16 Marzo 2018
01:48
Valsecchi e il commercio: “Se continua così moriremo tutti”
ALESSANDRIA – La notizia della “pausa di riflessione” dei fratelli Boano continua a far discutere e riporta al centro la discussione sulla situazione del commercio alessandrino. La gastronomia-polleria per 63 anni ha portato sulla tavola degli alessandrini polli arrosto ma ora il futuro è incerto e questa pausa fa paura a tanti negozianti. Paura ma anche rabbia per uno stallo che rischia di dar vita a una voragine in cui temono di cadere i commercianti alessandrini.
E proprio della difficile situazione del commercio locale abbiamo parlato con Davide Valsecchi, una manciata di mesi fa era il leader delle tante iniziative pensate per ridare energia al commercio. Era riuscito a creare nuovo entusiasmo in un settore spossato dalla crisi e fiaccato nel morale. Da tempo però da protagonista è diventato comparsa e la notizia dell’ennesima chiusura di un negozio, peraltro storico, come quello di Boano, alimenta sconforto e rabbia. Abbiamo raggiunto Davide Valsecchi nel suo negozio, Gelo Club, per capire cosa sta succedendo. Lo abbiamo chiesto a lui, un commerciante che ha creduto in Alessandria e che oggi dice: “Oggi sempre più negozianti abbassano le saracinesche perché non si vede un futuro. Assistiamo a una agonia continua e così si perdono sempre più compagni di banco.”
“Se continua così moriremo tutti e mi rifiuto di far finta che tutto questo non possa accadere”
Davide Valsecchi
Spietata e desolante la sua analisi: “Il caffè Marini, il Grappolo, ora Boano, tutti esercizi storici, con cui gli alessandrini hanno convissuto per decenni. Stiamo perdendo tutto. Vedere amici che hanno condiviso tutto in questa situazione è doloroso, straziante.” A tutto questo si aggiunge il “silenzio“. “Preoccupa il silenzio che attornia queste chiusure. Chiudiamo nell’indifferenza e se continua così moriremo tutti e mi rifiuto di far finta che tutto questo non possa accadere“.
E se lo dice Valsecchi la cosa preoccupa proprio per il ruolo maturato un anno fa in una serie di eventi come “Aperto per cultura“, “I presepi di San Gregorio Armeno“, la “Cena sul Meier“. Progetti cui aveva aderito con entusiasmo “perché si era creato un progetto basato su persone, professionisti, proprietari di casa, inquilini, tutte persone disponibili a fare qualcosa per risollevare la città. Si era ritrovata la fiducia nel centro, quella fiducia che oggi un po’ tutti hanno smarrito e questo poi abbassa le saracinesche“.
“Prima – continua Valsecchi rispondendo alla domanda sul perché il suo ruolo sia oggi defilato – mi sentivo parte di un progetto condiviso ma a un certo punto non ho più visto la volontà da parte di altri, di tutte le persone che potevano permettere di continuare determinati progetti, di fare gli sforzi necessari. Si è persa la capacità di fare“.
Alessandria ha bisogno di una scossa e di azioni, rapide, e di idee. Il commercio forse potrebbe e dovrebbe entrare direttamente nelle azioni concrete anche affidandosi alle competenze di chi vive nei negozi, alle conoscenza sul campo, perché “di commercio deve parlare chi di commercio vive“. E Valsecchi è molto chiaro nella sua disanima: “Questa città non funziona e dobbiamo agire subito”. Le occasioni ci sarebbero ma senza progetti concreti la rotta non si inverte, come nel caso dell’Università, una grande opportunità, anche dal punto di vista commerciale, ma finora solo a parole e il perché lo spiega lo stesso Valsecchi: “Occorre dare offerte appetibili, creare pacchetti convenienti, a misura di studenti, che possano riportare persone in centro“.
“Se succede a marchi storici e radicati allora i prossimi siamo noi“.
Commerciante alessandrino
La prova arriva anche da altri commercianti, choccati dalle continue chiusure: “qui possiamo mettere le cose più belle del mondo in vetrina ma la verità è che se non passa nessuno tutto è inutile. Ed è quello che sta accadendo in centro città. È come mettere la nostra merce in cima al Monte Bianco: puoi anche esporre in bella mostra la luna ma non passerà mai nessuno a comprarla.” In mezzo a tutto questo c’è il terrore di una categoria che ora comincia a pensare: “Se succede a marchi storici e radicati allora i prossimi siamo noi“.