Autore Redazione
venerdì
15 Aprile 2016
22:46
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Eventi - Alessandria

La leggerezza al servizio della memoria. Recensione de “Il Testimone” al Teatro San Francesco

La leggerezza al servizio della memoria. Recensione de “Il Testimone” al Teatro San Francesco

ALESSANDRIA – “Mi hanno detto che la mafia è una sensazione, un modo di pensare…”

Questo l’incipit de “il testimone”, presentato venerdì 15 aprile al Teatro San Francesco,  scritto dal giudice Mario Almerighi e da Fabrizio Coniglio, in scena con Bebo Storti nel ruolo dello stesso giudice.

La storia vera è quella del giudice Giacomo Ciaccio Montalto, amico di Almerighi e uomo di legge di grande rettitudine e coraggio, impegnato in un’indagine a Trapani su un enorme traffico di droga gestito dalla mafia, infiltrata anche nel palazzo di giustizia. Montalto sarà ucciso il 25 gennaio del 1983, le indagini saranno spostate al tribunale di Messina per ordine di un presidente della Corte di Cassazione (più tardi accusato di rapporti con la mafia) e lì insabbiate.

Lo spettacolo non è ambientato in un tribunale, non ha un registro drammatico e sorprende per il taglio divertente che pur documenta fatti e date.

In un contesto posteriore all’omicidio, Almerighi  fa un tragitto in barca da Caltanissetta a Trapani con un compagno di viaggio e racconta dell’uomo Montalto, della crociera in barca fatta, tanti anni prima, insieme a lui sino in Grecia, della passione per il mare e della convinzione di chi, pur minacciato, ha continuato a fare ciò in cui credeva. Il viaggio più recente si alterna a quello passato e la narrazione diventa realtà, in tutti i suoi aspetti umoristici e amichevoli. I faldoni di documenti appesi a dei fili diventano pesci da osservare sott’acqua, il mare e il suo silenzio sono la bellezza che si oppone al silenzio dell’omertà e l’amicizia dura ancora oggi, nella trasmissione della memoria .

Fabrizio Coniglio è Montalto, nella sua limpidezza e nel suo amore per la giustizia e per il bello, ma anche nella consapevolezza della sua solitudine in una fase storica di caduta degli ideali. Altri personaggi appaiono nella ricostruzione di un intreccio tra criminalità organizzata e cariche dello stato e tutto viene proposto in veste di realtà chiara, che riemerge per far riflettere.

Il taglio registico è geniale nello spezzare una vicenda evidentemente drammatica e nel proporre un alleggerimento umoristico che si avvale delle battute sarcastiche di Storti/Almerighi, che strappano molte risate al pubblico in sala, persino coinvolto nell’audio dello spettacolo. Il tempo comprende fatti giudiziari che si dipanano negli anni, per arrivare ad una sentenza che conclude lo spettacolo e, seppure parzialmente, rincuora, ovvero la condanna in via definitiva, nel 2010, del senatore Andreotti per aver diffamato il giudice Almerighi, per la sua testimonianza circa il processo per la morte dell’amico.

Lo spettacolo cattura e informa, trasmette un modo di pensare opposto alla pratica della corruzione e dell’interesse meschino, trasportando, con un tono inaspettatamente allegro, nella dimensione di chi fa il suo lavoro senza tradire la verità e il lato migliore di sé. Si ride in un insolito connubio di ironia, battibecchi e dramma; si ricorda e ci si indigna, nel segno del miglior teatro che lascia una traccia nella mente e che permette di far rivivere chi non si deve dimenticare. Da vedere e consigliare.

Nicoletta Cavanna

 

 

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