Autore Redazione
giovedì
1 Settembre 2016
09:31
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Eventi - Alessandria

Recensione del libro “Storia dei campi di concentramento nazisti”

Recensione del libro “Storia dei campi di concentramento nazisti”

L’area dei lettori forti, coloro che leggono più di cinquanta libri all’anno, sta desolatamente riducendosi.  Non è il caso di entrare nell’analisi delle motivazioni e delle cause, prendiamolo come un dato di fatto. All’interno di quell’area c’è un sottoinsieme esiguo, ma non  irrilevante, composto dai lettori di storia della Shoa, Sono lettori che dopo aver incontrato a scuola i testi più conosciuti e accessibili, normalmente Primo Levi e Anna Frank, si sono trasformati in onnivori cultori della materia,  alla continua ricerca di una spiegazione razionale del genocidio europeo, di una parola sensata sulla Shoa, vittime  di una sovra codificazione cognitiva  che non riesce a svincolarsi dalla domanda più importante. Come è potuto accadere ?

E’ a questa area, ma anche a tutti gli altri,  che mi rivolgo in primis per segnalare la pubblicazione di un testo molto interessante e cioè la traduzione in italiano del volume di Nikolaus Wachsmann, Storia dei campi di concentramento nazisti edito da  Mondadori nel gennaio 2016.

La ricerca si pone un obiettivo molto ambizioso, la  ricostruzione complessiva della storia dei Konzentrazionlager  dalla fondazione di Dachau nel 1933 fino  alla liberazione di Auschwitz e di Bergen Belsen nel 1945.

Il testo rispetta un preciso ordine cronologico e individua con nettezza i salti paradigmatici delle sue strutture profonde.  Il volume si apre con una descrizione dei cosidetti “ campi selvaggi”, luoghi di tortura e contenimento dell’opposizione antinazista. In  questi campi istituiti dalle SA e dalla SS si demolì il fisico e  la capacità politica di decine di migliaia di antinazisti, spezzando sul nascere le possibilità di riprendere una pur minima forma di resistenza al nuovo regime. Solo a Berlino “la rossa” i campi selvaggi erano centinaia.

La progressiva normalizzazione dei campi, che dopo la purga delle SA nel 1934, erano affidati alla SS portò ad una loro contrazione  nei siti e nel numero degli internati: nell’estate del 1935 erano 5 tra cui Dachau con circa  4.000 internati. Dopo l’annientamento psicofisico degli oppositori politici, i campi avevano cominciato ad inghiottire i dissidenti, gli asociali e i criminali e iniziava ad essere presente  in modo massiccio la  comunità ebraica, anche in considerazione del  progressivo estendersi della legislazione razziale e della  valutazione nazista che ogni  ebreo era potenzialmente pericoloso per la saldezza del Reich sotto ogni punto di vista.

Il successivo salto di paradigma si colloca nel periodo di preparazione alla guerra ed in concomitanza con  la decisione di dare corso alla uccisione di massa dei “deboli”,  il programma di eutanasia di massa denominato Aktion-T4. E’ nel 1941 che  si dispiega la definitiva via verso gli omicidi di massa, da  6   campi si passa a 13 di cui 4 nei territori occupati: Auschwitz, Majdanek e Stutthof in Polonia e Natzweiler in Francia.

Nella ricostruzione di Wachsmann viene definita e delineata la politica nazista verso i prigionieri di guerra sovietici e l’applicazione della “soluzione finale” della questione ebraica  nei Konzentrazionlager. E’ in questa fase che emerge il ruolo indiscutibile di Auschwitz come polo centrale della politica di stermino degli ebrei europei e come enciclopedia negativa del sistema concentrazionario.

Nel libro una parte di grande interesse per una discussione sulla natura profonda dei Konzentrazionlager è quella relativa al valore economico del lavoro dei deportati ed il suo rapporto con l’intento del genocidio. I deportati erano solo vittime o solo schiavi, oppure vittime che dovevano essere, in modo transitoria e delimitato anche schiavi ? Si tratta di in filo analitico fondamentale che l’autore segue con  una impressionante  mole di dati e che si intreccia costantemente con il dipanarsi  della guerra. In particolare viene profilata ed inquadrata nel suo effettivo contesto il lavoro di direzione del Dipartimento economico delle SS  politica di  Oswald Pohl, il cui scopo era stato, su precisa indicazione di Himmler, di dare una svolta imprenditoriale all’uso  lavoro dei deportati allo scopo di partecipare con efficacia all’economia della guerra totale.

Una recensione esaustiva avrebbe bisogno di almeno altre cinque pagine. Per ora ci basta segnalare un’opera come il libro di Wachsmann, un imprescindibile punto di riferimento per che vuole considerare  la deportazione  politica e razziale un paradigma del pensiero storico e politico. 

 

Cesare Manganelli

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