Autore Redazione
sabato
18 Febbraio 2017
02:21
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Eventi - Alessandria

Tutto inizia da un racconto che non è mai stato. Recensione di “Le Olimpiadi del 1936” al Teatro Comunale

Tutto inizia da un racconto che non è mai stato. Recensione di “Le Olimpiadi del 1936” al Teatro Comunale

ALESSANDRIA – Un locale della Berlino del dopoguerra, canzoni d’epoca tedesche e Wolgang Fürstner , il direttore del Villaggio Olimpico del 1936, che, in realtà, non arrivò a quegli anni , perché si suicidò pochi giorni dopo la chiusura dei giochi olimpici per aver fallito il compito di dimostrare al mondo la superiorità fisica della razza ariana.

In questo paradigma raffinato e immaginario l’incipit, venerdì 17 febbraio, alla Sala Ferrero del Teatro Comunale, già tutta esaurita in prevendita, de “Le Olimpiadi del 1936”, con Federico Buffa, celebre giornalista e telecronista sportivo, anche autore del testo con Emilio Russo, Paolo Frusca e Jvan Sica, per la regia di Caterina Spadaro. Lo spettacolo è stato la felice anteprima di SET, il festival di Sport &Teatro, all’interno della Stagione SIPARIO-MARTE con la direzione artistica degli Stregatti, che si terrà nella settimana dal 14 al 18 marzo.

Le Olimpiadi  che passarono alla storia come di Hitler sono il punto di partenza per storie straordinarie di vita e per una prospettiva su un’intera epoca. Federico Buffa racconta episodi dettagliatissimi, che appaiono incredibili, su protagonisti di quei giorni. Tra questi,  Leni Riefensthal, l’affascinante regista, voluta dal Führer, del film Olympia che documenta appunto le Olimpiadi e le cui immagini scorrono sullo sfondo. La sua esistenza di 101 anni sa di leggenda e strappa anche qualche risata. E poi le vittorie degli atleti che hanno gareggiato per l’umanità prima ancora che per se stessi, dimostrando l’insensatezza di ogni pretesa di primato di razza. Primi tra tutti il nero Jesse Owens, con ben quattro medaglie d’oro,  e il maratoneta coreano Sohn Kee-chung, costretto a correre addirittura sotto falso nome per il Giappone, dal quale la Corea era all’epoca oppressa. Sono tanti i fatti che si intrecciano in un quadro che si allarga e dipinge un mondo alle soglie del conflitto mondiale , dove le leggi antisemite erano già state promulgate e dove la macchina nazista cercava la celebrazione della sua efficienza.

Lo spettacolo decolla da subito e rivela un’impostazione teatrale su più piani. Buffa si cala in più personaggi ed è credibile fino in fondo, passando dal dimesso Fürstner, che racconta quello che avrebbe detto, se fosse sopravvissuto, all’insinuante e astuto Gobbels, vero promotore delle Olimpiadi in quanto strumento di propaganda. Efficace l’interazione  con i musicisti Alessandro Nidi (pianoforte) e Nadio Marenco (fisarmonica) e con Cecilia Gragnani, che canta in ben 4 lingue e si muove con una presenza scenica di impatto.

Soprattutto il protagonista racconta, affabula senza sosta ed eccelle nei passaggi dall’interpretazione alla narrazione, che diventa intima in momenti di particolare sensibilità, quando si siede al centro del palco e sembra intrattenere un dialogo con lo spettatore. Si passa da Berlino, con le canzoni tedesche dell’epoca, alla Parigi abbandonata dai nazisti, salva per la disobbedienza di un generale all’ordine di Hitler di distruggerla, alla “Ballata di Mackie Messer” dall’”Opera da tre soldi”, a “La storia siamo noi” di De Gregori, in un tutto che appare organico e privo di sbavature grazie ad una scrittura scenica efficace e ad un taglio registico di grande maestria.

Federico Buffa non ha trascorsi attoriali, ma dimostra di andare al di là dell’abilità narrativa e della capacità di intrattenere, con una reale interpretazione di qualità che gli permette di caratterizzare più personaggi e di entrare e uscire da più ruoli. Spettacolo da non perdere per il grande spaccato storico e umano evocato e per la splendida atmosfera raffinata che vi regna.

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