Autore Redazione
giovedì
3 Novembre 2016
23:49
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Eventi

Tra memoria e poesia. Recensione de “Centoundici nuvole” a Voglia di Teatro

Tra memoria e poesia. Recensione de “Centoundici nuvole” a Voglia di Teatro

ALESSANDRIA – “La memoria di un uomo assorbe ciò che più fa male”

E’ in forma di racconto che “Centoundici nuvole”, spettacolo di e con Ian Bertolini, presentato giovedì 3 ottobre a Voglia di Teatro, rassegna  diretta da Laura Bombonato alla Ristorazione Sociale, parla del fatto storico del crollo della diga di contenimento a Molare, il 13 agosto del 1935.

La memoria di un nonno tramandata alla nipote mai nata: così una tragedia prende la forma di ricordo personale e di sogno di vita troncato. Ian Bertolini è solo su una scena (di Isacco Anfosso) su cui si stagliano 12 tronchi (il numero degli sfiatatoi mai collaudati e non funzionanti della diga) posti ad  anfiteatro intorno ad una torretta, a simulare la forma della diga principale. Interpreta un nonno anziano  dalle movenze lente e dalla memoria concentrata su particolari, ma anche tanti altri personaggi che animano una storia che dura anni, dal primo progetto del 1895 sino alla catastrofe.

In mezzo la grande guerra, con un soldato in trincea il cui pensiero va alla mamma e ai fratelli, e il ventennio fascista, con la campagna del grano e la celebrazione del genio italico. Proprio in questo periodo si situa la variazione del progetto della diga di Molare, spiegato teatralmente in un dialogo dove Bertolini, nelle vesti di un vanaglorioso e presupponente ing. Gianfranceschi, spiega al dubbioso  amico e compositore Pietro Mascagni le forzature tecniche in nome della maggiore produzione di energia. La chiave è quella della sottolineatura caustica, mantenuta anche nei commenti scettici ma mirati di un turista romano, dalla parlata borgatara,  in vacanza a Molare.

Colpisce l’organicità del racconto, il continuo cambio di punto di vista e di registro. La drammaticità sale al culmine nell’attimo del disastro vissuto dal custode della diga, in possesso di un unico interfono per dare un allarme ormai inutile, e si stempera nella malinconia onirica del ricordo di un amore spezzato dal fango.

Non è semplice raccontare un fatto drammatico, soprattutto senza cedere alla tentazione del realismo che assorbe la poesia. “Centoundici nuvole” è fedele alla realtà, ma è anche un testo lirico, rimanda all’intimità della memoria individuale e alla necessità di quella collettiva. Lirismo e realtà si fondono, come nel titolo, che si rivela manifesto dell’intenzione dell’autore. Le nuvole, ovvero il clima avverso, nel processo finale, furono ridicolmente le uniche vere accusate del fatto,  ma sono anche immagine poetica che si stempera con l’accostamento al reale numero 111, quello delle vittime.

Uno spettacolo che stupisce, afferma uno stile drammaturgico dalle molte sfaccettature e un’interpretazione che regala un’autentica emozione.

Nicoletta Cavanna

 

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