Autore Redazione
domenica
4 Dicembre 2016
11:16
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Eventi - Casale Monferrato

Come prima di un’esplosione. Recensione di “Nuvole Barocche” a I Crepuscoli

Come prima di un’esplosione. Recensione di “Nuvole Barocche” a I Crepuscoli

CASALE MONFERRATO – Le Nuvole Barocche sono il titolo della prima canzone di Fabrizio De Andrè, ma sono anche un presagio incombente di temporale.

Sabato 3 dicembre all’Auditorium Santa Chiara, per la rassegna I Crepuscoli, organizzata da Nuovo Palcoscenico, che quest’anno ha registrato il tutto esaurito per tutti gli spettacoli con i soli abbonamenti, la compagnia torinese Matti Unici ha presentato “Nuvole Barocche”, per la regia di Vito Jr Battista.

Tre rapitori in procinto di sequestrare un bambino, nello stesso agosto del ’79 in cui De André e Dori Ghezzi vennero rapiti dall’Anonima sarda,  aspettano il momento di agire, segregati in uno scantinato. Su di loro  i segni di esistenze emarginate, temi della poetica di De André e lati della sua stessa vita. Sono rispettivamente un alcolista, un giocatore d’azzardo oberato di debiti, un malato di cuore che si sente escluso dalla vita e si muovono in un  contesto claustrofobico e minaccioso che ricorda le atmosfere pinteriane.

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Alle loro spalle quattro musicisti del gruppo Versione Acustica (Nicola Battista, Fabrizio Masera, Fulvio Sommacal, Samuele Sommacal) suonano le canzoni di Faber, che si intrecciano ai discorsi in cui ritorna sempre il sequestro del cantautore. De Andrè c’è , è presente con la musica, ma, soprattutto, nei dialoghi, nella disperazione che accomuna i protagonisti ai rapitori, nell’emarginazione che non lascia scelta, come per i personaggi che popolano le sue canzoni.

Il taglio registico tende ad integrare le canzoni, che non sono solo incastonate, ma completano ciò che si svolge in scena. “La città vecchia” è popolata da chi viene condannato da ogni giudizio e la sua musica accompagna l’ingresso di una donna prezzolata, unica compagnia femminile saltuaria consentita. L’alcolista frustrato e soggiogato dalla madre parla di sé sulle note di “Don Raffaé” e pare incastrato nella sua miseria e pronto ai compromessi come il brigadiere Cafiero della canzone. Su tutto un’atmosfera che diventa man mano più sinistra, portando a situazioni di violenza sottesa e pronta ad esplodere (viene da pensare al Calapranzi di Pinter). La gestualità è accentuata nei momenti musicali e l’inquietudine è sottolineata da incubi notturni, scontri fisici e  movimenti forsennati e ripetuti.

Infine la degenerazione di una follia covata in circostanze di disagio, un’epoca di fine anni ‘70 dai forti contrasti sociali e dalle forti disperazioni.

Un testo di grande impatto e originalità, un’interpretazione convincente e una regia che incastra alienazione, riflessioni, inquietudine, abbrutimento e scampoli di umanità in una perfetta macchina teatrale.

In scena Eugenio Gradabosco, Marco Stracquadaneo, Vito jr. Battista, Sara Corbelletto.

La Rassegna I Crepuscoli tornerà il 28 gennaio prossimo con “Plaza, suite 719” di Neil Simon, presentato dal Laboratorio Terzo Millennio di Cengio.

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