14 Febbraio 2016
23:09
Quando la comicità deride il pregiudizio. Recensione de “Bellissimo!” al Teatro San Francesco
ALESSANDRIA – Il bello e il brutto sono categorie, stereotipi che, una volta ribaltati, spiazzano e rivelano la loro futilità.
“Bellissimo!”, presentato dalla Compagnia Stregatti, per la regia di Giusy Barone, domenica 14 febbraio, al Teatro San Francesco, ironizza felicemente su una dicotomia che induce alla miopia mentale.
Il confronto si delinea tra due belle, ricche e spietate quanto sciocche imprenditrici e i due competenti segretari, sfruttati e sviliti per la loro poca avvenenza. Tutto si gioca sull’estetica, sottolineata dalla stessa scenografia, formata in gran parte da disegni di modelli di scarpe (creati e allestiti sulla scena dalla classe 3^ OM dell’Istituto Fermi di Alessandria), oggetto della patinata attività dell’azienda delle protagoniste.
Sfefania Cartasegna e Assunta Floris vestono i panni caricaturali di Amalia e Lucilla, accentuando la superficialità e la venerazione dell’apparenza. Il contrasto con la postura dimessa e l’affanno servile di Rodolfo (Claudio Vescovo) e Carlina, loro dipendenti, genera un effetto comico sottolineato da gestualità e toni esasperati.
Dalla caricatura esce Carlina, una Simona Gandini che rivela l’anima e alterna il ruolo smaccatamente comico della bruttina sottomessa all’esternazione commovente e vera di bellezza interiore. Lei vede, possiede il dono della profondità e della sensibilità, e a lei si deve il cuore, ovvero l’intensità emotiva del tutto.
La storia si capovolge, i brutti diventano belli e si rompe il diktat per cui i belli possono solo amare i loro simili e viceversa. Anche la cattiveria non è una categoria assoluta e irreversibile, se non per Lucilla, una Assunta Floris esilarante nella sua unilaterale perfidia, che regala momenti di autentica comicità.
Il veramente numeroso pubblico ride di gusto e questo è il fine di una storia allegra che vuole trasmettere divertimento e un po’ di provocazione circa l’erroneità della scontatezza. Le categorie cadono di fronte alle ragioni della mente e del cuore e un San Valentino a teatro serve anche ad ironizzare sulla tanta superficialità che ci invade.
Nicoletta Cavanna