8 Marzo 2017
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Goldoni come lo si vuole vedere. Recensione de “La locandiera” al Conservatorio Vivaldi
ALESSANDRIA – Ritmo, ancora ritmo e un vortice che rimanda ad un battito, forse un cuore, certo un rumore vitale.
E’ la cadenza martellante della musica composta dalle classi di musica elettronica del Conservatorio Vivaldi che scandisce “La locandiera” degli Stregatti, presentata proprio al Conservatorio martedì 7 marzo , nell’ambito delle iniziative di marzo Donna 2017.
L’allestimento per l’occasione è stato più scarno di quello previsto in teatro, ma “La locandiera” c’è tutta e c’è il prezioso linguaggio goldoniano, che delinea la sua figura di donna più riuscita.
La vicenda è nota e ruota intorno al personaggio di Mirandolina, intelligente e affascinante locandiera corteggiata dai suoi avventori. Tra uno scalcinato e vanaglorioso Marchese (Stefania Cartasegna) e un ricco Conte (Claudio Vescovo), la protagonista sceglie, per sfida, di far innamorare il Cavaliere di Ripafratta (David Turri), misogino e ostile, per riuscire nel suo intento e sposare infine il fedele servitore Fabrizio.
La regia di Gianluca Ghnò poggia su degli estremi: il linguaggio forbito, ma scandito con la velocità di un metronomo e l’interpretazione caricaturale di tutti i personaggi, che contrasta con lo spessore dei due protagonisti. Al ritmo della musica sentita in cuffia da Fabrizio (una brava Simona Gandini quasi sempre in scena, che lavora, sembra osservare tutto e dà il senso del paradosso a ciò che accade) tutto si svolge, degenera per poi trovare un finale accomodante. Al suono elettronico si aggiungono voci che paiono interiori e danno corpo alle contraddizioni di Mirandolina e ai tormenti del cavaliere.
Giusy Barone è una locandiera irresistibile che spinge sul lato comico del personaggio, sottolineandone le sfumature e mantenendone la naturalezza. I dialoghi con il Cavaliere sono caratterizzati da una gestualità esplicita, che suscita ilarità e che valorizza in ogni sfaccettatura il testo originale. Va detto che difficilmente una commedia tanto rappresentata sortisce un effetto di tale impatto e la ragione sta proprio nella riuscita chiave interpretativa della protagonista.
Il cast si dimostra affiatato e all’altezza del compito. Stefania Cartasegna dà vita al Marchese e ad Ortensia, risultando sempre credibile e spassosa, Assunta Floris, anche nei panni del servitore del Cavaliere, diverte sino alle lacrime nel ruolo della finta dama Dejanira, avvolta in un vestitone che ricorda gli sfarzi settecenteschi.
E proprio i costumi (realizzati dall’istituto Fermi moda di Alessandria), variopinti ed elaborati, sono un bel richiamo all’epoca del testo, seppur in modo stilizzato e legato al carattere dei personaggi. Solo il Cavaliere rimane vestito di nero, privo di orpelli come privo dello scudo di protezione contro i sentimenti.
Tanti gli applausi e veramente numeroso il pubblico affluito al Conservatorio. “La locandiera” sarà in scena sabato 10 marzo al Teatro della Juta di Arquata Scrivia nell’ambito della stagione teatrale dell’Orange Festival.