30 Luglio 2017
11:59
Il destino di una generazione attraverso un’unicità. Recensione di “SOLO – una vita” alla ex Taglieria del pelo
ALESSSANDRIA – “Uno fra tanti, ma pur sempre uno, unico”. Questo è Antonio Trentin (Fabrizio Pagella), protagonista di “SOLO – una vita”, spettacolo scritto e diretto da Monica Massone, prodotto da Quizzy Teatro, presentato, sabato 29 luglio, alla ex Taglieria del pelo, nell’ambito della rassegna estiva del Comune di Alessandria.
L’unicità del giovane, travolto dagli eventi storici e dalla mentalità imperante del suo tempo, è il tema del monologo che attraversa le sue aspirazioni, i limiti del contesto di paese, le convenzioni opprimenti e il dramma della grande guerra.
Eventi, luoghi e persone vicini e lontani appaiono su una scenografia/schermo con la quale Pagella interagisce. Due i piani che si intersecano: la storia dei capi di stato, del mondo della finanza e delle decisioni che cambiano il mondo e quella di Antonio, nel piccolo ambito in cui si muovono i suoi sentimenti. In un monologo che segna la sua evoluzione interiore, emergono il suo timore reverenziale, ma anche la determinazione nei confronti dei genitori, che disapprovano la sua decisione di studiare, e del professore, da cui dipende il suo destino di futuro maestro. Tanti i condizionamenti, dal preteso decoro che impone di fingersi entusiasti di servire la patria in guerra, alla grettezza del professore, che sopprime ogni originalità di pensiero, all’ignoranza che sminuisce la fatica dello studio.
Fabrizio Pagella dà voce e corpo ad un uomo che, pur nella timidezza e nella solitudine delle sue scelte, ha un progetto, vuole migliorare se stesso e aiutare i suoi cari. La giovinezza e le insicurezze si dipingono sul suo volto, con improvvisi entusiasmi e delusioni, in un ritmo che dà, nel monologo, le tempistiche dei dialoghi con altri personaggi, che paiono concretizzarsi a partire dallo schermo. La guerra fa di lui un uomo provato, che viene meno al proposito di non uccidere e che perde, come in un battesimo della violenza, la paura e l’istinto di autoconservazione. Del dramma indescrivibile della guerra di trincea la regia di Monica Massone rende, in istantanee, il crescendo di fatica, tracollo psicologico, terrore e abbrutimento inumano. La storia globale prende il sopravvento sulle singole vite, ma, proprio nella condizione più invivibile, il protagonista comprende il gioco di insostenibili ragioni che hanno sacrificato la sua esistenza e afferma con disperazione e rabbia la sua individualità.
Lo spettacolo ha uno svolgimento dinamico e ben organizzato. Gli aspetti della personalità e del contesto, in cui Trentin/Pagella si muove, rivelano uno studio accurato delle dinamiche sociali e della mentalità del periodo prebellico dal 1913 in poi, in particolare del linguaggio, in questo caso spesso forbito e aulico, nei colloqui con il professore. Proprio qui prende forma la retorica acritica, poi interventista, dell’epoca. Pagella si riconferma un interprete d’eccezione e dalle molte sfumature, capace di creare un mondo e popolare, solo in scena, una storia che sa di solitudine e di coralità.
Un’ora e mezza con il fiato sospeso, in totale empatia con un uomo solo, diverso da ogni altro, sempre più consapevole di essere parte di un collettivo destino.