31 Gennaio 2015
12:29
Mattarella nuovo Presidente della Repubblica: i commenti dei politici alessandrini [AUDIO]
ROMA – Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica. Dopo giorni di trattative, Mattarella è stato stato eletto al quarto scrutinio con 665 voti. Al raggiungimento del quorum – 505 voti – in Aula è scoppiato un lungo applauso e subito dopo il Premier Renzi ha cinguettato il suo augurio di buon lavoro al neo Presidente della Repubblica. Anche i parlamentari alessandrini hanno affidato i loro primi commenti ai principali social network. “Poco fa ho votato Sergio Mattarella – ha scritto su Facebook il casalese Fabio Lavagno, deputato del Pd, “orgoglioso del suo voto“, come ha poi ribadito qualche minuto dopo ai microfoni di Radio Gold News.
Il sostegno al neo Presidente della Repubblica è arrivato anche da Cristina Bargero del Pd convinta del suo voto a “una figura di rigore morale, rispetto istituzionale, competenza e con un passato di lotta alla mafia”. “Salutiamo il nuovo Presidente” ha invece scritto a pochi minuti dall’elezione, il senatore del Pd, Federico Fornaro. “Commosso” al momento dell’elezione del “Presidente di tutti gli italiani“, il senatore del Pd, Daniele Borioli [mp3 src=”DanieleBorioli_mattarella”]
Renato Balduzzi, membro del Consiglio Superiore della Magistratura ha commentato così l’elezione di Mattarella: “Bravi, bravi tutti: i registi, gli attori principali, i comprimari. Un risultato, per la persona e per le dimensioni del consenso, che concorre a rimettere in sintonia Palazzo e cittadini, che mostra come la politica italiana possa ancora essere in grado, a certe condizioni, di dare una risposta convincente rispetto a tutte le variegate forme di antipolitica tuttora presenti e che sono incentivate dalle miserie e dall’indecenza di tanti, troppi comportamenti dei rappresentanti, a ogni livello. Nei manuali di diritto costituzionale la figura del Capo dello Stato in Italia è normalmente spiegata in termini di “presidente di garanzia”. Ecco, credo che a pochi altri come a Sergio Mattarella si attagli questa definizione. E non penso che a questa valutazione mi facciano velo la colleganza di materia e la consuetudine di amicizia, oltre che la sintonia ideale. Il neo-presidente della Repubblica è persona vera e grande. Provo a rintracciare, tra i tanti che a caldo mi vengono alla mente, alcuni ricordi che possono illustrare quanto vorrei comunicarvi. Il primo ricordo è di alcuni anni fa, quando Mattarella commemorò, a un mese dalla morte avvenuta nel 2008, il prof. Leopoldo Elia, cui era legato da forte amicizia politica e personale (sul ruolo di Elia come talent-scout all’interno del mondo cattolico-democratico ha giustamente insistito Alberto Bobbio in un articolo uscito, proprio qualche ora dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato, nell’edizione on-line di Famiglia Cristiana). Richiamando le sottolineature di Elia sui difetti della politica e dei partiti italiani (occupazione abusiva della pubblica amministrazione; esclusione dei “non addetti ai lavori” dalla politica; sostanziale “immunità”, cioè mancanza di un’effettiva responsabilità politica individuale), Mattarella così chiosò: “Sembra il ritratto odierno della politica del nostro Paese: basta pensare allo spoils system o alla sanità, alla legge elettorale con le liste bloccate, alla assenza di memoria per gli errori politici, di partito o di governo”. Come dire meglio? Il secondo ricordo è di un episodio più lontano nel tempo, anche se è stato più volte ripreso in questi ultimi giorni: nell’estate del 1990, cinque ministri dell’allora sinistra dc si dimisero dal Governo per protesta contro l’atteggiamento dell’esecutivo sulla cosiddetta legge Mammì in materia radio-televisiva. Mattarella fu tra questi essi e fu proprio lui a enunciare pubblicamente le ragioni: non è accettabile, disse, porre la questione di fiducia su una legge il cui contenuto contrasta con direttive comunitarie. In quel periodo ero consigliere giuridico di un altro ministro, che ugualmente si dimise, Mino Martinazzoli e ricordo di essere rimasto colpito certo dalla coerenza morale (dimissioni vere in un Paese di dimissioni spesso solo minacciate o finte), ma altresì dalla qualità per dir così “istituzionale” della motivazione: riuscire a tenere insieme il profilo politico ricollegandovi il profilo etico e quello istituzionale è una lezione che non ha perso interesse dopo 25 anni. Questo è Sergio Mattarella. Lo accomuna a Giorgio Napolitano la circostanza di aver rappresentato la parte migliore di due tradizioni politiche e culturali diverse, che hanno però concorso, insieme alla tradizione liberale, alla stesura della carta costituzionale e che ne costituiscono ancora l’ossatura ideale, senza la quale non c’è Costituzione che possa resistere nel tempo.