiabesco e leggero di Mar Chagall.
Progressivamente si affranca dall’impronta accademica e conquista un suo stile personale, fatto di contaminazioni, suggestioni, metafore, visioni simboliche ed oniriche.
Al centro del suo interesse è sempre l’etica, il tema dell’uomo e dei sentimenti, riletti nei miti classici e nelle storie bibliche, rappresentati con prospettive sempre diverse, inconsuete e spesso ribaltate rispetto al punto di vista tradizionale, trattati con colori gioiosi e contrasti stridenti.