Autore Redazione
sabato
27 Gennaio 2018
01:04
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Politica - Alessandria

La triste storia di Weisz un genio del calcio ucciso dal male

La triste storia di Weisz un genio del calcio ucciso dal male

ALESSANDRIA – Nel 1942 entrò nel campo di concentramento di Auschwitz insieme alla moglie Elena e ai figli Roberto e Clara. La sua famiglia venne uccisa in una camera gas mentre lui morì di stenti, un fantasma senza più voglia di vivere imprigionato in un corpo deperito nel tempo dalle fatiche nei campi di lavoro. Orfano della sua amata famiglia e spogliato di tutto si liberò di tutti gli irragionevoli dolori patiti nell’ottobre del 1944. Questa fu la fine di Arpad Weisz, giocatore di calcio e allenatore ungherese con un passato alessandrino. La sua storia è di quelle strazianti, che non puoi neanche pensare di vivere. Una vita fatta di momenti di gloria, di talento, di successi. Un patrimonio svanito in un attimo. Una storia precipitata per la follia di un periodo storico crudelmente disumano.

Arpad Weisz fu una buona ala sinistra con molte presenze anche in nazionale. Nel 1924 vestì la maglia dell’Alessandria poi indossò quella dell’Inter. Subito dopo divenne un allenatore dalle prospettive brillanti. Prima sedette in qualità di vice sulla panchina dei grigi, poi si accomodò su quella della Ambrosiana di Milano con cui vinse, nel 1930, lo scudetto divenendo il più giovane allenatore a ottenere il titolo (aveva 34 anni). Record tuttora imbattuto.

Nel 1938 lasciò il suo incarico da allenatore del Bologna. Arrivarono infatti le leggi razziali di Mussolini e lui, ebreo, non gli fu più possibile vivere in Italia. Riparò in Francia nel 1939 e ancora in Olanda a Dordrecht dove allenò la squadra locale. Fu la sua ultima esperienza prima della deportazione nel campo di concentramento.

Una follia. Weisz era avanti. Avrebbe potuto dare ancora molto al calcio. Nel 1938 fece debuttare Giuseppe Meazza a soli 17 anni, sostenendo che avrebbe avuto un futuro da “fuoriclasse“. Alla fine delle corse durante gli allenamenti, ha raccontato Meazza, diceva: “Bravo il mio Peppino, però puoi andare più veloce. Puoi fare meglio. Puoi riprovare un’altra volta?“.

Arpad fu anche l’autore di un manuale che precorse i tempi introducendo per esempio la fuga sulle fasce dei terzini. Quel manuale, “Il giuoco del calcio“, oggi è stato recuperato e ripubblicato (Minerva Editore. Pagine 222. Euro 18,00). Fu anche il primo a introdurre i carichi di lavoro pensati appositamente per i giocatori e a studiare la composizione delle diete.

La stella gialla razzista apposta sulla giacca fu l’inizio della sua triste storia, lui che avrebbe potuto sfoggiare la stella del decimo scudetto.

La storia di Arpad Weisz è stata brillantemente raccontata da Massimo Marani nel libro “Dallo scudetto ad Auschwitz”. In ambito sportivo il 25 gennaio a Bologna è stata dedicata a lui la curva San Luca dello stadio Dall’Ara. In suo onore è stata posta una targa allo stadio Giuseppe Meazza di Milano. Il 28 ottobre del 2013 è stata affissa una targa commemorativa allo stadio Silvio Piola di Novara. Mentre a febbraio 2014 la città di Bari gli ha reso omaggio, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Veterani dello Sport, dedicandogli una via nella zona dello stadio San Nicola.

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