30 Giugno 2016
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Mirandolina negli anni ’50. Recensione de “La locandiera” ad Asti Teatro 38
ASTI – Una locanda su palafitte , il fiume e una vegetazione fatta di alberi dalle radici acquatiche.
“La locandiera” di Stefano Sabelli, presentata mercoledì 28 giugno, in prima nazionale, al Teatro Giraudi, nell’ambito del Festival Asti Teatro 38, si svolge nell’osteria Vecchio Po , in una contestualizzazione della commedia goldoniana nella bassa padana, terra acquitrinosa, dove i vizi dei protagonisti sembrano stagnare.
La scelta registica accosta la Mirandolina di Goldoni, personaggio fortemente femminile che emerge per astuzia e capacità, ad una donna lavoratrice degli anni ’50, cruciali per quanto riguarda il riscatto femminile (dal suffragio universale del ’46 in poi).
Silvia Gallerano è una locandiera moderna, sensuale e abile, priva delle leziosità che sembrerebbero connaturate al ruolo e, per questo, sempre credibile. Intorno a lei nobili debosciati, ingenui dandy che tutto credono, pensando di avere possibilità e fascino.
Gli equivoci e i dialoghi sono quelli goldoniani, cambiano il ritmo e la messa in scena, grazie ad una scenografia (di Lara Carissimi) che ruota e mette lo spettatore di fronte alla simultaneità di più azioni.
La resa è movimentata e si svolge sia all’esterno della locanda, a ridosso del fiume e di un molo dove attracca una barca, sia in tre camere della locanda (su una pedana rotante e collegate tra loro con porte). I protagonisti passano da una camera all’altra, si rincorrono mentre cambia l’ambiente, dialogano in primo piano quando, alle loro spalle, la carrellata di stanze mostra ciò che avviene altrove. L’effetto di grande rapidità è riflesso anche nei dialoghi, veloci e tali da imprimere nello spettatore, in modo assolutamente ilare, la perfetta percezione delle personalità monolitiche dei personaggi maschili. Solo Mirandolina rivela sfaccettature di desiderio di rivalsa, orgoglio femminile e sensualità sopita o calibrata abilmente.
Claudio Botosso è un cavaliere di Ripafratta presunto misogino, come da testo, poi impulsivo e innamorato e infine ferito nell’orgoglio. Cupo nella sconfitta, ripartirà in barca, accompagnato dal suo servo, un Giulio Maroncelli dai modi effemminati e dall’esilarante complicità con Mirandolina.
La musica è tanta e così le canzonette e gli accenni alle arie di opere, che a tratti, diventano parte dei dialoghi a sottolineare frasi e momenti. Le canzoni (su tutte “Tu che m’hai preso il cuor” ) sono datate anch’esse anni ’50 e diventano lo spirito del tempo che si respira.
In un luogo esterno alla locanda, ma sempre in scena, si trova il fisarmonicista Piero Ricci, un punto indefinito cui vanno gli sguardi di chi guarda fuori dalla finestra, parlando al nulla. La fisarmonica, con la sua colonna sonora popolare e orecchiabile, è il fil rouge di una vicenda dove nobili e popolani amano e giocano l’eterno confronto tra femminile e maschile.
Lo spettacolo è singolare nel proporre con un taglio intelligente e moderno una figura di donna che appare più volitiva e meno capricciosa che nell’originale. La rivalsa sul sesso forte non è una ripicca, ma una precisa intenzione che pare carica di significato e la lotta diventa senza esclusione di colpi, divertente, ma spietata.
Un ottimo cast formato dagli attori della Compagnia del Loto, tutti in parte e tutti capaci di caratterizzare efficacemente i loro personaggi. In scena Chiara Cavaliere, Diego Florio, Andrea Ortis, Giulio Maroncelli ed Eva Sabelli.
“La locandiera” sarà ancora in scena, ad Asti Teatro 38, giovedì 30 giugno, alle ore 19, sempre al Teatro Giraudi.
Nicoletta Cavanna