Autore Redazione
lunedì
8 Febbraio 2016
23:56
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Politica - Alessandria

Anche le imprese artigiane del Piemonte vittime della concorrenza sleale

Anche le imprese artigiane del Piemonte vittime della concorrenza sleale

PIEMONTE – In Piemonte il 10,6% dei lavoratori è irregolare. Sono 84.442 (67,6%) le imprese artigiane piemontesi esposte alla concorrenza sleale del sommerso. I dati sono di Confartigianato Piemonte che ha denunciato la violenta concorrenza sleale causata dal sommerso, dall’abusivismo e dal lavoro irregolare. Nel triennio 2011-2013 il valore dell’economia sommersa e illegale è cresciuto del 2,4% mentre in Italia sono ben 6.897.000 le persone che hanno effettuato nell’ultimo anno acquisti di beni e servizi che contengono lavoro irregolare.

L’artigianato, poi, è particolarmente esposto alla concorrenza sleale del sommerso: a livello nazionale risultano esposte alla concorrenza sleale del sommerso il 65,8% delle imprese artigiane (898.902 imprese, cioè i due terzi del totale delle imprese artigiane). Il Piemonte con il 67,6% (pari a 84.442 imprese) supera la media nazionale e si posiziona al sesto posto della classifica regionale.

In particolare, se a livello nazionale l’incidenza dell’artigianato ad alta esposizione alla concorrenza sleale del sommerso sull’artigianato si attesta sul 24,2%, il Piemonte registra un 21,4% (pari a 26.697 imprese) prevalentemente concentrate nella città di Torino (14.440 aziende).

L’abusivismo è direttamente collegato alla crisi – ha commentato Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino. Il settore particolarmente a rischio risulta essere quello dei parrucchieri ed estetiste, spesso ex dipendenti licenziati che continuano ad esercitare a casa loro, idraulici ed elettricisti che arrotondano anche se non prestano più i loro servizi ufficialmente. Ci sono poi i dipendenti in mobilità oppure i cassintegrati. Questo esercito di abusivi, non solo fa concorrenza sleale alle imprese regolari ma determina una rilevante evasione fiscale e contributiva”.

Non dovremmo più tollerare le attività irregolari, come se fossero, in qualche modo, legittime anche se talvolta necessarie per la sopravvivenza di molte famiglie – ha continuato De Santis – perché il fenomeno è una grave minaccia soprattutto per gli artigiani e per le piccole imprese: noi piccoli siamo le prime vittime della concorrenza sleale di chi lavora senza rispettare le leggi.”

Si stima che la presenza di una fetta così ampia di lavoro irregolare determini un’evasione fiscale e contributiva pari a 11,78 miliardi di Iva, 2,8 di Irpef, 604 milioni di Irap e 4,54 miliardi di contributi sociali.

“Questo fenomeno – ha concluso De Santis – va combattuto in maniera strutturale, intervenendo su tutto ciò che ostacola la corretta attività delle imprese che lavorano regolarmente, ad esempio il carico tributario e contributivo troppo elevato, l’eccesso di burocrazia e i pessimi esempi da parte dei rappresentanti della politica e della burocrazia”.

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