Autore Redazione
domenica
27 Novembre 2016
02:22
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Eventi - Valenza

Il futuro possibile tra tecnologia ed empatia. Recensione di “Numero Primo” al Teatro Sociale di Valenza

Il futuro possibile tra tecnologia ed empatia. Recensione di “Numero Primo” al Teatro Sociale di Valenza

VALENZA – Il Teatro è pieno e le luci sono ancora accese. La domanda che viene fatta al pubblico è se si ha la sensazione di essere all’interno di una rivoluzione tecnologica. La risposta è incerta.

Così è iniziato, sabato 26 novembre, al Teatro Sociale, “Numero primo. Studio per un nuovo Album” con Marco Paolini, primo episodio, dello stesso Paolini con Gianfranco Bettin, prodotto da Jolefilm, di una trilogia in via di realizzazione.

La tecnologia, la mappatura del genoma e le sue possibili applicazioni, l’intelligenza artificiale e la sua interazione con l’uomo sono gli argomenti che si inseriscono in una narrazione che appare una favola fantascientifica eppure molto vicina, con alcune similitudini con la fantascienza da cinico incubo di Michel Houellebecq.

Un fotografo freelance diventa padre, con un atto notorio che, sembra una beffa, sostituisce quello naturale, di un bambino, la cui madre , Hechnè, si scoprirà essere una voce, espressione di un algoritmo.

Nicolas Fermat è il nome del bambino (ma Numero Primo è il soprannome), dotato di un’intelligenza fuori dal comune e di un’empatia straordinaria con la natura.  Nicolas come Nicola, il protagonista dei precedenti album di Paolini, Fermat, come il grande matematico del XVII secolo, che studiò, tra l’altro, i numeri primi. In un mondo dove la fisica quantistica è alla base del miracolo delle bianche scogliere di Marghera, sede di una fabbrica di neve al posto dell’antico polo chimico, dove nella scuola Steve Jobs, già Carducci, gli alunni sono monitorati in tempo reale dai genitori, la genialità e le caratteristiche fisiche di un bambino, scritte nel suo DNA replicabile,  diventano una preda ambita.

Tanti gli spunti sulla durata ad oltranza della vita, sul desiderio di onnipotenza e sui mezzi per ottenere ciò. In mezzo, storie di adulti, di una comunità multietnica e divisa, di capre create su misura con la stampante 3D, di bambini che litigano e fanno amicizia, soprattutto di amore, anche artificiale.

Paolini racconta, la narrazione è sconcertante a tratti, talvolta tanto densa da richiedere uno sforzo di attenzione, in altri momenti divertente da strappare continue risate. Una pagina nuova nella sua poetica,  volta verso il futuro possibile, ma con una speranza nell’umano (e qui finisce la similitudine con Houellebecq, il cui cinismo è totalizzante), anche quando lo si ravvisa nella voce di un’espressione matematica.

Veramente un grande successo e una grande partecipazione del pubblico in sala al Teatro Sociale di Valenza, tutto esaurito per l’occasione.

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