Autore Redazione
venerdì
29 Aprile 2016
22:24
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Eventi

L’estremo e la sua focalizzazione. Recensione di “Legàmi Lègami” al Teatro San Francesco

L’estremo e la sua focalizzazione. Recensione di “Legàmi Lègami” al Teatro San Francesco

ALESSANDRIA – Appartenenza reciproca, senso dell’onore, amore come possesso sono sentimenti estremi, la cui espressione non ha forme contenute, ma apicali.

“Legàmi lègami”, ultimo lavoro degli Stregatti , scritto da Giusy Barone e diretto da Gianluca Ghnò, che ha debuttato venerdì 29 aprile al Teatro san Francesco, contiene tutto ciò, ovvero ruota su un nucleo incandescente di passioni.

La storia si compone di due parti  (A e B) divise in scene scomposte cronologicamente. I fatti non sono consequenziali, lo spettatore comprende man mano quello che succede e azioni già viste assumono significato alla luce di sequenze successive nello spettacolo, ma precedenti in ordine di tempo.

Il clima è malavitoso e violento. Adrian ed Harry, i due protagonisti maschili appartenenti ad un clan mafioso, vivono la loro amicizia-fratellanza come un patto di sangue che vena di brutalità anche il loro rapporto. La lotta nell’ambito dell’organizzazione criminale li porta alla sete di dominio e alla ricerca dell’appoggio di Nina, la donna del capo (anche loro padre adottivo). Al contempo Harry vive un rapporto d’amore malato per una giovane prigioniera (la cui identità si chiarirà in seguito) e Adrian un contrastato desiderio nei confronti della stessa Nina.

Tutto è perverso e nulla appare sotto un aspetto puro. L’amore è smania di possesso e non si esprime con dolcezza, ma con le modalità della patologia. La passione è vera e così le espressioni e i gesti inducono ad una partecipazione inquietante e ad un senso di verità estremi.

Simone Guarino è un Harry all’apice dell’irrazionalità, persino ingenuo nell’illusione di poter essere ricambiato in un rapporto di pseudo-amore imposto ad una prigioniera. La sua follia coinvolge al punto di spaventare. Adrian (David Turri) è apparentemente monolitico nel raggiungere i suoi scopi, per rivelare un ardore e una rabbia difficili da scordare. La sua espressione, a fronte di un rifiuto di Nina durante una scena d’amore, è di un’intensità tale da sostituire ogni parola. La sua debolezza è appunto lei, una Giusy Barone che tratteggia un personaggio complesso, la cui psicologia si intuisce man mano. E’ intensa e sensuale, ma ha in sé caratteristiche femminili che la legano alla conservazione e alla famiglia. All’alchimia contrastata tra lei e Turri si devono i momenti più drammatici che lo spettatore vive con una partecipazione sanguigna e un’apprensione che diventa fisica. Sempre apprensione anche nelle scene sensuali tra Guarino e Francesca Pasino, la prigioniera, ma dovute alla cattività che diventa imposizione e arma bivalente di controllo. Molto brava e sempre in parte, a questo proposito,  la Pasino, nel ruolo della vittima che non ha un attimo di tregua.

Al centro della scena una seduta coperta da un drappo rosso, che diventa letto/altare sacrificale e, ai lati, due sedie, una rossa e una nera. Colori anch’essi estremi per sequenze che si susseguono come disegni di caleidoscopio, componendo e scomponendo elementi che creano immagini.

La regia di Gianluca Ghnò gioca con lo spettatore, trascina e focalizza per poi sfumare, costringendo all’attenzione e creando un vortice ansiogeno. L’esperimento è coraggioso, insolito e colpisce nel segno, inchiodando dall’inizio alla fine senza un attimo di caduta.

Sabato 30 aprile “Legàmi Lègami” viene replicato, invertendo le due parti di cui è composto lo spettacolo e, chi ha già visto la versione di venerdì, può acquistare il biglietto al prezzo ridottissimo di 3 euro.  Venerdì 6 e sabato 7 maggio sarà possibile vedere entrambe le versioni della pièce (al venerdì sempre la parte A e poi la parte B e, al sabato, il contrario). Il biglietto per entrambe le serate costa 13 euro.

Nicoletta Cavanna

 

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