Autore Redazione
giovedì
28 Aprile 2016
22:45
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Eventi - Alessandria

Le paure e la loro facciata. Recensione di “La scena” al Teatro Alessandrino

Le paure e la loro facciata. Recensione di “La scena” al Teatro Alessandrino

ALESSANDRIA – “Sconquassata da un terremoto” può significare il tormento interiore dell’animo femminile, ma anche il turbamento dei sensi nell’accezione erotica. La frase appartiene alla scena teatrale che Luisa/Angela Finocchiaro prova davanti all’amica Maria/Maria Amelia Monti all’inizio de “La scena”, di Cristina Comencini, presentato giovedì 28 aprile al Teatro Alessandrino di fronte ad un pubblico numerosissimo.

Le protagoniste e i loro opposti modi di reagire alle delusioni e alle paure sono al centro del testo dell’autrice-regista, che dipinge tutte le barriere che impediscono il dialogo uomo- donna, come anche quello generazionale ragazzo-donna matura.  Luisa è un’attrice dalla personalità rigida e volutamente glaciale, che la scherma dalle debolezze interiori e la preserva dal rischio del coinvolgimento emotivo. Angela Finocchiaro è bravissima nello stemperare i dialoghi in tono caustico e dissacratorio, mettendo in luce il comportamento opposto di Maria, alla continua ricerca di amanti, ma incapace di qualunque dialogo costruttivo con l’altro sesso.

L’eccessiva razionalità e la svenevolezza sono le due facciate della solitudine e della paura di relazionarsi seriamente. Le due amiche anelano non ad un uomo reale, ma alla perfezione inesistente o ad occasionali compagni di letto senza nome.

Proprio l’ultimo e ancora sconosciuto amante di Maria, risvegliandosi a casa di lei dopo una nottata folle, incontra le due amiche che, approfittando di un equivoco, si scambiano ruolo e si prendono gioco di lui.

Il ragazzo in mutande (perché così Stefano Annoni  si presenta), rivela però una rabbia interiore che destabilizza l’equilibrio e riporta il rapporto uomo-donna sul piano dello stereotipo. Gli animi sono complicati e nascosti da facciate di apparenza, ma le relazioni tra i due sessi si muovono intorno a delle aspettative elementari e note, che non tengono conto della complessità della vita.

Come in tutti i lavori di Cristina Comencini si ride tanto, in questo caso ad ogni battuta, e l’ironia è spiazzante perché invade il terreno delle debolezze sotto la superficie. Il finale non è risolutivo, ma amichevole nell’indicare una via per compensare a vicenda difetti e differenze caratteriali e anagrafiche.

Lo spettacolo ruota intorno alla diversità delle due protagoniste e l’aspetto comico sortisce dal contrasto tra le battute irriverenti , dalla logica ferrea, della Finocchiaro (che parafrasa splendidamente, tra l’altro, il monologo di Lady Macbeth ) e l’atteggiamento fatuo e sentimentalmente infantile della Monti.  La disanima delle loro contraddizioni intime avviene in un interno da appartamento borghese, con vista sulla camera da letto e una scala, tinte pastello e una macchinina giocattolo: l’armonia e il suo contrario.

Una commedia divertente, molto gradita e applaudita dal pubblico in sala, che apre qualche spiraglio sulla solitudine e sulle sue cause.

Nicoletta Cavanna

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