11 Maggio 2016
05:06
“Vergine Madre” al Comunale. Intervista a Lucilla Giagnoni
ALESSANDRIA – Lucilla Giagnoni è autrice, regista e attrice. Dopo lo studio con Gassman e Jeanne Moreau alla Bottega di Gassman a Firenze, ha lavorato per vent’anni a tutte le produzioni della compagnia torinese Teatro Settimo, diretta da Gabriele Vacis, e dal 2002 ha intrapreso un percorso di ricerca individuale che è sfociato nella Trilogia della Spiritualità, di cui “Vergine Madre”, in scena giovedì 12 maggio, alle ore 21, alla Sala Ferrero del Teatro Comunale, è il primo capitolo (seguito dai successivi “Big Bang” e “Apocalisse”, entrambi registrati dalla Rai).
Lucilla Giagnoni, “Vergine Madre” ha segnato una svolta, dopo il lavoro con Teatro Settimo. Perché questa scelta ?
È stata una necessità, una scelta e un’intuizione. In Teatro Settimo eravamo oltre che attori anche autori e ognuno di noi aveva una sua specificità. Io avevo un approccio più filosofico-poetico, per gli studi che avevo fatto e per il mio personale interesse. Quando è successo l’11 settembre mi sono trovata a vivere due sentimenti contrastanti: da una parte la genetica della guerra nella mente e l’accettazione dell’inferno, dall’altra la reazione a questo con le proprietà dell’artista, cioè la parola di bellezza. Studiavo la Divina Commedia già da bambina (in segreto perché ci vuole molta presunzione per proporre un testo che è stato avvicinato da grandi nomi come Gassman o Carmelo Bene) e ho sentito che era venuto il momento di tirare fuori questa mia passione e prendere di quel testo la forza apocalittica, di rovesciamento di prospettiva della rivelazione. Le domande si sono fatte sempre più profonde e personali e questo tipo di percorso non poteva che essere fatto da sola con un monologo. Molti mi chiedono se è un percorso di fede: non posso dire questo, ma di certo è un percorso spirituale.
Nei monologhi della Trilogia della Spiritualità letteratura, scienza e teologia si compenetrano. Come si traduce ciò teatralmente ?
A me interessa il linguaggio come interpretazione del mondo. L’uomo da sempre ha fatto un percorso di svelamento, ha sollevato veli ed è arrivato a verità più elevate e sottili. La scienza fa questo con il suo linguaggio e la sua codificazione, ma gli umani da secoli e millenni si erano avvicinati alla verità con altre vie. Studiando l’ebraico mi sono accorta della ricchezza della versione originale della Bibbia, che le traduzioni non restituiscono e che può dialogare con l’attuale visione scientifica delle cose del mondo, per esempio nel discorso sulla luce. La genesi inizia con “Sia la luce”, tutta la teoria di Einstein è sulla luce e così tutto il 33^ canto di Dante, che parte dalla stella vergine madre che indica il cammino e arriva alla luce di Dio. Da sempre gli uomini hanno cercato, con i mezzi e i linguaggi che hanno prodotto, di seguire questo percorso. Mi interessa trovare il punto di dialogo, che è altamente poetico, poiché, quando gli sforzi fatti da millenni dagli umani si congiungono, lì succede qualcosa.
Con che criterio sono scelti i sei canti danteschi proposti nello spettacolo ?
I criteri sono stati l’affetto, la teatralità e la popolarità, in quanto volevo fare un lavoro popolare, fruibile da tutti. Ho scelto quindi i canti più famosi e che avrei voluto recitare: Il primo canto dell’inizio del cammino, quello di Francesca, di Ulisse, di Ugolino. I canti dell’inferno offrono molto in termini di teatralità, parlano in prima persona e hanno una loro voce. Dovevo arrivare poi al canto della Vergine Madre, ma mi mancava ancora qualche tassello. Mettendoli insieme è venuto un mosaico che non avevo previsto e che parlava di archetipi profondi e collettivi. Francesca rappresenta la donna, Ulisse l’uomo, Ugolino la paternità che non costruisce futuro e si nutre dei propri figli (quello che stiamo facendo noi come società, ipotecando il futuro dei nostri giovani). La Vergine Madre è la maternità che concilia. “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta” sta ad indicare un modello di armonizzazione faticosissimo ma che deve essere seguito. In mezzo a tutti, Piccarda, la santità bambina, è uno scarto, un movimento dinamico. E’ l’umano che diventa santo ma che non arriva a compiere la sua maturità. Mettendo insieme questi personaggi viene una famiglia e il mio viaggio nella commedia è un viaggio attraverso archetipi.
Qual è l’inferno, oggi ?
Sartre dice che l’inferno sono gli altri, per Calvino è il mondo che viviamo . Per me l’inferno è la dimensione di guerra, la crisi economica, ma è inferno anche il centro commerciale di Arese, il non rispettare l’armonia e la misura. Il tempo della vita è un tempo meraviglioso di espansione divina, di acquisizione, di curiosità (Ulisse), di potenza (Ugolino), di amore (Francesca). Quando tutte le nostre virtù umane degenerano è inferno. La poesia è il modo di uscire dall’inferno perché è misura e armonizzazione. Mi sto proprio adesso occupando di guerra, conflitto interiore, crescita dell’umano con il mio ultimo spettacolo che si intitola “Furiosamente”, perché la nostra mente è furiosa.
“Vergine Madre” è il terzo spettacolo alla Sala Ferrero del Teatro Comunale del circuito regionale Piemonte dal Vivo, per la direzione artistica della Compagnia Stregatti.
Il biglietto a posto unico costa 10 euro. Per info tel 3314019616 dal lunedì al venerdì ore 10 – 12 e 15 – 17
http://www.teatrostregatti.it contatti@teatrostregatti.it
Nicoletta Cavanna