Autore Redazione
venerdì
22 Gennaio 2016
23:51
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Eventi

L’abitudine al male. Recensione de “100 e uno” al Teatro San Francesco

L’abitudine al male. Recensione de “100 e uno” al Teatro San Francesco

ALESSANDRIA – “L’olocausto è una storia con pochissimi eroi e un numero spropositato di esecutori e di vittime

Proprio del punto di vista degli esecutori parla “100 e uno , il maggiore Trapp e il suo battaglione”, messo in scena, in occasione del Giorno della Memoria,  dalla Compagnia Stregatti, venerdì 22 gennaio al Teatro San Francesco, per la regia di Giusy Barone.

Il battaglione 101, composto prevalentemente da poliziotti di mezza età, padri di famiglia e privi di addestramento specifico, divenne sorprendentemente efficace nello sterminio sistematico degli ebrei in Polonia, nella prima fase della soluzione finale nazista.

Sul palco Gianluca Ghnò, con la sottolineatura musicale del violino di Chiara Giacobbe,  dà voce al percorso interiore di Trapp, alle sue difficoltà iniziali a fronte del compito affidatogli e al suo rapido adattamento ad esso, grazie ad un metodo di esecuzione.

Voci metalliche fuori campo (Simona Gandini e Giusy Barone) elencano dati storici e cifre dell’olocausto, mentre il protagonista, che vive il disagio dei suoi stessi uomini, sente il contrasto tra il dovere e il peso di uccidere (“Soffoco, singhiozzo, piango…”).

E’ agghiacciante vedere come questo spiraglio di coscienza si esaurisca in un superficiale raccapriccio nei confronti dei particolari più truculenti. L’inquietudine di Trapp si placa grazie ad un modus operandi che lo solleva dai compiti più sadici ( “Il mio stile è deportare e fucilare, non picchiare e torturare”) e tanto basta a  pacificare il suo animo, come quello dei suoi uomini, e ad allontanare da lui ogni demone.

Con pulizia ed ordine ci si abitua anche ad uccidere”. La verità dell’olocausto sta nella normalità e nella routine dello sterminio, nell’orribile capacità di ignorare volutamente le conseguenze delle proprie azioni sino a perdere ogni emozione.

Il taglio registico è volto allo scavo psicologico e al totale coinvolgimento dello spettatore che si identifica inizialmente nel protagonista, per poi inorridire di fronte all’abitudine all’eccidio.

Gianuca Ghnò  passa dal tormento interiore alla freddezza emotiva con frasi ripetute come mantra, al fine di depenalizzare il suo operato e convincere se stesso della sua inevitabilità e, quindi, correttezza. A mutare sono il suo viso, che torna composto, e il  tono pacato che  si sostituisce alle due voci contrastanti all’inizio presenti in lui. Altri comandano le azioni più sadiche, come l’ufficiale, interpretato con una maschera spersonalizzante, che si diverte ad una carneficina davanti ad una fossa comune.

I moti dell’animo sono espressi anche dalle note del violino di Chiara Giacobbe, che attraversano tutta la narrazione passando da momenti stridenti ad altri più fluidi, come l’impassibilità di chi non sente più nulla.  

Trapp sarà l’unico a rispondere, davanti ad un tribunale, delle stragi del battaglione 101, mentre la pièce si chiude con testimonianze di deportati lette da Giusy Barone e Simona Gandini.

Uno spettacolo coraggioso e di forte impatto che pone l’attenzione sui meccanismi mentali che hanno trasformato tanti uomini in assassini, rendendo possibile una tragedia. Alla base di ogni bruttura sta un processo psichico e la storia di Trapp e del suo battaglione incute un’ inquietudine difficile da dissipare.

Nicoletta Cavanna

 

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