20 Febbraio 2022
05:53
Valenza e il contrasto tra “lo sfavillio dell’arte orafa e l’opacità del vivere quotidiano”
VALENZA – Una riflessione di Daniele Borioli, storico politico del Partito Democratico, ex senatore e cittadino valenzano, pone una questione tutt’altro che banale relativa alla città di Valenza. La vivacità produttiva, animata dai grandi marchi del gioiello, spiega, stanno facendo rifiatare una comunità travolta fino a poco tempo fa da una crisi spaventosa. Sebbene nessuno possa dire se nel tempo l’artigianalità orafa valenzana verrà tutelata e rimarrà in vita, potenzialmente minacciata dalla produzione in serie, Borioli oggi è preoccupato soprattutto per il silenzio della città rispetto a questo patrimonio artistico e produttivo.
“Non è sul versante produttivo che si addensano le ombre, – spiega Borioli – quanto su quello che riguarda in generale la qualità e la vivacità del vivere urbano“. Il problema posto dal politico valenzano è quello del “livello di corrispondenza tra il simbolo della “città produttiva”, il gioiello, e la realtà del vivere cittadino“, definito “veramente molto basso“. I problemi sollevati da Borioli sono quelli di “pressoché totale afasia che il centro urbano esprime quanto a capacità di essere anche emporio attrattivo di ciò che la città produce. Vedere nelle vie centrali delle grandi città a noi vicine, o in quelle delle città virtuali degli outlet village, addensarsi le vetrine dei gioielli prodotti a Valenza (senza che, peraltro, il nome della nostra città sia mai neppure evocato) a fronte delle molte vetrine chiuse e dei consistenti spazi urbani del nostro centro storico esclusi ormai da molti anni da ogni fruizione sociale e commerciale, mette tristezza e un po’ di rabbia“.
Valenza in sostanza produce qualità ma è muta agli occhi del grande pubblico. “Chi investe nella produzione quello, soprattutto, deve fare: produrre, creando in primo luogo lavoro. Ma se almeno una parte del valore estratto dal lavoro non ritorna in forma di investimento sulla comunità che ospita e rende possibile la produzione, nelle molte possibili forme dell’arricchimento culturale, del recupero della qualità e della bellezza urbana, del protagonismo attivo nella vita comunitaria, il rischio è che, alla lunga, il positivo meccanismo che ha nutrito l’identità dei Valenzani, legandola all’orgoglio di essere orafi e artigiani del bello, si muti nell’evidenziatore del contrasto tra lo sfavillio dei prodotti industriali e l’opacità del vivere quotidiano“. Il raffronto col passato, conclude Borioli, è evidente perché non troppo tempo fa “diversi tra gli animatori della gioielleria valenzana sono stati appassionati protagonisti di una ricca vita culturale e sociale, che spaziava dalle arti visive alla musica jazz, dal teatro più raffinato alle esperienze del teatro d’avanguardia, sino alle più significative espressioni della cultura popolare“. Nulla è perso conclude il politico valenzano perché forse “si può fare in modo che, seppure in forme e contenuti diversi, quello spirito venga almeno in parte recuperato. E penso che a questo, soprattutto, potrebbero dedicarsi le nuove generazioni, costruendo poco alla volta la città che loro vorrebbero, invece di accontentarsi della città che quelli della mia generazione hanno lasciato, nel bene e nel male“. Il dibattito è aperto e parlarne aiuta tutti.